30 marzo 2020 – Notiziario in genere
Scritto da Angela Gennaro in data Marzo 30, 2020
- È ancora allarme: per l’Onu la pandemia di coronavirus aumenta la violenza domestica
- Quanto (ci) costa, economicamente e socialmente l’emergenza Covid19?
- Lockdown in India, una raccolta fondi per le sex worker single di Mumbai.
- L’Egitto nega l’esistenza delle persone Lgbtq
Ospite di questa puntata Stefania Minghini Azzarello dell’associazione femminista Orlando di Bologna.
Allarme dell’Onu
Nei paesi del mondo dove è in vigore il lockdown per rispondere all’epidemia di contagi da coronavirus, “È molto probabile che il livello della già diffusa violenza domestica aumenti, come già suggerito da indicazioni preliminari di polizia e operatori”. A dirlo in una nota è la relatrice speciale per la violenza contro le donne delle Nazioni Unite, Dubravka Simonovic. È potrebbero aumentare anche i femminicidi.
Francia
Secondo il ministero degli Interni francese i casi di violenza domestica in tutta la Francia sono aumentati di oltre il 30% da quando il paese è in lockdown a causa del diffondersi dell’epidemia di coronavirus – quindi dal 17 marzo. Il blocco è stato già esteso fino al 15 aprile. L’essere confinate in casa con il partner, questo è il tema, potrebbe aver aumentato i rischi per coloro che subiscono violenza domestica. La Francia, ricorda Euronews, ha già uno dei più alti tassi di violenza domestica tra i paesi di tutta Europa. Ogni anno, si stima che 219mila donne, dai 18 ai 75 anni, subiscano violenze fisiche o sessuali da parte di partner attuali o precedenti: solo il 20% lo riferisce. Secondo i dati ufficiali, una donna viene uccisa da un partner o ex partner ogni tre giorni.
Surveillance des pharmacies, protection des interventions des pompiers, lutte contre les violences intrafamililales, respect des mesures de confinement, sécurité des Français : malgré votre haine ils sont là, et n’hésiteraient pas une seconde s’ils devaient vous porter secours. https://t.co/bphDQgyDy4 pic.twitter.com/xIdNfClGMh
— Christophe Castaner (@CCastaner) March 29, 2020
Christophe Castaner ha affermato che il governo introdurrà nuove misure per consentire alle persone vittime di abusi di chiedere aiuto durante il blocco: potranno chiedere aiuto in farmacia, per esempio – ha spiegato. “Una donna che soffre di violenza domestica, quando va in farmacia senza il marito, deve poter chiedere aiuto”. Ha aggiunto che sarebbe stato sviluppato un sistema in codice per le vittime che vengono accompagnate in farmacia dai partner violenti. La Spagna ha già un sistema di codice per denunciare la violenza domestica. Castaner ha affermato che, mentre il blocco continua, la polizia sarà in allerta per le segnalazioni di abusi e che la lotta alla violenza domestica è una priorità. Attualmente, le vittime di violenza domestica in Francia possono chiamare il numero 3919 per chiedere aiuto.
E in Italia?
Il governo ha avviato una campagna di spot programmati fino al 3 aprile per promuovere il numero 1522, centro antistalking attivato dalla presidenza del consiglio e gestito dal Telefono Rosa, per offrire aiuto a chi in questo periodo potrebbe averne più bisogno. C’è anche l’app 1522 (su iOS e Android) per chattare con le operatrici e chiedere aiuto, h24. In una situazione del genere è anche difficile chiedere aiuto. Lo è già in condizioni normali. È possibile scaricare anche l’app YouPol, nata per far denunciare ai più giovani episodi di bullismo e droga, e che da oggi potrà essere utilizzata anche per denunciare violenze domestiche.
