2021: un anno con l’America Latina | 2/2

Scritto da in data Dicembre 29, 2021

Ed eccoci qua con la seconda parte di questa panoramica relativa all’America Latina. Nella prima parte abbiamo volato su El Salvador, Brasile, Ecuador, Bolivia e Perù. Oggi daremo un’occhiata a Cile, Haiti, Cuba, Argentina, Honduras e Colombia. Partiamo che è tardi!

 

Un podcast di Stefania Cingia. Editing audio Luca Massari.

Per un’esperienza più coinvolgente ascolta il podcast!

Cile: la sinistra latina rinasce

Che il Cile stesse sulla via del cambiamento era nell’aria già da maggio. Il 15 e il 16 maggio i cittadini cileni sono andati a votare per eleggere l’Assemblea Costituente e i governatori regionali, i sindaci e i consiglieri del paese latino. Le elezioni avrebbero dovuto tenersi l’11 aprile ma, causa i troppi contagi da coronavirus, sono state posticipate.
Il 40% dei 155 seggi dell’Assemblea sono stati assegnati a candidati indipendenti e lontani dai partiti tradizionali. Il blocco delle sinistre con il Partito Comunista, Lista Apruebo e Apruebo Dignidad ha ottenuto il 33,2% dei voti, mentre la destra di Vamos con Chile si è fermata al 20,8%. I 155 costituenti appena eletti democraticamente andranno a riscrivere la Costituzione ereditata dall’ex capo di Stato Augusto Pinochet e risalente al 1980.

Nell’ottobre del 2020 i cileni avevano votato a favore della stesura di una nuova costituzione attraverso un referendum concesso in seguito alle manifestazioni scoppiate nel 2019. Vi rimando all’articolo del 2019 dove Pablo ci raccontava cosa stava accadendo in Cile all’epoca.

Restiamo in Cile perché la notizia di pochi giorni fa è una di quelle che farà la storia. Il 21 novembre i cittadini cileni sono stati chiamati alle urne per votare il presidente; il ballottaggio, che ha proclamato il vincitore con il 55,8 % delle preferenze, si è tenuto il 19 dicembre. Il nuovo presidente del Cile è il 35enne Gabriel Boric, figlio di un ingegnere chimico di origine croata che era militante democristiano. Nel 2011 Boric fu uno dei leader di un movimento studentesco che iniziò a scendere in piazza per protestare contro i costi dell’istruzione, evolutosi poi in un più ampio movimento sociale che nel corso degli anni si è sempre mosso contro il governo e il suo modello economico. 

Navigando sulla sua pagina Twitter, Gabriel Boric scrive messaggi con un linguaggio semplice che arrivano veramente a tutti. Il tweet con il quale annuncia la vittoria porta una frase breve e incisiva: «La speranza ha vinto sulla paura. Grazie». I tweet che seguono mostrano l’inizio dei lavori del suo mandato, e i ritweet in cui viene menzionato; uno tenerissimo con una foto di una lettera scritta da Matias e Juanito, due bambini autistici che chiedono al neo presidente di non essere dimenticati. Boric ritwitta la lettera e aggiunge: «Il nostro governo sarà di inclusione. Non sarete soli». 

Insomma, le parole che usa sembrano riflettere una bella persona. Persona che ha vinto portando avanti le richieste del movimento femminista e i bisogni delle minoranze, credendo in una economia verde e criticando i governi di Cuba, Venezuela e Nicaragua. Il suo programma si basa su spesa sociale, tasse, sussidi, transizione ecologica, scuole gratuite, inclusione degli indigeni e rivoluzione del sistema pensionistico.

 

Messico: elezioni di medio termine

A giugno abbiamo assistito alle elezioni di medio termine in Messico. Sono stati votati i governatori, i 500 seggi della Camera Bassa del Parlamento e quasi duemila sindaci e 14.000 seggi nei consigli locali. Il partito Movimiento Regeneración Nacionale (MORENA) del presidente Andres Manuel Lopez Obrador ha perso la maggioranza assoluta nella Camera Bassa, anche se insieme agli alleati resta in maggioranza. Dei 15 governatori in gioco, 11 sono andati a Morena e i suoi alleati, 2 al Partido Revolucionario Institucional (PAN), uno al Movimiento Ciudadano e uno alla coalizione tra il Partido del Trabajo e il Partido Verde Ecologista de México.

