Nagorno Karabakh: la terra contesa
Scritto da Radio Bullets in data Settembre 29, 2020
Nei giorni scorsi sono esplosi violenti scontri nella regione montuosa del Nagorno-Karabakh tra le forze armene e quelle azere. Un lembo di terra in tensione dal 1994 quando è stato firmato un cessate-il-fuoco.
Il Karabakh è una regione all’interno dell’Azerbaijan che è stata sotto il controllo delle forze armene etniche e dell’esercito armeno fino al 1994, situazione sfociata poi in una guerra separatista che ha visto morire 30.000 civili e sfollato circa 1 milione di persone. La popolazione è a maggioranza armena. Il Nagorno-Karabakh vero ha un’area di circa 4.400 kmq ma le forze armene occupano ampie fasce del territorio limitrofo.
L’inizio del conflitto
Le tensioni tra gli armeni cristiani e gli azeri, per lo più musulmani, si sono accese negli ultimi anni mentre nel frattempo l’Unione Sovietica si logorava. Quando l’URSS è caduta nel 1991 e le repubbliche sono diventate nazioni indipendenti, è scoppiata la guerra. In pratica con il collasso dell’Unione Sovietica negli anni ’80, il Nagorno-Karabakh ha votato per entrare a far parte dell’Armenia, scatenando una guerra che si è fermata con un cessate-il-fuoco nel 1994. Da allora il Nagorno-Karabakh è rimasto parte dell’Azerbaijan, ma è controllato da armeni di etnia separatista sostenuti dal governo armeno.
Il cessate-il-fuoco ha lasciato le forze armene e azere a guardarsi in cagnesco reciprocamente in una zona smilitarizzata, dove sono stati segnalati frequentemente degli scontri. Nonostante il cessate-il-fuoco non sono mai riusciti a concordare un trattato di pace. Gli sforzi di mediazione internazionale per determinare lo status finale della regione hanno portato a pochi progressi visibili. Il conflitto è stato un duro colpo economico per la regione del Caucaso, perché ha ostacolato il commercio e ha spinto la Turchia a chiudere il confine con l’Armenia senza sbocco sul mare.
I combattimenti scoppiano periodicamente attorno ai confini del Nagorno-Karabakh, spesso mortali, in particolare nel 2016 e questo luglio. Da quando sono scoppiati nuovi combattimenti domenica, decine di persone sono state uccise e ferite nei bombardamenti da entrambe le parti, che si incolpano a vicenda su chi abbia dato inizio alle violenze.
Nel 2018, l’Armenia ha vissuto una rivoluzione pacifica, che ha spazzato via dal potere il leader di lunga data, Serzh Sargysan. Il leader della protesta, Nikol Pashinyan, è diventato il primo ministro dopo le elezioni in quello stesso anno. Pashinyan ha concordato con il presidente dell’Azerbaijan, Ilham Aliev, di allentare le tensioni e istituire la prima linea diretta militare tra i due Paesi. Nel 2019, entrambe le nazioni hanno diffuso una dichiarazione dove si parlava della necessità di «prendere misure concrete per preparare le popolazioni alla pace». Finora, quel discorso non si è concretizzato, anzi la situazione è notevolmente peggiorata.
Un problema regionale
Senza contare le vittime e i danni a livello locale, il conflitto nella piccola e difficile regione preoccupa anche alcuni attori regionali. La Russia cristiana ortodossa, che non ha cattivi rapporti con l’Azerbaijan, è il principale partner economico dell’Armenia e ha una base militare in loco, mentre la Turchia, che non ha relazioni ufficiali con l’Armenia, ha offerto sostegno agli azeri, fratelli etnici dei turchi e compagni musulmani. L’Iran che confina con l’Armenia e l’Azerbaijan, invita alla calma. Nel frattempo, Stati Uniti, Francia e Russia dovrebbero essere i garanti del processo di pace paralizzato, sotto gli auspici dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, con sede a Vienna.
(Foto di copertina: Ministero della Difesa dell’Azerbaijan)
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