Libano: si dimette la ministra dell’Informazione
Scritto da Barbara Schiavulli in data Agosto 9, 2020
BEIRUT – In attesa del summit, che si terrà tra qualche ora alle Nazioni Unite, con i paesi donatori che aiuteranno nell’emergenza Libano, Beirut, all’indomani della grande protesta antigovernativa che ha provocato decine di feriti, un poliziotto morto e trasformato Piazza dei Martiri in un campo di battaglia, la situazione resta molto tesa. La gente chiede le dimissioni di tutto l’establishment politico, considerato corrotto. Ma non è solo questo, ora la gente vuole giustizia per l’esplosione che ha travolto la capitale. Tre ministeri ieri sera sono stati assaltati e i manifestanti si sono dispersi solo quando la polizia è diventata troppo violenta per poter restare. Ma sono pronti a tornare, anche oggi se fosse necessario.
E anche se è da mesi che si chiede un cambio di potere, l’esplosione che ha distrutto un terzo della capitale del Libano martedì sera, ucciso decine di persone, ferite migliaia e ne ha sfollate 300 mila, ha reso tutto ancora più reale, doloroso e imminente. Il premier ha proposto elezioni anticipate, ma i libanesi ora vogliono di più. Il sistema politico settario non funziona più. Il patriarca maronita, Bechara Boutros Al Rai, ha detto questa mattina che il governo deve dimettersi se non è in grado di cambiare e di aiutare nella ricostruzione. Intanto la ministra dell’Informazione, Manal Abdel Samad, ha convocato una conferenza stampa nel palazzo presidenziale a Baabda, dove ha presentato le sue dimissioni: “Voglio scusarmi con il popolo libanese, le cui aspirazioni non siamo stati in grado di soddisfare a causa della difficoltà delle sfide che ci attendono”, ha detto la ministra, aggiungendo che il governo non è stato all’altezza delle sue aspirazioni e che si è dimessa per rispetto delle persone uccise, ferite e disperse dopo la massiccia esplosione di Beirut all’inizio di questa settimana, “e in risposta alla richiesta di cambiamento da parte della gente”.
Il summit dei donatori
Il Libano era già in preda a una profonda crisi economica e stava combattendo contro il coronavirus, prima che l’esplosione colpisse un paese già in ginocchio. E con i riflettori sulle macerie, i leader del mondo hanno deciso di riunirsi per raccogliere aiuti, cinque giorni dopo il disastro. Una conferenza virtuale comincerà alle 14, ora libanese. Il presidente Trump ha detto che parteciperà. I danni stimati nella città sono di 15 miliardi di dollari. Il presidente francese Macron è stato qui giovedì, accolto dalla gente come un eroe che potrebbe diventare portavoce di un cambiamento. Ha annunciato di voler coordinare gli aiuti internazionali. Al summit parteciperanno rappresentanti dell’Unione Europea, di Cina, Russia, Egitto, Giordania e Regno Unito, e altri, ma solo donatori, sono stati invitati. La Germania ha già promesso 10 milioni di dollari. L’Iran si è detto pronto a partecipare alla ricostruzione.
E mentre i paesi del mondo hanno fatto la fila per donare soldi che i libanesi chiedono non vadano a questo governo corrotto responsabile di aver tenuto 2700 tonnellate di materiale esplosivo in città, si dimette anche il ministro dell’Ambiente Damianos Kattar che ha consegnato la sua lettera nel pomeriggio confermando le voci che giravano da tutto il giorno. Secondo MTV Lebanon News, Kattar ha detto al primo ministro Hassan Diab che amici della sua famiglia sono morti nell’esplosione di martedì, e quindi “non era più in grado di gestire le sue responsabilità”.
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