Parole al Vento – Susana Chavez

Scritto da in data Marzo 17, 2023

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Sangue mio

d’alba

di luna lacerata,

del silenzio,

di pietra morta,

di donna in una stanza,

che si getta nel vuoto.

Aperto alla follia,

sangue chiaro e scolpito

fertile e seme.

Sangue indecifrabile fluisce,

Sangue liberazione di sé stesso,

Sangue amaro dei miei canti,

Mare dei miei abissi.

Sangue istante da cui nasco addolorata,

nutrita della mia estrema presenza.

Queste PAROLEALVENTO sono le parole di Susana Chávez. Ho voluto iniziare proprio dalle PAROLEALVENTO di Susana Chávez, perché è lei a lanciare un grido di dolore, di lotta e di resistenza, attraverso le Parole che diventeranno poi quelle stesse parole adoperate dai movimenti contro i femminicidi: «Non una di meno, non una morta in più». Perché ancora oggi è assolutamente necessario e irrinunciabile dare contezza di noi e del nostro volerci vive?

Del fatto che noi siamo il nostro sangue, un sangue che genera e ci genera ogni volta che confluisce nei nostri sogni, nei nostri desideri, nelle nostre utopie e nelle nostre battaglie. Talvolta vorremmo essere sangue e sorriso. Pausa di felicità tra una lotta e un’altra.  Tra una resa, che non è mai incondizionata, e un compromesso che ci possa permettere di vivere. 

Susana Chavez nasce in Messico il 5 novembre del 1974 a Ciudad Juarez, una città il cui nome evoca subito un brivido in tutti coloro che sanno cosa vuol dire questo angolo sulla Terra per ogni donna: significa che una donna nata o vissuta a Ciudad Juarez è molto probabilmente destinata a scomparire, a non essere più ritrovata o a essere ritrovata senza vita. Ciudad Juarez è una città di confine nello stato del Chihuahua, in Messico, dove le donne sono in gran numero vittime di molestie, violenze e femminicidi. Ed è qui che Susana Chavez nasce e scrive per tutta la vita. È qui che combatte attraverso le sue PAROLEALVENTO 

Sulle labbra cresce quest’edera

e la vecchia porta si chiude di colpo.

L’inverno si scopre

in un camminare lento

che porta con sé rumori che sfuggono nel tremito

di una mano che accarezza ritratti.

Brusca fine del viaggio,

che solo lascia completezza

in una sommessa nostalgia nascosta nella penombra.

Ormai nemmeno il vuoto si erge,

né la pietà si mostra allo specchio

ormai tutto fa dissolvere il respiro,

incluso l’eternità.

Fin da giovanissima scrive Susana, partecipando a vari festival letterari, pubblicando su alcune riviste e sul suo blog “primera tormenta”. Legge le sue poesie durante le manifestazioni di solidarietà per le donne scomparse e assassinate. Sono le parole della stessa Susana a introdurci nel suo mondo: «Ero molto piccola, avevo undici anni. Ovviamente crescendo ho trascinato con me la mia poesia, è cresciuta anche lei«. «Da grande, ho trovato grande ispirazione anche nel mondo femminile, nelle mille sfaccettature che esistono nell’approccio delle donne alla propria corporeità. Credo che questo senso di vergogna che ci viene instillato fin da bambine abbia generato una cappa di silenzio, ma è proprio nel silenzio che una voce fa più rumore». «Si deve partire dal proprio silenzio, dalla propria marginalità per ritagliarsi uno spazio di libertà, di autonomia». E alla domanda: «Secondo te la poesia ha il potere di cambiare il mondo?», Susana risponde: «A questo non so risponderti. Sono convinta che possa risvegliare le coscienze e, magari, aiutare a far alzare la voce. Questo è sempre stato il mio scopo, sia come attivista che come poetessa». Le parole di Susana sono una chiara denuncia della terribile situazione vissuta dalle donne messicane in quegli anni: «Dal 1993 in questa zona viene portato avanti un genocidio di genere senza fine. È difficile individuare i fattori che hanno contribuito a creare questa orrenda condizione in Messico, sicuramente c’è un problema culturale, c’è la criminalità organizzata e ci sono le maquiladoras… stabilimenti industriali controllati dagli Stati Uniti dove vengono assemblati prodotti che poi tornano al paese d’origine. I diritti umani nelle maquiladoras praticamente non esistono e ci lavorano moltissime ragazze per pochi dollari al giorno. Molte delle vittime di femminicidio, in Messico, sono operaie delle maquiladoras, che vengono rapite, violentate e uccise lungo il percorso che fanno tutti i giorni per andare e tornare dalle periferie e dalle zone rurali di questa regione».
«Finché il governo non si deciderà ad aprire gli occhi, a interrompere il suo silenzio complice, continueremo a essere decimate, e potrà solo andare peggio. Ora come ora provo una sensazione di vuoto, abbandono e impotenza, come molti altri suppongo. Immaginare un miglioramento per quanto mi riguarda è difficile, ma nutro ancora delle speranze perché sono una donna di fede».

Il corpo di Susana viene ritrovato cadavere il 6 gennaio del 2011, un giorno dopo la sua scomparsa: Susana è stata mutilata, giace seminuda sul ciglio della strada con la testa avvolta in una borsa nera,  Secondo la madre, Susana era uscita di casa per incontrarsi con alcune amiche, probabilmente viene uccisa durante il tragitto, a poca distanza da casa. Dopo il ritrovamento, il cadavere di Susana viene trattenuto dalle autorità per cinque giorni: gli investigatori affermano che l’omicidio di Susana è da ascriversi a un episodio di sola violenza privata, il suo attivismo politico quindi non c’entra nulla. Anzi: Susana era probabilmente ubriaca, secondo le indagini, ed è andata volontariamente all’incontro con quei ragazzi che l’hanno poi uccisa nel tentativo di violentarla. Tutto qui… Susana è una delle tante. Non la prima, né l’ultima. Perché a Ciudad Juarez si continua a morire di femminicidio.

Soffro,

muta e inerte,

osservando l’addio. 

Reprimo

questa necessità di continuare a provare

il sapore del caffè nella sua bocca,

rimango concretamente

con l’evento dell’assenza,

dal quale emerge l’incredulità

di mostrarci altri silenzi,

un’altra verità,

che distrugge i castelli in aria

che abbiamo tessuto senza di noi,

demolendo l’eternità

consumata dall’assenza.

Dafne Malvasi

Sono Dafne, una napoletana che non ama il caffè ma ha una venerazione per la mozzarella di bufala.
Leggo, ascolto, scrivo e racconto storie di donne: le loro parole e le loro vite come forma di (r)esistenza. Amo la poesia e i sud del mondo. E tutto ciò che non conosco e mi sorprende con una felicità inattesa.

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