L’annessione della Palestina

Scritto da in data Luglio 3, 2020

A Gerico nella Valle del Giordano, la verdura e la frutta è talmente intensa e succosa da sembrare finta. Il clima è caldo e accogliente anche d’inverno, quando magari a Gerusalemme nevica. È l’essere sotto il livello del mare, in una delle zone più basse del mondo con i suoi colori pastello rarefatti.
La gente sa di vivere in un posto speciale, circondato da rovine che raccontano le storie della Bibbia e da un mare dove non si può nuotare ma che produce le migliori creme per la pelle che si trovino al mondo. Anche il sapore dell’acqua è più buono.

Israele aveva annunciato che l’annessione di parti della Palestina sarebbe cominciata il primo luglio nonostante gli avvertimenti delle Nazioni Unite e dei paesi confinanti. Il premier Netanyahu, forte della benedizione americana – ma che tende al rallentamento – e di quella dei coloni, non vede l’ora di procedere, ma le ripercussioni potrebbero essere epocali se non storiche. E di sicuro pericolose per il fragile equilibrio del Medio Oriente che non ha bisogno di un altro fattore destabilizzante.

Non è chiaro cosa il governo, appena formatosi, del premier Netanyahu voglia: hanno detto che si annetteranno il 30 per cento della Cisgiordania, il che include interi blocchi di insediamenti illegali (per la legge internazionale), la preziosa Valle del Giordano e il nord del Mar Morto. Nessuno pensa che l’annessione avverrà tutta insieme, ma a sentire gli americani accadrà pezzetto per pezzetto.  Sono previste diverse fasi, nel tentativo di placare i vicini giordani soprattutto dopo che il Re Abdullah II ha parlato del rischio di un conflitto regionale e subito dopo ha smesso di rispondere alle chiamate di Netanyahu.

Gli scenari

Qualunque cosa accada, per i palestinesi non andrà bene. Per prima cosa Israele potrebbe decidere di annettersi tutte le aree C (dagli accordi di Oslo la Cisgiordania è divisa in aree A, sotto il controllo amministrativo e della sicurezza palestinese; aree B sotto il controllo dell’amministrazione palestinese ma della sicurezza israeliana; aree C sotto il controllo dell’amministrazione e sicurezza israeliana). L’area C, include gli insediamenti dove risiedono 400 mila coloni israeliani e la Valle del Giordano.

Una seconda possibilità vede solo la Valle del Giordano rivendicata da Israele. Ricca di risorse e strategicamente importante, nella regione vivono 56 mila palestinesi e 11 mila coloni israeliani.

Nel terzo scenario, Israele si annette i principali insediamenti: Maale Adumin, Ariel e Gush Etzion, che insieme hanno una popolazione di 85 mila israeliani. Maale Adumin si impone tra Gerusalemme Est e la Cisgiordania e sovrasta la città palestinese di Betlemme, creando un’enclave israeliana nel cuore di un qualsiasi futuro Stato palestinese. Questa opzione è quella più probabile.

Secondo l’accordo di coalizione firmato da Netanyahu e dal suo rivale Benny Gantz, ora diventato ministro della Difesa, l’annessione può avvenire, da due giorni fa in poi, attraverso un processo legislativo, con una bozza che deve passare attraverso alcune commissioni, letture, per poi finire alla Knesset, il parlamento. Durante questi passaggi, la bozza potrebbe subire qualche cambiamento.

L’annessione non è legale. Dichiarare la sovranità su un territorio occupato è illegale secondo la legge internazionale. Il governo israeliano usa il termine “applicazione della sovranità”, sebbene legalmente faccia poca differenza. In ogni caso, il fatto che qualcosa fosse illegale non ha mai fermato Israele. Dalla guerra del 1967, Israele si è annessa Gerusalemme Est e le alture del Golan, azioni mai riconosciute dalla comunità internazionale. Di fatto, l’annessione israeliana non cambierà lo stato del territorio che è già militarmente occupato.

E i palestinesi?

Dal canto loro i palestinesi in Cisgiordania non riceveranno alcuna offerta di cittadinanza o residenza permanente. Netanyahu durante un’intervista al giornale progoverno Ysrael Hayom ha detto che i palestinesi vivranno in comunità isolate gestite dall’Autorità Palestinese, circondati da un territorio considerato israeliano. Riguardo la Valle del Giordano, la città di Gerico rimane sotto la gestione dei palestinesi e altri villaggi sotto la sicurezza israeliana.

Gli israeliani?

L’annessione è stato uno dei pilastri della campagna elettorale di Netanyahu nello scorso marzo. Gli ha permesso di ottenere la maggior parte dei seggi in parlamento, ma quando ha perso la maggioranza, si è aperto a un accordo con il rivale Gantz. Ma anche tra gli israeliani che sostengono l’annessione ci sono significative differenze. L’idea di uno Stato palestinese per i leader dei coloni e gli ultranazionalisti è tabù: per loro Eretz Israel, il Grande Israele va dal Mediterraneo alle rive del Giordano. Più si riduce la terra che Netanyahu vuole annettersi, più perderà voti e consensi.

Secondo vari sondaggi, il 40 per cento degli israeliani è contro l’annessione, ma molti sostengono gli Stati Uniti, quindi non sanno bene come schierarsi.

I palestinesi invece hanno reagito furiosamente all’idea di annessione. Il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas ha detto a maggio che avrebbe cancellato ogni accordo e intesa con gli Stati Uniti e Israele: sebbene un coordinamento della sicurezza sia stato di fatto mantenuto, altre cose sono state tagliate, con risultati catastrofici.
I trasferimenti medici, per esempio, dalla Striscia di Gaza verso Israele dove si curano malattie come il cancro, sono congelati e due neonati malati sono morti questo mese perché non hanno ricevuto le cure di cui avevano bisogno.

L’Autorità Palestinese ha minacciato di fare a pezzi gli accordi di Oslo e dichiarare lo Stato di Palestina, qualora sia fatta l’annessione. A Gaza, Hamas ha detto che l’annessione mostra quanto fallimentari siano stati gli accordi di Oslo, siglati nel 1994 dai rivali di Al Fatah. Mentre i capi militari israeliani sono preoccupati che possa scoppiare un’altra guerra a Gaza, ma si lamentano del fatto che il governo non li tenga aggiornati su nulla.

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