Animazione e pandemia

Scritto da in data Ottobre 27, 2020

Benvenuti a un nuovo appuntamento con la rubrica “TEREVISIONE” dedicata alle serie televisive, la voce che sentite su Radio Bullets è quella di Teresa Soldani.
Nei primi podcast vi abbiamo raccontato quali conseguenze la pandemia abbia avuto sia sugli spettatori delle serie televisive che su coloro che lavorano in questo campo, effetti che hanno segnato e continueranno probabilmente a segnare a lungo questo business.
Quest’oggi, invece, vi parleremo di un settore che sembra aver preso carica vitale da questa crisi e ha continuato a fiorire, nonostante le difficili circostanze: il mondo dell’animazione.

Invece di leggere, ascolta il podcast per un esperienza più coinvolgente

Animazione e pandemia

Le serie TV si dividono in “live action”, gli show in cui recitano attori in carne e ossa, e animazione, in cui eserciti di artisti, usando le tecniche più moderne o le più classiche − in cui ancora si disegna tutto a mano, come nel caso dei famosi Simpson − creano dal nulla nuove storie di ogni genere e per ogni pubblico e palato.

Non è a caso che citiamo i Simpsons perché ci piacerebbe, in futuro, dedicare un episodio di Terevisione proprio a questo show, di cui abbiamo avuto la fortuna di visitare gli Studios a Los Angeles e vorremmo svelarvi qualche segreto.

Tornando però al tema principale di oggi, “animazione e pandemia”, come accennavamo, questo settore ha reagito in modo molto diverso alla crisi.
La ragione più evidente è che, a differenza delle produzioni di uno show “live action”, con tutti i protocolli e gli sforzi per minimizzare i rischi di contagio tra cast e troupe, obbligati a lavorare a stretto contatto, l’animazione può essere realizzata da casa, soluzione che molti Studios hanno prontamente adottato, proprio per evitare ai propri artisti di recarsi al lavoro e rischiare di ammalarsi negli immensi open-space in cui normalmente operano.
«Tutto quello che facciamo, può essere fatto da casa, per questo stiamo continuando a produrre le nostre serie senza problemi, il che è quasi un miracolo», ha dichiarato sulla soglia dell’estate, Marci Proietto, vice presidentessa dell’animazione della 20th Century Fox Television, ora di proprietà della Disney.

Quello dell’animazione, fiorente business a Hollywood già da prima della pandemia, si è così visto piovere addosso un aumento del 25% degli ordini, che ha portato, di conseguenza, ad assumere nuovo personale, in un momento in cui invece centinaia di persone si sono viste licenziare a causa della pandemia.
La maggiore richiesta, peraltro, non è dipesa solo dall’innegabile realtà che produrre gli show di animazione sia più sicuro, viste le circostanze, ma anche dal fatto che – con le scuole chiuse e migliaia di bambini costretti a casa − i principali fruitori di questo genere non aspettano altro che vedere uno show di animazione che possa intrattenerli.

Non per nulla, Studios come gli Universal hanno rilasciato online produzioni come Trolls World Tour, targata DreamWorks Animation, originariamente destinata al grande schermo, e che si sono rivelati invece una fonte di inaspettato guadagno, con vendite che hanno raggiunto i 200 milioni di dollari in poche settimane.

Smart working e animazione

Intervistato da Variety, il regista Jorge Gutiérrez – più volte vincitore del premio Emmy per la serie El Tigre − ha dichiarato che la pandemia è stata la prova del fuoco per l’industria che, quasi inconsapevolmente, si stava preparando da anni a una simile eventualità.

«Quello dell’animazione» – ha spiegato Gutiérrez – «è un lavoro che si fa da anni da remoto, siamo abituati a collaborare con Studios e artisti provenienti da tutto il mondo, ciò che è successo con la pandemia non ha quindi cambiato il nostro modo di lavorare, ci siamo solo limitati a farlo da casa».

Il fatto che l’animazione fosse idealmente pronta alla transizione “lavoro ufficio/lavoro da casa”, non significa che questa sia avvenuta senza problemi.
Sempre la Proietto – che supervisiona più di 10 show di animazione, tra cui “I Simpson”, “I Griffin”, “Bob’s Burgers”, “Central Park” per Apple TV Plus e “Solar Opposites” per Hulu − ha raccontato come il tutto sia avvenuto in maniera decisamente concitata, con I Simpson – noti per essere dei precursori dei tempi – che sono di nuovo stati tra i primi a trasferire i propri artisti dagli uffici di Burbank alle loro case, in sole 2 settimane, in cui le delicate e costose postazioni di lavoro degli animatori sono state letteralmente trasferite da un luogo all’altro. Il tutto senza dover posticipare la data della messa in onda prevista per lo show.