Ciudad de México, dopo le elezioni amministrative, mostra un muro fantasma tra est e ovest: i quartieri est hanno votato per Morena, mentre quelli dell’ovest per i partiti tradizionali messicani: PRI, PAN, e PRD.

Fonte: BBC Mundo

 

Haiti: omicidio e terremoto

Due notizie importanti per Haiti: l’uccisione del presidente Moïse e la scossa di terremoto di magnitudo 7.2.

Il presidente di Haiti, Jovanel Moïse è stato ucciso il 7 luglio mentre si trovava nella sua casa nella capitale Port-au-Prince. Sua moglie è stata ferita gravemente e portata, dopo le prime cure, in un ospedale di Miami. 

Pochi giorni dopo, il 12 luglio, la polizia di Haiti dichiara di aver arrestato la mente dell’assassinio, tale Christian Emmanuel Sanon, anni 63, haitiano residente in Florida entrato nel paese con obiettivi politici e affiancato da alcuni cittadini colombiani incaricati della sua sicurezza. Il capo della polizia ha spiegato che la missione affidata al commando era quella di arrestare il presidente della Repubblica, non di ucciderlo, per attuare il colpo di Stato che avrebbe messo Sanon al potere secondo i suoi stessi piani.

Sanon si è sempre dichiarato innocente, ma resta in prigione ad Haiti.
Il presidente della Colombia, Iván Duque, ha riconosciuto la partecipazione di alcuni ex soldati colombiani nell’attacco, mentre il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti conferma che alcuni killer erano stati addestrati dall’esercito americano mentre erano membri attivi delle forze armate colombiane.

Il 14 novembre viene arrestato in Turchia Samir Handal, un imprenditore in volo da Miami, dove viveva nascosto. Sospettatto di aver preso parte all’assassinio del presidente haitiano, attualmente è incarcerato a Instambul. L’ambasciata turca nella Repubblica Dominicana ha ricevuto il 21 dicembre tutti i documenti richiesti da Haiti alle autorità turche nell’ambito di un possibile trasferimento giudiziario di Samir Handal ad Haiti in assenza di un trattato di estradizione tra Turchia e Haiti. 

Il sospettato numero uno dell’uccisione del presidente, di origine colombiana, si trova in Jamaica e, a novembre 2021, non poteva essere estradato. Quello che doveva essere per la Giamaica una semplice espulsione di routine per situazione migratoria irregolare sul territorio giamaicano, si è invece complicata con la conferma dell’esistenza di un avviso di arresto internazionale dell’Interpol riguardante Mario Palacios Palacios. Claude Joseph, il cancelliere di Haiti, ha anche scritto al governo colombiano chiedendogli di “collaborare” affinché Palacios venga consegnato alle autorità giudiziarie haitiane che stanno indagando sull’assassinio del presidente Moïse.

 

Restiamo ad Haiti, dove il 14 agosto un terremoto di magnitudo 7.2 ha colpito il sud del paese, coinvolgendo circa 650.000 persone. Sono stati registrati 2.247 morti e 12.763 feriti, quasi 53.000 case sono state completamente distrutte e oltre 80.000 gravemente danneggiate. Appena due giorni dopo, la tempesta Grace ha colpito la stessa regione provocando inondazioni e frane e aumentando i rischi per la popolazione. Nella regione colpita dal terremoto la maggior parte delle infrastrutture chiave per la protezione di minori sono danneggiate o distrutte e l’accesso ai servizi di base è compromesso. Il sisma ha distrutto e danneggiato 1.060 scuole rendendole inagibili, e sono centinaia di migliaia le persone che ne soffrono le conseguenze. 

Il sisma, inoltre, ha danneggiato oltre 80 strutture sanitarie, compromettendo l’accesso alle cure. Le condizioni di vita affollata nei campi di accoglienza, e l’interruzione dell’acqua e dei servizi igienico-sanitari hanno favorito infezioni della pelle e la diffusione di un’epidemia di colera. In un contesto simile i neonati e i più piccoli sono particolarmente vulnerabili e donne e ragazze sono maggiormente esposte al rischio di violenza fisica e sessuale. Molte ONG nel paese riscontrano un aumento preoccupante della violenza di genere a seguito del terremoto.

