21 maggio 2024 – Notiziario in genere

Scritto da in data Maggio 21, 2024

Russia: regista e drammaturga a processo per una pièce teatrale. Kosovo, emergenza femminicidi. L’Honduras denunciato di fronte alle Nazioni Unite per aver negato a una donna il diritto all’aborto, costringendola a mettere al mondo un bambino che non voleva.

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Russia

È iniziato ieri in un tribunale militare di Mosca il processo contro la regista Evgenia Berkovich e la drammaturga Svetlana Petriychuk, accusate di “giustificare il terrorismo”. Lo avrebbero fatto con uno spettacolo teatrale premiato dalla critica.

Le imputazioni sono considerate di chiara matrice politica e, secondo alcuni media locali, le autorità hanno vietato alle persone presenti di salutare in qualsiasi modo Berkovich e Petriychuk nel momento in cui venivano portate in aula, minacciando di non far entrare chi non avesse rispettato la disposizione.

Berkovich e Petriychuk sono state fermate dalla polizia un anno fa. La pièce teatrale per cui sono sotto processo è ‘Finist, falco coraggioso’.

Secondo la ricostruzione di Novaya Gazeta Europa, si tratta della “storia di donne che hanno deciso di sposare dei fondamentalisti islamici e trasferirsi in Siria e si basa su eventi reali”.

Il Cremlino sta reprimendo sempre più le libertà politiche e civili e le accuse contro Berkovich e Petriychuk sono considerate ingiustificate da più parti.

Kosovo

Il Kosovo è scosso per i due femminicidi che si sono consumati ad aprile, due in cinque giorni.

E cresce la richiesta di posizioni più efficaci nella lotta alla violenza di genere.

La presidente Vjosa Osmani ha proclamato un giorno di lutto nazionale in memoria di tutte le donne e le ragazze uccise a causa della violenza di genere in Kosovo.

Per anni le attiviste e gli attivisti e le organizzazioni dei diritti umani hanno criticato le carenze strutturali del paese che sono dietro al tema della violenza sulle donne.

La violenza intima da parte del partner è stata riconosciuta come reato criminale in Kosovo nel 2019.

I tribunali possono ora imporre ammende tra i 100 e i 25mila euro e condannare i perpetratori con pene fino a tre anni in prigione.

Nella maggior parte dei casi, tuttavia, le sentenze sono molto lievi.

Gjyjeta U., madre di tre figli della città di Peja, aveva 42 anni quando è stata uccisa dal suo partner ad aprile.

Il suo assassino era noto alla polizia, già condannato a 100 euro di multa e tre mesi di prigione per la violenza domestica nel 2022.

Aveva evitato la prigione pagando 300 euro.

“Abbiamo bisogno di un sistema di giustizia più forte, procedimenti più veloci e pene massime da applicare più frequentemente”, spiega Bukurije RRustemi, sociologa.

I dati

Secondo le statistiche ufficiali della polizia, quattro sono stati i femminicidi in Kosovo nel 2023 e 2.120 i casi di donne abusate.

Le attitudini della società kosovara e la sua struttura profondamente patriarcale creano condizioni che favoriscono violenza e femminicidi.

Zana Asllani, che gestisce una casa rifugio per donne a Pristina, conferma che molte donne che hanno il coraggio di lasciare i mariti violenti spesso poi ci ritornano insieme per ragioni puramente economiche.

Semplicemente non possono permettersi una vita indipendente perché spesso non hanno alcun reddito.

Le donne in Kosovo hanno poche opportunità per diventare finanziariamente indipendenti. La maggior parte delle proprietà è degli uomini e le donne sono spesso escluse dalle eredità.

Anche se la legge kosovara dice che fratelli e sorelle hanno gli stessi diritti in fatto di eredità, in molti casi prevale la tradizione. E sono i figli che ereditano, mentre le figlie vengono lasciate a mani vuote.

La tradizione vieta anche a una donna di ritornare nella casa dei genitori, anche quando è vittima di violenza intima da parte del partner.

Secondo RRustemi questo problema non è limitato solo al Kosovo, la società patriarcale è simile nei Balcani.

Honduras

Honduras

Nel 2015 Fausia (non il suo vero nome) è stato attaccata e violentata da due uomini ed è rimasta incinta.

Otto anni dopo, la 34enne ha denunciato il suo paese alle Nazioni Unite per averle negato l’aborto, costringendola a mettere al mondo un bambino che non voleva.

L’Honduras è uno dei sei paesi latinoamericani dove vige il divieto di aborto assoluto.

Secondo il Centro per i diritti riproduttivi (CDR), una ong che supporta il caso di Fausia, questo significa maternità forzata per innumerevoli donne e ragazze – molte di loro sopravvissute ad aggressioni sessuali.

A marzo, Fausia ha portato il suo caso di fronte al Comitato dei diritti umani delle Nazioni Unite, affinché l’Honduras venga obbligato a cancellare quel divieto scritto nella sua costituzione.

Le minacce e le molestie dopo l’aggressione hanno costretto lei e la sua famiglia a spostarsi innumerevoli volte e a cambiare città, dice.

Anche la salute mentale di Fausia ne risente. Nel 2017, i suoi aggressori vengono arrestati, solo per essere liberati alcuni mesi dopo. Per mancanza di prove nelle indagini.

Il caso è stato riaperto nel 2018 e otto anni dopo lo stupro i due sono stati condannati. Possono ancora ricorrere in appello.

Catalina Martinez, la vicepresidente latino-americana della ong, spiega che il team legale sta lavorando per far avere dei risarcimenti a Fausia e alla sua famiglia e scuse pubbliche per quelle che definisce “violazioni dei diritti umani contro di lei”. Vogliono anche che l’Honduras venga condannato a cancellare il divieto di aborto.

Tuttavia il Comitato delle Nazioni Unite potrebbe impiegare fino a tre anni, dice Martinez.

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