L’animazione, tuttavia, non è solo fatta dagli artisti del disegno, ma anche dai “voice actor”, un termine che non trova una vera e propria traduzione nella nostra lingua. Chiamarli infatti “doppiatori” sarebbe riduttivo e nemmeno particolarmente corretto, perché questi attori non ne doppiano altri ma creano una vera e propria identità dei personaggi a cui prestano la voce attraverso la loro arte.
A differenza di quella degli animatori, la vita dei voice actor, con la pandemia, si è complicata a causa della chiusura degli studi di registrazione, motivo per cui molti artisti hanno dovuto trovare delle soluzioni creative per continuare a fare il proprio lavoro.
Los Angeles ha così finito per vedere un aumento del numero dei sound studio di fortuna, alcuni creati addirittura nei garage delle proprie case e magari affittati anche a caro prezzo, in un momento in cui la domanda di questi spazi è schizzata alle stelle e con gli Studios che hanno cercato di contribuire mandando a casa degli attori l’apparecchiatura necessaria per continuare a fare il loro lavoro.
Altri, semplicemente, hanno cercato di risolvere il problema con ciò che avevano a disposizione. Non mancano infatti divertenti testimonianze di voice actor, chiusi nei ripostigli delle loro case, mentre registrano la propria voce sotto una coperta, nel tentativo di tenere fuori le grida dei figli costretti a casa delle scuole chiuse.

Questo “new normal” per i voice actor, si sta anche trasformando per alcuni in un grattacapo. Nel caso di Trolls World Tour, per esempio, Justin Timberlake e Anna Kendrick – che hanno prestato la voce a due dei protagonisti del film − hanno chiesto maggiore chiarezza alla Universal sui profitti a loro destinati.
Gli utili dei voice actor di un film sono infatti proporzionali ai guadagni del box office, dati che solitamente sono rilasciati da terze parti indipendenti, mentre per quanto riguarda le vendite e i noleggi online a conoscere e rilasciare le cifre sono solo gli Studios, circostanza che potrebbe creare qualche evidente conflitto di interessi.

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I tempi della produzione delle serie animate

Sebbene l’animazione stia vivendo un periodo innegabilmente dorato, è essenziale specificare che i tempi della produzione di una serie animata sono molto, ma molto più lunghi di quelli delle serie live action, in una misura di sei mesi, a 3/4 settimane di lavoro per avere un prodotto finito.
Il che significa che gli effetti della pandemia su questo genere non si sono esattamente tradotti in un aumento del numero degli ordini di nuove serie o film animati, perché questo è comunque un processo che richiede anni.

Peter Gal, responsabile dell’ufficio creativo della DreamWorks Animation, ha spiegato a Variety che dal pitch di uno show (cioè dalla presentazione della serie a un network) alla sua messa in onda, trascorrono ben 2 anni. Il che vuol dire che se qualcuno ordina una serie animata oggi, quest’ultima non potrà andare a colmare un vuoto di programmazione che va a crearsi da lì a pochi mesi.
Show già esistenti, e quindi macchine in piena funzione, possono invece trovarsi con un ordine maggiore di episodi o la richiesta della produzione di qualche speciale, da cui le nuove assunzioni fatte da alcuni Studios a cui abbiamo già fatto cenno.

Che cosa riservi il futuro dell’animazione è un altro quesito a cui i responsabili di questo settore dovranno prima o poi dare una risposta. Una volta passata la pandemia, si tornerà a come le cose erano prima o gli artisti continueranno a lavorare da remoto?
Se da una parte i lavoratori sentono la mancanza di condividere uno spazio comune e creativo con i propri colleghi, dall’altra gli Studios stanno già preparandosi al domani. Mentre Netflix ha recentemente preso in affitto un gigantesco palazzo a Burbank, che ospiterà gli Studios per l’animazione, altri sembrano per ora intenzionati a mantenere lo “status quo” per diverse ragioni.
Oltre a un evidente risparmio nei costi per gli affitti o gli acquisti di spazi che accolgano tutti gli artisti necessari a lavorare a un progetto di animazione, lasciare che il proprio personale resti a casa – dovunque essa sia − permetterebbe anche di decongestionare alcune città come Los Angeles e Burbank, che da anni stanno vivendo una grave crisi degli affitti, che ha costretto persone con un regolare stipendio a scegliere di vivere nelle proprie automobili per i costi proibitivi degli immobili.
Per contro, il lavoro da casa sta già portando a discutere in alcuni ambienti, dell’opportunità di aumentare i salari, a causa della crescita delle spese personali.
Molti dei lavoratori del settore sono pronti a scommettere che questa diventerà una soluzione permanente, che darà anche agli Studios l’opportunità di collaborare con un parterre molto più ampio di artisti, proveniente da tutto il mondo e che non avranno più bisogno di trasferirsi negli Stati Uniti per lavorare. Ma fino a che gli Studios non prenderanno una decisione, in un senso o nell’altro, è difficile prevedere quanto la vita di questo settore cambierà.
Quel che è certo, è che la trasformazione è in atto e da appassionati spettatori, sarà interessante seguirne l’evoluzione.

Anche questo episodio di Terevisione è giunto al termine e come sempre, se avete suggerimenti, domande o curiosità sul mondo della serialità, vi invitiamo a contattarci sui social: noi promettiamo che faremo di tutto per rispondervi, magari proprio in forma di podcast.

 

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