 

Cuba in marcia

Siamo a Cuba, dove l’11 luglio sono iniziate le proteste contro il governo, le più partecipate di sempre dal 1959, quando i rivoluzionari di Fidel Castro conquistarono il paese. I manifestanti hanno chiesto le dimissioni del presidente Miguel Díaz-Canel e protestato contro la grave crisi economica, aggravata dalla pandemia a causa della quale sull’isola mancano cibo e generi di prima necessità. A Cuba negli ultimi mesi le file nei negozi di alimentari e nei supermercati approvati dal governo sono lunghissime e i beni venduti nel mercato nero hanno prezzi proibitivi.

Le manifestazioni si sono susseguite nei mesi a venire fino a novembre, quando il 15 è stata indetta la “Marcia civica per il cambiamento” dal movimento Arcipelago, estesa poi fino al 27 novembre. Il governo è sceso con l’esercito in strada, tanto da farla saltare. La protesta non è stata autorizzata dalle autorità e l’opposizione ha denunciato ogni tipo di pressione da parte sia delle forze di sicurezza che dei sostenitori del partito al governo. Il movimento parla comunque di “clamoroso successo” della protesta del 15 novembre nonostante l’opposizione del governo, e ha chiesto una mobilitazione permanente per quasi due settimane, fino al 27 novembre, invitando a vestirsi di bianco e a sfoggiare rose bianche, percuotere casseruole ogni sera alle 21 e parlare con chi non è sui social network per spiegare «cosa sta succedendo al di là del proprio quartiere o comunità». Iniziative per chiedere che «tutti i prigionieri politici e di coscienza» siano liberati, siano garantite la libertà di espressione e il diritto di riunione, cessino «gli atti di ripudio e ogni tipo di violenza tra cubani per ragioni politiche» e venga avviato «un processo trasparente» di risoluzione delle controversie.

Ma Cuba è sempre Cuba e per cosa è famosa, oltre ai sigari e gli alcolici? La sanità. Due mesi fa si registravano migliaia di nuovi casi al giorno di coronavirus e centinaia di morti. Oggi i decessi sono stati azzerati e i nuovi contagi superano di poco il centinaio. Questo grazie a una campagna vaccinale effettuata in tempi record e all’efficacia dei vaccini sviluppati nonostante l’embargo imposto dagli Stati Uniti, che ostacola l’approvvigionamento di materie prime, tecnologie e strumenti. Ma c’è un altro primato, ed è di stretta attualità anche dalle nostre parti: a Cuba sono già stati vaccinati i bambini dai due anni in su. Ci si è concentrati sui vaccini proteici che, a differenza dei vaccini a materiale genetico come Pfizer e Moderna, si basano su una tecnologia già nota e largamente utilizzata anche in campo pediatrico.

 

Argentina: elezioni di medio termine

In Argentina i problemi sono cronici e da sempre si è tentato di nasconderli sotto al tappeto: inflazione al 52%, debito pubblico sempre meno sostenibile, carenza di investimenti esteri ed eccessiva dipendenza dell’economia dal settore primario. E la pandemia, indovinate un po’, non ha fatto che peggiorare la situazione.
Il 14 novembre si sono svolte nel paese le elezioni di medio termine e per la prima volta dal 1983 i peronisti hanno perso la maggioranza al Senato, mentre la maggioranza alla Camera Bassa è sempre più debole con soli 5 seggi di distacco dall’opposizione. Il voto di medio termine è servito a rinnovare metà della Camera dei Deputati e un terzo del Senato e a questo giro la coalizione di governo Frente de Todos (guidata dal presidente Alberto Fernández) ha perso per otto punti percentuali nei confronti dell’opposizione di centro-destra con la coalizione Juntos por el cambio, guidata dall’ex presidente Mauricio Macri. Forse questo risultato può essere letto come un’anticipazione di come andranno le elezioni presidenziali del 2023? Vedremo. 

