Un mattoncino di nanoparticelle

Scritto da in data Febbraio 23, 2022

Tecnologie piccole piccole ma in grado di fare cose davvero grandi, come salvare una vita attivando una barriera naturale del corpo. Stiamo parlando di nanoparticelle.

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Orazio parlava di aurea mediocritas – ovvero della giusta via di mezzo – e chissà se avrebbe mai immaginato che potesse essere calzante anche in un futuro tanto lontano, fino ad arrivare alle nostre tecnologie dalle dimensioni nanometriche. Invece è proprio così. Ed è quanto hanno scoperto gli ingegneri chimici del MIT, il Massachusetts Institute of Technology.

In un recente studio, pubblicato sulla rivista ACS Nano, i ricercatori statunitensi hanno testato le differenti dimensioni di alcune nanoparticelle create per interagire con le piastrine del sangue, e hanno fatto una scoperta interessante.

Emorragie interne: un metodo per fermarle subito

Siamo nel campo della nanotecnologia applicata alla medicina. In particolare, alle soluzioni che devono essere adottate in emergenza, quando si verificano traumi gravi.
Tre le conseguenze più gravi di tali eventi vi sono le emorragie interne.
Il versamento di sangue all’interno delle cavità del corpo, tra i suoi tessuti, è molto pericoloso e può causare enormi problemi, se non portare persino alla morte.
Le emorragie interne sono insidiose proprio perché non visibili; è possibile che non ci si accorga della loro presenza o della loro gravità. Saperle riconoscere e trattare può fare la differenza tra sopravvivere o meno.
Le cause possono essere legate a diversi fattori, come incidenti, conseguenze di interventi chirurgici o ancora, avvenire a seguito del parto.
Una causa, quest’ultima, molto più frequente di quanto non si immagini. Secondo i dati dell’OMS – Organizzazione Mondiale della Sanità – nel 2015 sono morte nel mondo oltre 300.000 donne per cause collegate alla gravidanza o al parto. E balzano al primo posto tra le cause più frequenti di queste morti proprio le gravi emorragie.

Nanoparticelle emostatiche che si attivano sulla ferita

Intervenire immediatamente, dunque, è fondamentale. La ricerca lavora da tempo a soluzioni formate da nanoparticelle che possono essere iniettate nel corpo e che, andando a depositarsi nel punto di lesione dell’arteria o della vena, sono in grado di attivare una risposta immediata delle piastrine. Queste agiscono sulla coagulazione del sangue, fermando oppure rallentando l’emorragia. Grazie a questa capacità di intervenire nel fermare l’emorragia sono definite nanoparticelle emostatiche.

La struttura delle nanoparticelle emostatiche:

  • un polimero biocompatibile
  • una proteina o un peptide per attivare le piastrine

L’intervento delle nanoparticelle emostatiche non è però definitivo, contribuiscono piuttosto a creare una sorta di barriera provvisoria. Sono importanti, quindi, per rallentare la perdita di sangue e consentire al paziente di essere soccorso e ricevere ulteriori cure. Una soluzione, dunque, temporanea ma tempestiva. Un primo intervento d’emergenza che però può evitare conseguenze nefaste.

Nelle dimensioni serve la “giusta via di mezzo”

Le particelle sinora utilizzate nelle ricerche sono ancora nella fase sperimentale e non sono mai state testate sull’essere umano. Al MIT però hanno preso in considerazione la capacità di agire in base alla loro grandezza. Hanno testato nanoparticelle di dimensioni differenti:

  • grandi – tra i 500 e i 650 nanometri
  • medie – tra i 140 e i 220 nanometri
  • piccole – sotto i 100 nanometri

Verificando il comportamento di ogni categoria hanno scoperto, per esempio, che le particelle di dimensioni maggiori, pur essendo più efficaci nella loro funzione emostatica, in realtà hanno il difetto di accumularsi nei polmoni. Mentre hanno dimostrato che la dimensione ideale per queste nanoparticelle è quella intermedia. Ovvero la “giusta via di mezzo” di oraziana memoria.
Proprio le particelle tra i 140 e i 220 nanometri, dunque, sembrano essere capaci di attivare il maggior numero di piastrine fermando l’emorragia e, sopratutto, di agire esattamente dove servono.

Una scoperta importante che contribuirà alla definizione di nanosistemi iniettabili più efficaci e sicuri, capaci di accumularsi nei pressi delle ferite che devono contribuire a curare senza andare ad appesantire la funzionalità di organi come fegato, milza o polmoni.
Il prossimo passo sarà proseguire i test e renderle sempre più sicure, per poter arrivare presto a testarle anche sugli esseri umani e farle diventare una nuova arma di cura in emergenza.

Musica: “La Cura” – Franco Battiato
Foto in copertina: PIRO4D – Pixabay

 

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