Senegal: “saranno elezioni tranquille”, dicevano

Scritto da in data Febbraio 8, 2024

Anzi. “Saranno elezioni”, dicevano.

A quattro giorni dalla dichiarazione del presidente Macky Sall circa lo spostamento delle elezioni programmate per il 25 febbraio, quello che stiamo vedendo in Senegal racconta un paese che è ben lontano dall’essere un esempio di democrazia per l’Africa, come ce l’hanno sempre raccontato.

I canali istituzionali davano per acquisito che le elezioni presidenziali si sarebbero svolte in un clima tranquillo: il timore più grande del popolo senegalese, che è sceso in piazza a giugno e ad agosto per far sentire la propria voce, era che l’attuale presidente si ripresentasse alle elezioni per un terzo mandato, opzione non ammessa dalla Costituzione. Quando Sall, a luglio, ha dichiarato che non si sarebbe ripresentato, sembrava che le attività politiche in preparazione al 25 febbraio potessero scivolare nel modo più democratico, onesto e trasparente possibile.

Così non è stato. Domenica 4 febbraio, Sall ha dichiarato in diretta televisiva che le elezioni sarebbero state spostate a data da destinarsi, in modo da – secondo lui – garantire «elezioni libere, trasparenti e inclusive, in un Senegal pacifico e riconciliato». Questa dichiarazione arriva dopo l’annullamento delle candidature di Ousmane Sonko, del partito Pastef, e di Karim Wade, del PDS (Partito Democratico Senegalese); quest’ultimo aveva promesso di fare ricorso alla Corte di Giustizia della CEDAO e ha chiesto una commissione d’inchiesta parlamentare per verificare le correttezza delle modalità di esclusione dei candidati alle elezioni. Sonko e Pastef, invece, hanno scelto di candidare il co-fondatore del partito Bassirou Diomaye Faye con la coalizione Diomaye Presidente.

Senegal: il provvedimento anticostituzionale

Lunedì 5 febbraio sono stati convocati i deputati e le deputate senegalesi in Assemblea Nazionale per discutere della legge costituzionale 04/2024 sulla deroga delle disposizioni dell’articolo 31 della Costituzione del Senegal. Nello specifico, l’articolo 31 fissa il periodo durante il quale si tengono le elezioni e ha lo scopo di fare rispettare l’articolo 27 relativo alla durata e al numero di mandati del presidente – che è protetto dall’articolo 103 che istituisce una clausola di eternità esplicita: “la forma repubblicana dello Stato, la modalità di elezione, la durata e il numero di mandati consecutivi del Presidente della Repubblica non possono essere oggetto di revisione”. Sulla base di cosa i deputati sono stati chiamati per votare un provvedimento che di fatto tocca una legge della Costituzione ed è quindi di competenza del Consiglio Costituzionale, non dell’Assemblea Nazionale?

Durante l’assemblea, trasmessa in diretta, l’opposizione al governo ha manifestato il suo dissenso: la polizia è stata chiamata all’interno per far uscire i deputati e procedere al voto sul provvedimento di spostamento delle elezioni senza l’opposizione. Provvedimento che è stato approvato: le elezioni presidenziali in Senegal dovrebbero (il condizionale è d’obbligo) essere il prossimo 15 dicembre. Di conseguenza, Macky Sall resta presidente fino a quel giorno.

https://www.youtube.com/live/2QA-qW6eFjo?feature=shared

 

Provvedimento: chi ha votato

Chi ha votato a favore di questo provvedimento? La coalizione Benno Bokk Yakaar che sostiene il presidente Macky Sall e il PDS di Karim Wade, esiliato in Qatar per otto anni dopo essere stato condannato a sei anni di carcere e alla restituzione allo stato senegalese di 138 miliardi di franchi CFA per arricchimento illecito quando era ministro. C’è una certa vicinanza tra i due: Sall, prima di fondare il partito APR – Alleanza per la repubblica, con il quale ha vinto le elezioni nel 2012, era all’interno del PDS ed è stato anche direttore della campagna elettorale di Abdoualye Wade, padre di Karim. È possibile che Sall avesse puntato su Wade come suo alleato “nascosto” alle elezioni, ma che l’annullamento della sua candidatura abbia cambiato i piani? Un’alleanza tra i due avrebbe portato parecchi voti all’area “anti-Sonko” rendendo probabilmente inevitabile il ballottaggio contro Bassirou Diomaye Faye.

