Krusciovke, le case simbolo

Scritto da in data Novembre 26, 2019

In un film sovietico del ’75, “L’ironia del destino, o ti sia lieve il vapore!”, quello che accompagna ancora ogni Capodanno di tante famiglie nei paesi post-sovietici, un gruppo di amici a Mosca il 31 dicembre si ritrovano in una sauna. Si sbronzano e uno di loro viene messo per sbaglio sull’aereo per San Pietroburgo (allora Leningrado), una volta arrivato alla destinazione, si ritrova nell’appartamento sbagliato, ma uguale al suo. Uguale è la via, l’edificio, i mobili e persino la chiave, visto che l’architettura sovietica era uniforme. 
Oggi su Radio Bullets una breve storia delle krusciovke, le case simbolo dell’architettura sovietica e del socialismo reale, in cui hanno vissuto molte generazioni di cittadini sovietici prima, e post sovietici poi. A cura di Julia Kalashnyk da Kiev per Radio Bullets.
FOTO: MINFIN.COM.UA

Crisi edilizia

Dopo la Seconda guerra mondiale, l’Urss ha dovuto fronteggiare una grossa crisi edilizia: durante il conflitto bellico sono state distrutte circa un terzo delle abitazioni dell’intero Paese. 

La situazione era in stallo, milioni di famiglie sovietiche vivevano nelle baracche o nelle kommunalki: tipiche abitazioni condivise, nelle quali più nuclei famigliari condividevano la cucina, il bagno e il corridoio.

Persone di ceti sociali diversi coabitavano assieme, proprio perché il sistema sovietico non ammetteva le distinzioni di classe. Tuttora le kommunalki sono ancora abitate da tante famiglie nei Paesi ex-sovietici. 

Dalla fine degli anni ’30 fino alla metà degli anni ’50 si costruivano anche le cosiddette stalinki o palazzi staliniani, perlopiù in stile neoclassico. Erano le abitazioni destinate all’élite sovietica, e quindi non potevano risolvere il problema dell’edilizia abitativa che riguardava le masse. 

Dopo la morte di Stalin le redini del Paese passarono nelle mani di Nikita Krusciov. Dalla seconda metà degli anni ’50 il leader sovietico cominciò ad orientarsi sull’edilizia industriale di massa. Nel 1954 chiese agli architetti di trovare una soluzione per risolvere i problemi abitativi del dopoguerra. 

Il 4 novembre del 1955 entrò in vigore il famoso decreto di Krusciov sugli eccessi architettonici e di costruzione, che completò l’era del neoclassicismo staliniano – dalle stalinki cominciarono a sparire del tutto gli elementi decorativi. 

L’atteggiamento nei confronti dell’architettura e della sua funzione sociale divenne razionale. All’epoca c’erano i compiti più urgenti da risolvere, anche al costo di ridurre la dimensione estetica dell’architettura.

La forma architettonica e il design si piegarono all’esigenze del tempo, gli architetti sovietici non cercavano più le forme nuove, bensì si limitavano a ridurre gli eccessi e i decori. Questo si è ampiamente riflesso nell’architettura degli anni ’50. Le nuove abitazioni non sarebbero diventate un’opera architettonica, bensì un prodotto industriale.

E così dal 1954 nell’Urss comincia l’epoca dell’edilizia a grandi panelli prefabbricati. 

Le Corbusier

Costruire spazi urbani con case prefabbricate non è affatto un know-how sovietico. Dopo la Prima guerra mondiale  era sorta l’esigenza di costruire gli alloggi rapidamente. In Europa negli anni venti iniziarono a costruire le prime abitazioni prefabbricate, senza decoro. 

E solo l’architetto svizzero-francese Le Corbusier, il pioniere del funzionalismo architettonico, trovò un reale scopo pratico nell’edilizia standardizzata. All’Esposizione Internazionale di Parigi del 1925, Corbusier presentò la sua famosa “l’unità d’abitazione”, l’appartamento tipizzato a due livelli, molto angusto. 

