24 febbraio 2020 – Notiziario in Genere
Scritto da Angela Gennaro in data Febbraio 24, 2020
Lo sciopero globale delle donne. Coronavirus, annullato tour di Inna Shevchenko. Quante donne ci sono nei media nostrani? Nei Paesi Bassi scompaiono dai centri di accoglienza donne incinte. Panico da coronavirus e aggressioni (a donne). I progressi in Ecuador sulla parità di genere, mentre in Messico la mobilitazione continua.
Musiche El Violador Eres Tu/Sailor Moon Sigla Prima stagione cantata da Cristina D’Avena
Coronavirus e aggressioni sulle donne
In Cina i contagi sono in calo, ma il panico da Coronavirus si sta diffondendo in tutto il mondo. Insieme agli attacchi razzisti collegati alla psicosi del virus. Accade per esempio negli Stati Uniti, non solo in Europa e in Italia. A Los Angeles come a New York, e su e giù per il paese, sono sempre più frequenti le aggressioni a persone asiatiche. Spesso a donne.
The NYPD and the Hate Crime Task Force encourage the victim to report this incident to the police for a full investigation. https://t.co/4Qb4XHVj3Z
— NYPD Hate Crimes (@NYPDHateCrimes) February 5, 2020
Lgbtqi & Bloomberg
È sbucato fuori un video del 2019 che mostra il candidato alla presidenza democratica Mike Bloomberg descrivere le persone transgender come “lui, lei o esso” o come “un ragazzo con un vestito” che entra negli spogliatoi delle ragazze – invocando un cliché conservatore mentre sostiene che la questione dei diritti dei transgender è tossica per i candidati alla presidenza che cercano di accaparrarsi il voto della “Middle America”.
Eppure, la campagna di Bloomberg aveva pubblicato solo martedì scorso un nuovo video in cui si assicurava che l’ex sindaco di New York crede nella ”inclusività” per “LGBTQ + giovani”, con lo stilista Isaac Mizrahi che spiega: “Mike è incredibilmente sensibile a questo problema”. A BuzzFeed un portavoce della campagna di Bloomberg non risponde alle domande su quelle affermazioni, ma ricorda tutti i provvedimenti di Bloomberg come sindaco e con la sua azienda.
Sciopero femminista e transfemminista
«Scrivo dalla sponda delle brutte, per le brutte, le vecchie, le camioniste, le frigide, le malscopate, le inscopabili, le isteriche, le tarate, per tutte le escluse dal grande mercato della gnocca. Scrivo da qui perché l’ideale della donna bianca, seducente ma non troia, sposata bene ma non spenta, che lavora senza fare troppa carriera per non mortificare il suo uomo, snella ma non maniaca delle diete, che rimane indefinitamente giovane senza farsi sfigurare dalla chirurgia estetica, mamma realizzata ma non ostaggio di pannolini e compiti a casa, buona padrona di casa ma non la classica sguattera, colta ma meno di un uomo, questa donna bianca e felice che ci sventolano continuamente sotto il naso, quella a cui dovremmo fare lo sforzo di assomigliare, a parte che ha l’aria di farsi due palle così per poco o niente, poi io non l’ho mai incontrata, da nessuna parte. Mi sa tanto che non esiste».
#KingKongTheory di Virginie Despentes è uno dei più grandi successi della teoria queer e femminista degli ultimi anni, tradotto in sedici paesi, con oltre duecentomila copie vendute solo in Francia.
Devasta l’ordine sociale contemporaneo nel quale i corpi delle donne sono a disposizione degli uomini. In Italia è edito da Fandango, che così descrive il testo. Voce potente con cui il movimento femminista Non Una di Meno lancia le 24 ore di sciopero generale che il movimento ha chiesto a tutte le organizzazioni sindacali di convocare per il 9 marzo: perché l’astensione dal lavoro produttivo sia un’articolazione fondamentale dello sciopero femminista.
Lo sciopero è globale. D’altro canto, ricordano su WomensGLobalStrike, 650 milioni di donne e ragazze ora in vita in tutto il mondo sono andate in sposa da bambine. Il 70% delle donne ha sperimentato almeno una volta nella vita violenza psicologica o fisica da un partner intimo. In media le donne in tutto il mondo guadagnano il 63% in meno degli uomini. Il divario salariale ci impiegherà 202 anni a colmarsi: non vedrò quel momento, nè lo vedranno i nostri figli e figlie.