Resta tutto sospeso fino a venerdì 9 febbraio: sarà il Consiglio Costituzionale a validare o meno il voto sul provvedimento di lunedì 5 febbraio dell’Assemblea Nazionale.

Ma perché Macky Sall ha fatto questa mossa e ha chiamato una crisi istituzionale che, di fatto, non c’era? «Con tutte queste manovre, il presidente sta dicendo una cosa sola: che non vuole andare via», afferma a Radio Bullets Khadim Wade, vice-coordinatore nazionale per il gruppo JPS_Italie – Jeunesse Patriotique du Sénégal. «Il candidato di Sall, Amadou Ba, non avrà la maggioranza dei voti. Karim Wade, uguale. Loro sanno che avrebbe vinto Pastef e che ci sarebbe stato un bel cambiamento per il Senegal e per l’Africa, e Macky Sall, che è vicino alla Francia, non può permettere questo».

«È la seconda volta nella storia del Senegal che le forze dell’ordine entrano nella Camera dei deputati» dichiara Oury Diallo, deputato senegalese di base in Friuli Venezia Giulia, raggiunto da Radio Bullets. «È un colpo di stato costituzionale. Questo è un duro colpo per il Senegal, per lo stato di diritto, ma il popolo sovrano deve prendere le sue responsabilità e dire di no: chiamiamo tutti i partiti dell’opposizione, tutte le sigle sindacali, tutti i collettivi che vogliono la democrazia di lottare e fermare il presidente Macky Sall». Sabato 10 febbraio è prevista una grande manifestazione a Milano organizzata dalla diaspora senegalese contro la decisione del rinvio delle elezioni.

Le reazioni in Senegal

Nel giro di tre giorni in Senegal si sono accese manifestazioni che hanno portato a scontri tra la polizia e i civili a Dakar e in altre città; Anta Babacar, candidata alle elezioni presidenziali è stata arrestata e poi rilasciata; Aminata Tourè, già prima ministra del Senegal e candidata alle elezioni, è stata arrestata e poi rilasciata. Al canale televisivo Walfadjiri è stata revocata la licenza per trasmettere, e la rete Internet per i dispositivi mobili è stata sospesa per ventidue ore tra lunedì e martedì. I deputati Abass Fall, Guy Marius Sagna, Cheikh Aliou Beye e l’ex capitano della gendarmeria Seydina Oumar Tourè sono stati arrestati martedì sera e rilasciati tra martedì notte e mercoledì mattina.

I comunicati che interpellano la classe politica e chiedono elezioni democratiche, libere e trasparenti non si contano: dagli autisti agli studenti, dagli industriali alle sigle sindacali, dalle associazioni religiose ai canali informativi. Tutti chiedono la stessa cosa: che il Senegal dimostri di essere lo stato democratico che è sempre stato.

Le reazioni nel mondo

Matthew Miller, portavoce del Dipartimento degli Stati Uniti, ha pubblicato ieri il seguente comunicato: “Gli Stati Uniti sono profondamente preoccupati per le misure adottate per ritardare le elezioni presidenziali del 25 febbraio in Senegal, che vanno contro la forte tradizione democratica del Senegal. Siamo particolarmente allarmati dalle notizie secondo cui le forze di sicurezza hanno espulso con la forza i parlamentari che si opponevano a un disegno di legge volto a ritardare le elezioni, il che ha portato a un voto all’Assemblea Nazionale che non può essere considerato legittimo date le condizioni in cui si è svolto. Gli Stati Uniti esortano il governo del Senegal a tenere le sue elezioni presidenziali in conformità con la Costituzione e le leggi elettorali. Chiediamo inoltre al governo senegalese di ripristinare immediatamente il pieno accesso a Internet e di garantire che le libertà di riunione pacifica e di espressione, anche per i membri della stampa, siano pienamente rispettate. Gli Stati Uniti rimarranno impegnati con tutte le parti e i partner regionali nei prossimi giorni”.

La Comunità economica degli Stati Dell’Africa occidentale (CEDAO) ha pubblicato ieri un comunicato in cui “incoraggia la classe politica a prendere urgentemente tutte le misure necessarie per ristabilire un calendario elettorale in accordo con le disposizioni della Costituzione senegalese”.

Il Centre Allemand d’Information en Afrique con un post su Facebook ricorda che “è una responsabilità del governo di garantire elezioni trasparenti e inclusive nel rispetto delle norme dello stato di diritto”.

 

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