Qualche decennio dopo quell’appartamento divenne il prototipo delle future case popolari di Nikita Kruscev. 

All’epoca non c’era nessuna cortina di ferro e le informazioni sulle nuove tendenze in architettura raggiungevano abbastanza rapidamente l’URSS. Pertanto, la maggior parte degli architetti costruttivisti sovietici diventarono ardenti fan di Le Corbusier. 

Era sorprendentemente vicino a loro nei suoi punti di vista e non conosceva eguali come divulgatore delle teorie dell’architettura moderna. Non è poi cosi sorprendente che gli urbanisti sovietici degli anni ’50 facessero affidamento proprio sull’esperienza francese.

K–7

Una delle aree dove sono apparse le prime case popolari da panelli prefabbricati fu il quartiere Cheryomushki a Mosca, diventando subito una metafora e modello da imitare. Poi seguirà una costruzione di massa revisionata e più semplice. Si chiamava K-7 e venne progettata dall’ingegnere sovietico Vitaly Lagutenko, il nonno di un cantante russo rock famoso, Ilya Lagutenko.

Cheremushki

Foto: quartiere con krusciovke a Mosca, 1 febbraio 1964 (foto TASS). 

Il modello K-7 era una svolta nella costruzione di abitazioni di massa: si assemblava con poche decine di pezzi realizzati in fabbrica a un ritmo incredibilmente veloce.

L’efficacia della costruzione di case a pannelli di grandi dimensioni avrebbe potuto essere assicurata solo grazie ad una standardizzazione di produzione, riducendo a un numero ragionevolmente limitato i tipi di elementi costruttivi prefabbricati. 

Più tardi queste case saranno chiamate krusciovke. Quelle della prima generazione per la maggior parte erano a grandi panelli o blocchi prefabbricati, oppure in mattoni. Un parallelepipedo in cemento di 5 piani senza ascensore, con piccoli appartamenti che avevano i muri in gesso sottili e i soffitti bassi – 2,70 metri. Le cucine erano molto piccole – solo 5,5 metri quadri – e per entrarci si doveva passare per forza da una delle stanze; la doccia e i servizi igienici erano in condivisione. Di norma a un membro di nucleo famigliare spettavano 9 metri quadri. 

Le costruzioni inscatolate in calcestruzzo d’argilla espansa si assembravano a una velocità impersonante: un piano in una settimana. La brigata d’avanguardia di Nikolaj Zlobin, un costruttore sovietico, in settimana riusciva ad assemblare una casa intera. Le nuove abitazioni erano combinate in micro-distretti; l’idea di costruire case singole alla maniera dei paesi occidentali non convinceva Krusciov per ragioni ideologiche. 

Gli assetti residenziali di krusciovke sono spuntati in tutti centri industriali del Paese, in alcune città erano chiamati Cheryomushki, come il primo quartiere principale di krusciovke a Mosca. 

Erano le case popolari con la qualità più bassa al mondo. 

Gli sforzi produssero risultati immediati: se nel 1953 a Mosca, per esempio, vennero costruite case su una superficie totale di 812 metri quadri di spazio abitativo, già nel 1956 erano state costruite 1 milione 374 mila metri quadri, nel 1957 – 1 milione 896 mila; nel 1961 – 3 milioni 832 mila. 

Krusciovke, un progetto eterno

Tutte le speranze sono state riposte in case prefabbricate, molto più economiche e veloci nella costruzione. Le krusciovke dovevano durare solo 25 anni, il tempo di costruire il comunismo, ma sono tuttora in piedi, sparse sul territorio di tanti Paesi ex-sovietici, fatiscenti e sul punto di crollare. In alcuni Paesi sono stati rimodernati, in Russia invece la scelta è quella di completa demolizione, con la successiva ricostruzione di abitazioni nuove. 

A Kyiv, nella capitale Ucraina, gli edifici degli anni 50-60 occupano centinaia di ettari, 30% di loro si trovano in cattive condizioni non addate alla vita. 

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