Femen a Roma
Martedì 25 febbraio era infatti prevista a Roma la presenta di Inna Shevchenko che presenta “Eroiche” alla Libreria Tuba Bazar nel mio amato Pigneto. Inna Shevchenko – leggiamo dall’evento Facebook di Tuba – nasce in una famiglia della classe media ucraina, ed è a 28 anni la leader del movimento internazionale Femen. Dopo dieci anni di attivismo femminista, ha deciso di rendere omaggio a quelle donne che l’hanno aiutata a demolire le imposizioni della società patriarcale. In Eroiche, racconta i personaggi che l’hanno portata a questa liberazione.
Alcune, come Sailor Moon o Maria Botchkareva – militare russa, che combatté nella prima guerra mondiale e costituì il Battaglione femminile della morte – le hanno fatto capire la forza delle donne. Altre, come Eva, l’hanno spinta a rifiutare la morale religiosa sessista e a mordere il frutto della conoscenza. Sequestrata e minacciata dal KGB bielorusso nel 2011, ha ottenuto asilo politico in Francia dopo essere stata perseguitata anche in Ucraina.
(Se siete a Roma, sempre martedì 25 dalle 17 in avanti presidio a Lucha y Siesta contro il distacco delle utenze e la vendita – e l’azzeramento – di uno spazio che da anni è della città e di tutte le donne, a cominciare dalle tante che hanno vissuto qui nei loro percorsi di fuoriuscita dalla violenza).
Donne nei media
Rimaniamo in Italia perché volevo raccontarvi di donne e media. Il prossimo marzo nella sede delle Nazioni Unite a New York, verrà celebrata, 25 anni dopo, la Conferenza di Pechino. Ovvero la quarta di una serie di conferenze mondiali sulle donne organizzate dalle Nazioni Unite: aveva rappresentato la conclusione di un lungo processo preparatorio, internazionale e regionale – spiega il sito dell’Aidos. Le conferenze mondiali sulle donne si sono svolte a Città del Messico (1975), Copenaghen (1980), Nairobi (1985), Pechino (1995), New York (2005) e Milano (2015).
Per l’appuntamento di New York ora, si legge sullo spazio dell’associazione Giulia Giornaliste su Globalist, “brilla per assenza” il nostro governo. Ma a muoversi ora sono le associazioni di donne (da Pangea, a Udi, a Be Free a tante altre), che hanno preparato una contro-relazione. GiULiA si è occupata dell’approfondimento sul tema Donne e media.
I risultati? “La presenza delle donne nei media italiana è massiccia, sfiora il 40%”: su più di 100mila giornalisti iscritti all’Ordine dei Giornalisti, le donne sotto i 35 anni rappresentano il 46,39%, tra i 35 e i 64 anni – cioè la parte più numerosa della categoria – sono poco sopra il 43%, mentre oltre i 64 anni il dato della presenza femminile crolla al 20,11%. Su 100mila, a lavorare effettivamente sono 30mila – 15mila con contratto e altrettanti e altrettante free lance, ma le percentuali uomo/donna sono le stesse (41% di donne in redazione, 44% tra i free lance)”. Nelle redazioni sì. Al potere, ovviamente, no: su un totale di 306 direttori, dice ancora GiULiA, 241 sono uomini e 65 donne: con la consapevolezza del fatto che si tratta, per le seconde, in larghissima parte di responsabili di testate giornalistiche molto piccole, in cui è assente una vera e propria struttura giornalistica. Alla Vicedirezione troviamo 154 uomini e 39 donne. Tra i capiredattori, su un totale di 1.313 contrattualizzati, 942 sono uomini e 371 donne. I dati sono aggiornati al dicembre del 2017. E il pay gap gender? La retribuzione media degli uomini sfiora i 60mila euro, mentre supera di poco i 52mila quella delle donne.
Paesi Bassi
Negli ultimi mesi, decine di donne in gravidanza, per lo più nigeriane, sono scomparse dai centri di accoglienza. I segnali sulle donne africane sono così allarmanti che il Centro specializzato nella tratta e nel traffico di esseri umani (EMM) ha diramato un “allarme” all’inizio di questa settimana in Olanda. Secondo il centro, al momento, si sono registrate almeno 25 sparizioni di donne incinte dell’Africa occidentale a novembre e dicembre dello scorso anno. La maggior parte delle donne e delle ragazze viene dalla Nigeria, ma sono scomparse dai centri di accoglienza olandesi anche donne incinte di Camerun, Repubblica Democratica del Congo e Uganda.
Questions (from @pvda) to secretary of justice about the disappearance of pregnant women from asylum centers.
