Bella Ciao a Musul diventa la canzone della resistenza irachena

Scritto da in data Novembre 18, 2019

“Bella Ciao” forse non è nemmeno una canzone della resistenza, come qualcuno dice, ma un motivo diventato famoso dopo. Però nei cortei continua ad essere cantato, non solo in Italia. Un po’ come lo slogan “Siamo tutti antifascisti” che risuona in Germania come in Francia, in Polonia come in Austria. Ma “Bella Ciao ha avuto un trionfo particolare negli ultimi anni, veicolata da una serie di successo come “La casa de papel”, la casa di carta. Quel breve spezzone in cui due uomini si guardano in faccia e il canto parte piano come preghiera, e poi esplode, ha rappresentato per molti e molte un grido di liberazione (come nella sua origine) e di battaglia. Bella ciao l’abbiamo sentita cantare dalle ricercatrici argentine, dalle infermiere francesi, dalle nonne austriache. Ognuno di loro aveva un motivo per lottare. Così come oggi lo hanno i ragazzi iracheni, a cui è stata dedicata una nuova versione, dal titolo “Blaya Chara” , “nessuna via d’uscita”.

Resistenza creativa

Che il tributo sia non alla resistenza italiana ma alla serie Netflix è evidente dalla scenografia e dai costumi: le maschere sul viso, gli abiti, il tono generale della clip. Intervistati da Agence France Press, regista e attori spiegano i motivi del loro video. “La canzone è un messaggio artistico di solidarietà da parte di Mosul ai manifestanti per dire: i nostri cuori sono con voi”, dice il regista Abdulrahman al-Rubaye. al Rubaye ha 25 anni e quasi coetanei sono gli attori e gli amici – 14 in tutto, tra loro una donna, Jihan Mazour  – che si sono prestati alle riprese. A Raad al Jammas, il giornalista di Afp che ha raccontato la loro storia, dicono che il loro era un modo per essere solidali senza esporsi a critiche o ad accuse di terrorismo. C’è infatti una parte dell’Iraq, in particolare Baghdad ma anche regioni del sud, dove dal primo ottobre sono iniziate le proteste (e radio Bullets le ha raccontate quasi quotidianamente nel suo notiziario). Ma c’è un’altra parte, come Mosul, che è uscita a fatica dalla morsa dell’autoproclamato Esercito dello Stato Islamico. “Qualsiasi protesta di strada verrebbe vista come una sorta di appoggio all’Isis, il che potrebbe portare a un’accusa  di terrorismo punibile con la morte”, scrive Raad al Jammas. L’altra possibilità, aggiunge, è che vengano “dipinti come fan di Saddam Hussein”.

Resta per loro la possibilità dell’arte, della creatività, dell’ironia. Per adesso ci hanno provato con questo video, poi forse ce ne saranno altri.

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