A Bologna invece l’associazione femminista Orlando si sta chiedendo quanto (ci) costa, economicamente e socialmente l’emergenza Covid19. “Vogliamo capire, grazie ai dati, non solo se esiste una possibile differenza d’impatto dell’emergenza sulle donne e sugli uomini (e tutti gli altri generi), ma anche se si verificano episodi di violenza domestica, violenza omolesbotransfobica, se sono a rischio servizi fondamentali per le donne come l’accesso al servizio di interruzione di gravidanza o alla contraccezione d’emergenza”, spiega Stefania Minghini Azzarello. “Sono alcune delle domande che ci stiamo ponendo e che rimbalzano tra mail e post, telefonate e riflessioni collettive. Le abbiamo sintetizzate per farne un breve questionario che vi invito a compilare.
Lo trovate qui: https://women.it/covid19-uno-sguardo-di-genere/
Il questionario “non ha la pretesa di essere esaustivo ed è stato pensato per raccogliere informazioni inerenti alle nostre condizioni abitative, familiari e lavorative. I dati verranno pubblicati in forma aperta, anonimizzata e aggregata come strumento condiviso per indagare il momento che stiamo vivendo e proporre azioni e soluzioni a questa crisi dal basso e con una prospettiva femminista. Nelle domande abbiamo anche fornito numeri d’assistenza della Rete D.i.Re dei centri antiviolenza a cui rivolgersi in caso di violenza domestica e abbiamo indicato il progetto Obiezione Respinta in caso ci siano problemi ad accedere al servizio di interruzione di gravidanza”.
Egitto
Nel corso della terza Revisione Periodica Universale (UPR), l’Egitto ha annunciato alle Nazioni Unite il rifiuto delle raccomandazioni che erano state formulate da diversi Paesi riguardo l’arresto di persone LGBT+ e la discriminazione basata sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere. A sorprendere, si legge su Neg.zone, non è la risposta di per sè, ma l’affermazione con la motivazione con cui il Paese nordafricano ha accompagnato il rifiuto: «Non riconosciamo i termini menzionati in questa raccomandazione». In pratica le autorità egiziane sostengono di non sapere cosa siano l’omosessualità e la disforia di genere.
Rasha Younes, ricercatrice libanese presso l’Human Right Watch (HRW), ha dichiarato: «Questa affermazione oltraggiosa dei funzionari egiziani arriva in un momento in cui la crisi sanitaria della COVID-19 sta minacciando gruppi già vulnerabili, comprese le persone LGBT detenute nelle carceri egiziane per motivi di orientamento sessuale e identità di genere».
Sebbene l’omosessualità non è esplicitamente vietata dalla legge egiziana, le persone LGBT+ vengono spesso arrestate per immoralità o indecenza pubblica, con il 69% di esse «prelevate a caso per strada, secondo quanto riportato dall’HRW».
In carcere c’è anche Patrick Zaki, studente dell’Università di Bologna arrestato e torturato con accuse come quella di aver pubblicato notizie false con l’intento di disturbare la pace sociale e quella di aver incitato proteste contro l’autorità pubblica. Il giornale semi-ufficiale di stato Akhbar el-Yom ha pubblicato un articolo in cui “rivelava” che Zaki è un attivista dei diritti di genere, per influenzare negativamente l’opinione pubblica, scrivendo che “questo fatto scioccante mette a tacere le voci che difendono Patrick e i tentativi di farlo apparire come simbolo degli oppressi”.
India
Una raccolta fondi per assicurare beni essenziali come riso, farina, olio e sapone a quasi 200 sex worker single di Mumbai, ognuna con due o tre figli, bisognose di aiuto dopo che le autorità indiane e il primo ministro Narendra Modi hanno disposto il lockdown fino al 14 aprile per contenere la diffusione epidemiologica da Covid-19. Ne scrive GayNews.it ed è l’appello lanciato il 25 marzo da Harish Iyer, il più famoso attivista Lgbti indiano, fondatore della Jimme Foundation.
In copertina Harish Iyer/Flickr
Musica Un violador en tu camino
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