2 marzo 2020 – Notiziario in Genere
Scritto da Angela Gennaro in data Marzo 2, 2020
I titoli di oggi:
- Violenza sulle donne e cambiamento climatico
- “Sii una signora”
- Turchia, violenza e quotidianità a cinque anni dalla morte di Ozgecan Aslan
- Oggi le elezioni in Israele, tra partito delle donne e la sfida della maternità surrogata per le coppie dello stesso sesso
Music credit: U2, Numb
Be a Lady, they said
“Sii una signora, dicono. La tua gonna è troppo corta. Non mostrare troppa pelle. Copriti! Lascia qualcosa all’immaginazione. Non essere troppo grassa. Non essere troppo magra. Mangia. Fai una dieta. Ordina un’insalata. Salta il dolce. Devi entrare in quei jeans. Sembri uno scheletro. Sembri malata. Perché non mangi qualcosa?”
Sono solo alcune delle frasi recitate da Cynthia Nixon, l’attrice nota per il ruolo di Miranda Hobbes in “Sex and the City” e per essersi candidata nel 2018 come governatrice dello Stato di New York. Frasi dette quotidianamente alle donne.
“Non essere tentatrice. Gli uomini non si controllano. Gli uomini hanno i loro bisogni. Sii sexy. Sii calda. Non essere così provocatrice. Te la stai cercando”.
Il video è stato postato su Instagram da Girls Girls Girls Magazine.
Violenza sulle donne e cambiamento climatico
Stupri, violenza domestica, matrimoni forzati: un nuovo studio mostra che gli effetti dei cambiamenti climatici stanno portando ad un aumento della violenza contro le ragazze e le donne in molti angoli del mondo.
A raccontarlo è la Deutsche Welle. Ntoya Sande aveva 13 anni quando si è sposata – contro la sua volontà. “Sono stato mandata a sposarmi a causa della carenza di cibo in casa”, racconta. I suoi genitori avevano un piccolo pezzo di terra, ma le inondazioni hanno spazzato via il loro raccolto. “Ho cercato di negoziare, di dire ai miei genitori che non ero pronta, che non volevo sposarmi, ma mi hanno detto che dovevo farlo perché ciò avrebbe significato una bocca in meno da sfamare”. Sande vive nella provincia di Nsanje, in Malawi. La sua storia è uno dei migliaia di casi evidenziati in un recente studio dell’International Union for Conservation of Nature (IUCN). A due anni di distanza, si legge ancora su Deutsche Welle, il rapporto è lo studio più ampio e completo fino a oggi sugli effetti dei cambiamenti climatici e del degrado ambientale sulla violenza di genere.
Rape, domestic violence, forced marriages: A new study shows the effects of climate change are leading to an increase in violence against girls and women in many corners of the world.https://t.co/fdbX3YeH1U
— DW News (@dwnews) February 24, 2020
“Questo studio ci mostra che il danno che l’umanità sta infliggendo alla natura può anche alimentare la violenza contro le donne di tutto il mondo – un legame che finora era stato ampiamente trascurato”, dice Grethel Aguilar, direttrice generale in carica della IUCN. “Questo studio aggiunge all’urgenza di fermare il degrado ambientale la contemporanea azione per fermare la violenza di genere in tutte le sue forme e dimostra che spesso le due questioni devono essere affrontate insieme “.
Il Malawi non è l’unico posto in cui ragazze minorenni, bambine vengono date in sposa contro la loro volontà per aiutare le loro famiglie a sopravvivere alle catastrofi climatiche. Secondo lo studio, anche le ragazze in Etiopia e nel Sudan del Sud vengono vendute in matrimonio durante siccità estreme, in cambio di bestiame.
Juliane Schmucker, direttrice regionale per l’Asia dell’organizzazione umanitaria Plan International, ha affermato che il tasso di bambine in matrimoni forzati aumenta in modo dimostrabile nelle situazioni di crisi. “È semplicemente una strategia di sopravvivenza: sbarazzarsi di una figlia per alleviare la pressione sulla famiglia, o è l’unico modo per generare reddito”, ha detto a DW.
La crescente scarsità di risorse aumenta anche il rischio che donne e ragazze siano vittime di violenza. Con l’aumento della siccità e della desertificazione nel sud globale, sempre più fonti idriche e pozzi si stanno prosciugando. Recuperare l’acqua è spesso lavoro femminile, e se le donne sono costrette a camminare di più per quell’acqua aumenta anche il rischio di aggressioni sessuali, specialmente nelle regioni caratterizzate da bande armate.
Dallo studio dell’International Union for Conservation of Nature – che raccoglie dati e casi di studio da oltre 1000 fonti – emerge che la violenza di genere viene principalmente utilizzata come mezzo sistemico per rafforzare i privilegi esistenti e alimentare gli squilibri rispetto a ruoli e risorse. Ad esempio, il conflitto sull’accesso a risorse scarse può dare origine a pratiche come quella del “sesso per il pesce”: i pescatori si rifiutano di vendere pesce alle donne se non praticano sesso. Accade in alcune parti dell’Africa meridionale e orientale.
