Storie dalla Colombia | Harold Montúfar, un uomo di pace – I^ parte

Scritto da in data Luglio 20, 2022

«Ciò che sto per raccontare è molto importante per molti aspetti e ha a che vedere con il senso di leadership sociale. Mi chiamo Harold Montúfar Andrade, sono continuamente perseguitato dallo Stato, che ha cercato in varie occasioni di prendermi, di farmi sparire». Harold Montúfar Andrade, difensore dei diritti umani, ex sindaco di Samaniego, cittadina vulnerabile al confine tra Colombia ed Ecuador, è uno dei coordinatori del “Pacto local de paz” tra la società civile e i gruppi armati. Valentina Barile lo ha incontrato in Colombia insieme alla ong italiana Oikos e ne parla su Radio Bullets.

Doppiaggio: Alessandro Salas, Mediazione: Anna Paola Tarulli, Foto in copertina: Stefano Stranges

Ascolta il podcast

L’uomo…

«Lo Stato ha cercato in varie occasioni di prendermi, di farmi sparire solo perché ho sollevato le varie criticità della vita sociale, sia nelle aree territoriali più isolate sia in quelle più popolate del mio paese. Vivere in Colombia sotto la guida di un leader sociale è estremamente complicato, per questo il mondo deve sapere, l’Europa deve sapere che abbiamo vissuto fino a qualche mese fa sotto una dittatura mascherata, dove è stato impossibile affermare i propri diritti e parlare liberamente, perché uno dei principali violatori dei diritti umani è lo stesso stato colombiano». Harold Montúfar racconta la sua storia mentre fuori impazza una forte pioggia tropicale, è seduto nel suo ufficio dell’Espacio educativo para la paz y el buen vivir, istituto costruito da Oikos e gestito in cooperazione dalla stessa con l’Instituto Alexander von Humboldt. Harold è un perseguitato politico, è stato vittima di sette sequestri per mano dei gruppi armati e dello stesso Stato. Nel 2019 è stato nominato al Premio nazionale per la difesa dei diritti umani in Colombia. In questo podcast, Radio Bullets pubblica la prima parte della sua storia: «L’ultima ingiustizia dello Stato sulla mia persona risale al 2018. Ero qui a Samaniego e un comando speciale di polizia fu inviato dalla procura di Bogotá, appoggiata dalla procura di Popayán e di altre procure colombiane per catturarmi. Mi presero insieme ad altri sette, tra il 18 e il 19 di aprile, per quattro reati: insurrezione, porto illegale di armi, narcotraffico e associazione a delinquere. Sono stato catturato semplicemente perché per tutta la mia vita ho partecipato attivamente ai processi di costruzione territoriale di pace e ho fatto sentire la mia voce contro l’ingiustizia sociale. Qui, parlare a favore dei bisognosi, parlare a favore dei contadini, degli indigeni, prendere parte a processi di rivendicazione della giustizia vuol dire per lo Stato che sei un ribelle. Noi leader sociali, per il solo fatto di aver alzato la nostra voce, siamo stati accusati dallo Stato. Il Pubblico Ministero era riuscito a darci fino a dodici anni di detenzione. A ogni modo, la cosa più sconvolgente è che questa indagine è stata realizzata dalla DEA mediante una intercettazione telefonica durata otto mesi. Il fatto che la DEA sia entrata nella nostra intimità, nella nostra vita quotidiana, e la macchina mediatica messa in moto successivamente sul piano nazionale contro di noi raccontano di cosa sia capace il sistema statale quando decide di punire chi fa sentire la propria voce contro le ingiustizie».

… lo Stato…

Colombia, sulla strada per Samaniego con Harold Montúfar

Harold Montúfar continua a raccontare, e la pioggia fuori sembra arrestarsi. La sua voce ha una tonalità bassa, ma decisa, il suo gesticolare delicato; ha gli occhi, il viso e il temperamento della resistenza, di chi ha paura e allo stesso tempo non smette di lottare per una Colombia migliore, per sé e per la sua gente. «Ci hanno preso come dei terroristi, quella notte, ci hanno fatto salire su un volo speciale apposta per noi, per portarci da Pasto a Cali e da Cali a Bogotá e processarci. Sono stati diversi i mezzi di comunicazione che hanno diffuso la notizia del nostro arresto, definendoci come il volto peggiore del nostro paese. Ma essendo leader sociali, ex sindaci e funzionari pubblici, difensori di diritti umani, si sono organizzate diverse proteste da parte del Parlamento Europeo, della cittadinanza e, ancora, da parte delle organizzazioni dei diritti umani per l’assurdo fatto giudiziario montato dagli organi istituzionali. Dopo le prime proteste, il Pubblico Ministero, nel primo giorno di processo, dichiarò l’estinzione immediata dei reati per narcotraffico e porto illegale di armi, confermandoci quelli di associazione a delinquere e insurrezione, quest’ultimo aggravato per il fatto che eravamo stati dei sindaci».

… e i diritti umani.

Fino a qualche mese fa in Colombia era impossibile affermare i propri diritti: la società civile chiede un riscatto da anni, per la propria dignità, per il proprio terreno, per un figlio scomparso o un marito morto, per le donne stuprate, svanite nel nulla, e le adolescenti uccise per aver pronunciato il primo “no”. Cosa accadrà con il neonato presidente Gustavo Petro? Harold Montúfar conclude uno dei capitoli della sua vita con queste parole: «La notte che ci hanno preso, ci portarono in una stazione di polizia rinchiusi in uno spazio di venticinque metri quadrati, insieme a quaranta criminali di Cali: assassini, paramilitari, guerriglieri e stupratori. Ci hanno fatto stare sei giorni detenuti in uno spazio minuscolo senza respirare né dormire: questa è una grave violazione dei diritti umani. Lo Stato in questo modo ci ha distrutto psicologiacamente, moralmente ed economicamente. In Colombia non si uccide solo con la pistola, ma si distrugge una persona soprattutto in questo modo. E a noi, ci hanno ucciso la notte del 18 aprile 2018 e aspettiamo ancora di essere processati».

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