 

Honduras: prima donna presidente

Il 28 novembre si sono svolte in Honduras le elezioni generali per la scelta del presidente e per il rinnovo del Congresso nazionale, contestualmente alle elezioni del Parlamento centro-americano.

Xiomara Castro, del partito di sinistra Libre, ha vinto con il 50,68% contro Nasry Asfura del Partido Nacional de Honduras, di orientamento conservatore. I media hanno da subito dichiarato che la leader della sinistra Castro è stata la candidata alla presidenza più votata nella storia. Per rimanere nella storia ha un altro primato: quello di essere la prima donna presidente del paese.
La 62enne leader socialdemocratica si è candidata con un programma anti corruzione e la promessa di mettere fine a quello che lei ha descritto come un “narco stato”. Nella campagna elettorale Castro ha detto che sarà una sua priorità avviare negoziati sui migranti con l’amministrazione Biden, ma ha anche definito il fenomeno «un fatto sociale e un diritto», parole che sembrano divergere con l’interesse degli Usa a trovare misure deterrenti ai flussi migratori.

Colombia: gravi violazioni dei diritti umani

E la Colombia? Ne avevamo parlato su Radio Bullets a febbraio con Nevis Cadena e a maggio avevamo ricevuto video e testimonianze sulle rivolte in atto in tutto il paese. Vi invitiamo a riascoltarle per avere un quadro della situazione che non è cambiata per diversi mesi.
Il 15 dicembre l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha pubblicato un rapporto sulle violenze compiute dalle forze dell’ordine colombiane contro i manifestanti tra maggio e luglio 2021. Il rapporto segnala «gravi violazioni dei diritti umani».
L’Ufficio per i diritti umani durante il periodo dal 28 aprile al 31 luglio ha ricevuto informazioni su 63 morti durante le manifestazioni; di queste sono stati verificati 46 casi: 28 sarebbero stati omicidi compiuti per mano delle forze di sicurezza, 10 sarebbero stati commessi da attori non statali e 8 restano senza responsabili. Sessanta sono le denunce di violenza sessuale, 48 commesse verso le donne: 16 vittime sarebbero state attaccate dagli agenti.
L’ufficio in Colombia ha condotto più di 620 interviste a vittime e testimoni, esaminato 83 video, compresi quelli da cellulare. Lo staff ha inoltre tenuto 878 incontri con gli ufficiali del governo, i rappresentanti della società civile e i manifestanti.
Il report riferisce che la polizia ha fatto un uso sproporzionato e non necessario della forza per disperdere i manifestanti pacifici. Armi individuali e fuoco sui dimostranti sono stati usati senza che le forze di sicurezza intervenissero. Questo, aggiunto all’uso inappropriato di altri dispositivi come cannoni ad acqua, gas lacrimogeni, bombe stordenti e fucili antisommossa, avrebbe causato la morte e gravi lesioni fisiche delle persone. Tra le lesioni causate vengono rilevati gravi traumi cranici, perdita di bulbi oculari e deformazioni facciali permanenti.

Il report dichiara che il governo colombiano ha fallito nel garantire la libertà di manifestazione pacifica e di protezione dei diritti umani. Inoltre i manifestanti sono stati criminalizzati e stigmatizzati, e anche i giornalisti e i difensori dei diritti umani sono stati attaccati durante le proteste.

Insomma, la Colombia e il governo di Duque non escono bene dal rapporto Onu. Anche su questo paese, restiamo in attesa di sviluppi.

 

 

Siamo giunti alla fine dei nostri voli e delle nostre picchiate su tanti paesi dell’America Latina. Il 2021 è stato sicuramente un anno molto attivo dal punto di vista politico e sociale e scommettiamo che l’anno nuovo non sarà da meno. 

A proposito di anno nuovo, direi che è giunto il momento di salutarci e di farci un abbraccio virtuale augurandoci il meglio! Quindi: feliz año nuevo e vi lascio con una frase della canzone Latinoamérica dei Calle 13: 

 

Aquí se respira lucha

(Vamos caminando) Yo canto porque se escucha

(Vamos dibujando el camino) Oh, sí, sí, eso

(Vamos caminando) Aquí estamos de pie

¡Qué viva la América!

No puedes comprar mi vida

 

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