Cinque anni dopo la morte di Ozgecan Aslan
Cinque anni fa in Turchia, Ozgecan Aslan, una studentessa universitaria di 19 anni, è stato uccisa da un autista di minibus che ha tentato di violentarla mentre tornava a casa. In un paese in cui il femminicidio e la violenza contro le donne sono di proporzioni epidemiche, la morte della donna ha segnato un momento spartiacque.
In tutto il paese, scrive da Istanbul Constanze Letsch su The Arab Weekly, le persone sono scese in piazza per protestare contro la violenza contro le donne, contro politiche che proteggono gli autori e contro la presunta inazione delle istituzioni statali turche. Centinaia di migliaia di donne hanno parlato delle loro esperienze di violenza, molestie e abusi.
Nonostante le proteste diffuse, il numero di femminicidi è aumentato in modo significativo. The We Will End Femicide Platform, un gruppo per i diritti delle donne, afferma che quasi 2.000 donne sono state uccise dalla morte di Ozgecan nel febbraio 2015, spesso dai loro mariti o fidanzati. Nel 2019, 474 donne sono state uccise in Turchia.
Cosa succede in Turchia
Gli attivisti e le attiviste per i diritti delle donne spiegano che esistono già gli strumenti legali necessari per la protezione delle donne dalla violenza. Nel 2012 la Turchia è stata la prima nazione a ratificare la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, nota anche come Convenzione di Istanbul.
Introdotto nel 2011, questo trattato si rivolge in modo specifico alla violenza contro le donne e obbliga i paesi in ratifica a prevenire la criminalità di genere, a fornire protezione e servizi adeguati alle vittime e ad assicurare il perseguimento degli autori. Lo stesso anno, il governo turco ha approvato la legge numero 6248 per proteggere la famiglia e prevenire la violenza contro le donne e ha introdotto politiche sulla parità di genere.
La Convenzione di Istanbul
Nonostante gli sforzi legali, la violenza contro le donne in Turchia è aumentata. Pochi colpevoli sono puniti nella misura massima consentita dalla legge, portando a una cultura dell’impunità.
“Il problema riguarda l’implementazione delle leggi esistenti. L’atteggiamento generale nella società non è cambiato. Le donne sono ancora invitate a rimanere a casa con i bambini, a servire e obbedire. C’è ancora la convinzione che in alcuni casi la violenza contro le donne sia accettabile”, dice l’avvocata Funda Ekin.
“Non c’è consapevolezza di cosa significhi violenza contro le donne. Molte forme di violenza non sono nemmeno prese in considerazione, come l’abuso psicologico e altre forme di trattamento degradante “, ha detto Ekin.
The President of Turkey, Erdogan, believes women should stay home barefoot and pregnant – and those who work are "half-persons" https://t.co/8HW61QRO0P
— Rose Colombo aka Rose4Justice (@Rose4Justice) October 11, 2019
Le misure previste dalla Convenzione di Istanbul, come la fornitura di un numero sufficiente di rifugi per donne e centri di crisi per stupro, non sono state rispettate, spiega. D’altro canto non lo sono neppure in Italia, come dimostra quello che sta accadendo a Lucha y Siesta nel quartiere Tuscolano di Roma. In tutta Roma ci sono quattro case rifugio e un totale di 39 posti letto per donne sopravvissute alla violenza: il comune ne ha 25, Lucha 14, che stanno per essere quindi persi. Ce ne vorrebbero, per un territorio come quello della Capitale, almeno tre-quattrocento di posti letto, ai sensi della convenzione di Istanbul, del Consiglio d’Europa sulla violenza contro le donne ratificata dall’Italia nel 2013.
I politici di spicco del Partito della Giustizia e dello sviluppo (AKP), compreso il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, hanno espresso opinioni misogine. Durante un discorso al vertice internazionale sui diritti delle donne nel 2014, Erdogan ha affermato che le donne non sono uguali agli uomini e che il lavoro manuale non fa per loro a causa della loro “natura delicata”. Ha accusato le femministe di “rifiutare la maternità”. Ha criticato le donne che hanno scelto il lavoro piuttosto che avere dei figli come “mezze persone” e ha equiparato l’aborto all ‘”omicidio”. Altri politici dell’AKP hanno suggerito che le donne violentate dovrebbero portare eventuali gravidanze a termine e non dovrebbero ridere a crepapelle in pubblico. Per anni, il governo di Erdogan ha esortato le donne ad avere almeno tre figli.
Inoltre, numerose ONG per i diritti delle donne sono state chiuse con un decreto di emergenza a seguito del tentativo di colpo di stato del 2016.
Parola di Erdogan
A febbraio, Erdogan ha dichiarato che il suo governo è pronto a rivedere l’accordo sui diritti delle donne del 2011. “Esamineremo nuovamente la Convenzione di Istanbul”, ha detto agli altri componenti del partito. “Adotteremo misure che aumenteranno il tasso di natalità”.
