Queer, non binary, gender fluid. Dalle parole alle storie Ep.2

Scritto da in data Aprile 29, 2021

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Dalle parole alle storie

di Martina Zimpi.

Queer, non binary, gender fluid, cisgender, agender, bigender e transgender, demiboy e demigirl, e una serie di altri forestierismi.
Per gli Zedders, sono parte integrante di un nuovo vocabolario che indica un cambiamento nella sfera semantica del concetto di identità di genere. Per le altre generazioni, invece, sono parole che solo faticosamente, seppur progressivamente, stanno suggerendo un confronto con paradigmi rivoluzionari, fino a ieri non messi in discussione perché considerati tabù.
Ma l’origine del termine queer lo dimostra: le parole, attraversano la storia e i confini, arrivano da lontano, subiscono evoluzioni e cambiamenti e spesso raccontano di processi lentissimi all’interno delle società, che talvolta non si chiudono mai e si ripresentano, anche se spesso il loro significato rimane non chiaro ai più. Ed è così che una parola inglese che si è attestata nel 1500 con il significato di “strano” − e che probabilmente ha radici ancora più antiche nel germanico quer che significava “traverso, obliquo” e dunque “perverso” − ha percorso tanti chilometri lungo i secoli portandosi in pancia il marchio nefasto del significato del verbo to queer ovvero “andare in malora”. È per questo che negli anni Venti del Novecento, in opposizione a straight, “dritto” ma anche “giusto” e quindi “eterosessuale”, nasce l’uso del termine in riferimento agli omosessuali. Una parola cruda e violenta, pronta a colpire al cuore le minoranze, si è però trasformata negli anni Novanta in una rivendicata, risorta con un senso nuovo, grazie anche alla queer theory e agli studi che hanno rovesciato il paradigma dell’eteronormatività.
Un paradigma che è ancora, per dire la verità, largamente indiscusso perché è difficile confrontarsi su un tema così delicato. L’unico modo per farlo è andare a caccia di domande giuste sull’identità di genere.
Ma è proprio vero che le parole, se usate male, possono essere discriminatorie? E un uso improprio dei pronomi può esserlo? Intervenire sulla morfologia delle parole per rendere le frasi neutre non è complicato? Il genere è davvero così importante da dover diventare argomento nella sfera pubblica? Se c’è, qual è la differenza tra sesso, genere e sessualità?
Nel secondo episodio del podcast “Chiedilo a l*i”, Martina Zimpi si confronta − su questi e tanti altri temi, senza pregiudizi, senza voler convincere nessuno né avere la pretesa di poter esaurire un argomento vastissimo − con Arianna Rogialli, attivista e consulente in materia di sessuologia ed educazione sessuale.

Chiedilo a l*i

Il podcast Chiedilo a l*i, adottando l’approccio del femminismo intersezionale, racconta in maniera trasversale stereotipi e stratificazioni di significati legati all’identità di genere di tutt*; da quelli che riguardano le donne a quelli delle persone non binary, concentrandosi sugli aspetti linguistici, sociolinguistici e connessi agli studi di genere. Ad arricchire le riflessioni di Martina Zimpi, Jessica Panizza, Alice Petri, Lucrezia Fasano e Fabiola Perotti, studentesse del II anno della SSML San Domenico che hanno partecipato al laboratorio di Lingua, Linguistica e giornalismo di Angela Zurzolo, ci saranno anche, nei prossimi episodi: la sociolinguista Vera Gheno che ha proposto l’uso dello schwa; Alessandro Fusacchia, deputato che ha presentato un Ddl per promuovere la parità di genere nei testi scolastici; le testimonianze di due giovani che hanno subito discriminazioni e, infine, le voci di coloro che hanno partecipato al minisondaggio “Una società paritaria per un giorno”.

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