Full story: https://t.co/j5Kikcl7fA https://t.co/5ygOuJ8Yk0— Lost in Europe (@Lost_in_EU) February 21, 2020
Illogico pensare che le donne lascino i centri di accoglienza di propria iniziativa, dice il Centro. “Scompaiono prima del parto o al termine della procedura di asilo. Questo non ha senso perché soggiornano qui legalmente, hanno un indirizzo di residenza e hanno accesso a tutte le cure mediche e per la maternità richieste”. Non è noto dove vadano, dove partoriscano e cosa succede ai bambini. Il Centro di competenza afferma esplicitamente di essere “seriamente preoccupato” per il destino delle donne e dei bambini non ancora nati e neonati. “È pensabile che sia le donne che i neonati siano o diventino vittime di trafficanti di esseri umani, adozioni illegali o rituali vudù”. Una ricerca di Argos mostra che il fenomeno è costantemente andato avanti nelle settimane di gennaio, nei Paesi Bassi.
Lost in Europe è un progetto internazionale di giornalismo investigativo che ha lo scopo di indagare la sorte delle migliaia di minori stranieri non accompagnati che arrivano in Europa. Ne fa parte la nostra Cecilia Ferrara.
Ecuador
L’inclusione delle donne nei processi politici è uno degli ingredienti chiave della pace sostenibile, dicono le Nazioni Unite. Sebbene il numero di donne nelle cariche politiche sia aumentato in tutto il mondo negli ultimi 25 anni, i progressi sono stati lenti. Al 1 ° gennaio 2020, solo quattro paesi avevano il 50% o più di donne parlamentari (Ruanda, Cuba, Bolivia e Emirati Arabi Uniti). Nella regione delle Americhe, all’ottobre 2019, una media del 30,6% dei parlamentari è donna. A dicembre 2019, l’Assemblea nazionale dell’Ecuador ha approvato un pacchetto di riforme per far avanzare la parità di genere e affrontare gli ostacoli che impediscono alle donne di candidarsi a cariche elettive.
Ecuador has recently passed new laws to advance gender parity and address violence against women candidates in politics.
Data, analysis and recommendations by the UN contributed to this milestone.https://t.co/F1W72quO8B via @undppa pic.twitter.com/8zrSZ2qBr8
— United Nations (@UN) February 23, 2020
L’Ecuador si colloca al sesto posto in America Latina, su 33 paesi, in termini di numero di donne legislatrici nell’Assemblea nazionale. Il numero di donne elette a livello locale, invece, è tuttavia molto basso. Lo studio delle Nazioni Unite si prefiggeva di stabilire, tra l’altro, perché fosse così e cosa si potesse fare al riguardo. La ricerca identifica la discriminazione, ma anche la violenza politica contro le donne, come ragioni del numero scarso di donne funzionari nel paese.
Messico
La ministra degli Interni messicana, Olga Sánchez Cordero, ha ammesso in questi giorni – si legge su MexicoDaily – che tardive sono state le azioni del governo per combattere la violenza contro le donne. Ma che ora l’esecutivo è impegnato ad affrontare il problema a testa alta.
Ha richiesto il sostegno del ramo giudiziario, chiedendo ai tribunali di adottare misure per la protezione delle donne senza la necessità di un report formale sulla violenza di genere.
Ha anche affermato che il governo federale lancerà campagne per la prevenzione della violenza contro le donne in tutte le sue forme e consoliderà vari programmi governativi per proteggere donne e ragazze.
Sánchez ha aggiunto che il governo ha identificato i comuni con i più alti tassi di violenza contro le donne nel paese. Saranno al centro di una campagna globale di misure preventive, servizi alle vittime e azioni penali.
Ci sono stati due crimini di alto profilo contro le donne nelle ultime due settimane: il raccapricciante femminicidio di Ingrid Escamilla e il rapimento e l’uccisione di Fatima, una bambina di 7 anni.
La ministra, ex giudice della Corte Suprema, ha anche aggiunto che l’amministrazione del presidente López Obrador è impegnata a ridurre la disuguaglianza di genere e nella causa femminista. Affermazioni che arrivano dopo che il presidente aveva descritto delle manifestanti in questi giorni di fronte al Palazzo Nazionale come un “collettivo femminista” che si oppone alla “rigenerazione morale che stiamo promuovendo”. “Rispetto i loro punti di vista ma non li condivido”, ha detto il presidente. “Credo che dobbiamo moralizzare il Paese, purificare la vita pubblica e rafforzare i valori culturali, morali e spirituali”.
López Obrador è apparso anche infastidito da una domanda sui femminicidi durante una conferenza stampa in cui voleva piuttosto parlare della lotteria che ha istituito per vendere l’aereo presidenziale, simbolo delle spese pazze dei suoi predecessori. “Non voglio che i femminicidi oscurino la lotteria”, ha detto.
In copertina Virginie Despentes/Wikipedia
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