Non è la prima volta che il trattato viene attaccato. Per anni, i politici conservatori e i media filo-governativi hanno esortato il governo a distruggerlo, sostenendo che minacciava i valori della famiglia in Turchia e faceva degli “uomini dei capri espiatori”.
La lotta di attiviste e attivisti per i diritti delle donne in Turchia è diventata però più forte ed Ekin ha sottolineato che questo ha prodotto importanti successi. Ad esempio, grazie a un attento monitoraggio delle cause giudiziarie del femmicidio da parte delle attiviste, le corti raramente emettono condanne ridotte per “ingiusta provocazione”, una pratica diffusa fino a pochi anni fa.
“Questo è il risultato della nostra lotta e continueremo a lottare per la giustizia per le donne”, ha detto Ekin.
Israele e la maternità surrogata
La corte suprema israeliana si è espressa su una legge che impedisce a uomini single e coppie gay di usare la maternità surrogata per avere figli – dando alla Knesset, il parlamento monocamerale di Israele, un anno per approvare una nuova legge.
Un riassunto della decisione resa pubblica dall’Alta Corte di giustizia afferma che le attuali leggi sulla maternità surrogata “violano in modo sproporzionato il diritto alla parità e il diritto alla genitorialità di questi gruppi e sono illegali”.
La decisione è stata unanime. La legge attuale consente la maternità surrogata solo per coppie eterosessuali o donne single che non sono in grado di avere un figlio.
BREAKING: Israel's High Court has ruled that same-sex couples and single men with a genetic connection to the child should have access to surrogacy in Israel, marking the culmination of a decade-long legal battle and a dramatic victory for Israel's LGBT community. 🇮🇱🏳️🌈
— Avi Mayer אבי מאיר (@AviMayer) February 27, 2020
I tentativi degli ultimi anni di estendere l’accesso alla maternità surrogata alla comunità LGBT hanno dovuto affrontare una forte opposizione da parte dei partiti politici ultra-ortodossi.
Una legge del luglio 2018 che estende l’ammissibilità alle donne non sposate ha scatenato proteste a livello nazionale da parte della comunità gay e dei suoi sostenitori per l’esclusione degli uomini gay.
Nell’ottobre 2018, la Knesset ha votato da 49 a 41 per respingere un disegno di legge che estende le leggi sulla maternità surrogata alle coppie dello stesso sesso, nonostante il sostegno al disegno di legge del primo ministro Benjamin Netanyahu. Netanyahu, che alla fine ha votato contro il disegno di legge in persona, ha dichiarato in una nota all’epoca: “Sostengo la maternità surrogata per la comunità LGBT, ma fino a questo momento non abbiamo una maggioranza nella coalizione per approvare la legge. Quando avremo la maggioranza, approveremo la legislazione “.
“Abbiamo vinto!”, dice il gruppo per i diritti Avot Ge’im, “Proud Fathers”. “Questa è una giornata intensa ed emozionante, in cui Israele alla fine avanza a grandi passi verso la famiglia delle nazioni più avanzate del mondo quando si tratta di diritti LGBT. Siamo lieti che dopo 10 anni [di petizioni legali], l’Alta Corte abbia preso la decisione coraggiosa e corretta, che ha fornito giustizia economica e sociale a decine di migliaia di coppie LGBT. C’è ancora molta strada da fare per completare l’uguaglianza, ma ad oggi tutti possiamo stabilire belle famiglie – proprio come tutti gli altri. Ora dobbiamo assicurarci che il prossimo governo approvi una nuova legge”.
2 marzo, Israele al voto
Il presidente del partito Blue and White Benny Gantz ha accolto con favore la sentenza, affermando in una dichiarazione: “È giunto il momento di modificare effettivamente il disegno di legge sulla maternità surrogata, anziché parlarne. Un governo a guida blu e bianca è l’unico che potrebbe modificare il disegno di legge e garantire l’uguaglianza. Netanyahu ha guidato il governo per un decennio e, come al solito, non ha mantenuto le sue promesse”.
Five scenarios for Monday's Israeli election https://t.co/OEFx74rzPJ
— Haaretz.com (@haaretzcom) March 1, 2020
Israele va al voto, per la terza volta in meno di un anno, il prossimo 2 marzo, per eleggere i 120 membri del parlamento, la Knesset, che dovrebbero restare in carica per quattro anni. Le ultime due tornate elettorali, ad aprile e a settembre, non avevano espresso una chiara maggioranza parlamentare.
In campo anche Kol Hanashim, la Voce delle Donne. Per la prima volta nella storia del paese un partito di donne per combattere contro la violenza di genere e il gender gap, per far crescere il numero di donne all’interno delle istituzioni e ridefinire i valori di Israele. “La situazione delle donne in Israele sta peggiorando – ha detto Elana Sztokman, cofondatrice di Kol Hanashim, in un’intervista per il quotidiano Haaretz – Il numero di donne nella Knesset è diminuito, molte donne sono state uccise nel 2019 e la disparità di genere aumenta, eppure nessuno ne parla. Tutti questi problemi vengono liquidati come ‘riguardanti solo le donne’ e nessuno in parlamento se ne interessa”.
In copertina foto Shutterstock
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