«Gorbačëv è una prostituta»
Scritto da Eleonora Viganò in data Maggio 9, 2019
Un nuovo viaggio lungo circa 8mila chilometri e 6 fusi orari attraversando tre paesi, in treno. I primi incontri di chi vive là, di chi ogni giorno da trent’anni viaggia su un treno come cuoca, i primi dialoghi, un pasto decente dopo altrettante confezioni liofilizzate fatte rinvenire al samovar, le dacie, Puškin e ovviamente Gorbačëv.
«Scrivilo, scrivilo che Gorbačëv è una prostituta».
Il suo inglese è fatto di verbi tutti uguali accostati a nomi.
Ha iniziato la conversazione chiedendomi l’età e il numero di figli.
La sua costernazione è sincera: «a 34 anni, donna russa non sposata e senza figli vuol dire che ha problema. Tu no problema. Problema uomini italiani, vero?».
Le sorrido, mentre cerca di piazzarmi il figlio.
E Putin?
«Putin non è né bene né male. Il problema sono i suoi amici che rubano». E continua: «se hai lavoro: tutto bene. Se non lavori è problema. Se hai lavoro, hai casa tua. Con Brežnev era tutto perfetto», mi fa il segno dell’aureola in testa, «la Russia era unita. Università gratis, medicina gratis. Gorbačëv invece era una prostituta. Ha venduto la Russia agli americani».
Si agita sul sedile. Guardiamo fuori, mentre mangio le uova cucinate da lei. Alla fine, dopo tre giorni di cibo liofilizzato fatto rinvenire con l’acqua bollente del samovar, mi sono concessa una visita al ristorante del treno.
Lei, bionda ed enorme ormai non più giovane, fa avanti e indietro da trent’anni, come cuoca. Suo marito lavora su quei treni da trentotto. Hanno una figlia di 30 e un figlio di 36 anni, entrambi laureati.
Da una vita lei e il marito partono da Mosca e arrivano fino al confine con la Mongolia, poi tornano indietro. In estate e in inverno. Guardiamo fuori dal finestrino, indico le dacie e lei non sembra apprezzare: «sono per vecchi, quelle. Per chi non ha lavoro e ci viene d’estate. Coltivano, si rilassano».
Sbuffa.
Non capisce perché gli europei, messicani e brasiliani siano così attratti dal Baikal: «l’inverno scorso, dei matti, con -50° gradi. Studenti senza soldi o anche famiglie, che il bambino stava congelando poverino. Non sanno che qui fa freddo? Non guardano internette? E poi cosa diamine c’è sul Baikal? Noi russi preferiamo rilassarci nuotando in piscina».
Sbuffa ancora prima di cambiare argomento. La sala ristorante è sui toni del bordeaux mischiati al colore ottone, con qualche tonalità arancione. È semplice, vuole sembrare elegante. I tavolini sono piacevoli, così come panche e cibo. Non capisce cosa le chiedo – solo del pane – e così mi tocca mio malgrado mangiarmi altre uova. Mi chiede se mi piace Puškin, le dico che adoro Dostoevskij e le racconto la mia visita al museo di San Pietroburgo dove ho comprato una tazza bellissima, del mio giro cercando piazza Sennaja e… «Dostoevskij?», scuote la testa e indica la tempia con il dito: «malato di mente quello, problemi, problemi nella testa. Noi preferiamo Puškin. È più rilassante».
Comincia il viaggio
Nell’agosto 2016 sono partita con un aereo per San Pietroburgo. Da lì, dopo aver visitato la città per tre giorni, ho preso il primo treno per Mosca: solo una notte di viaggio e quattro giorni tra le sue Chiese ortodosse e la Moscova. Poi è iniziato davvero tutto: un treno e un altro ancora fino ad arrivare a Pechino, passando per la Mongolia. La transiberiana non è un treno, come molti pensano, ma una linea ferroviaria che attraversa tutta la Russia fino a Vladivostok oppure – cambiando il nome in transmongolica – scende giù arrivando a Ulan Bator e oltre. In questo percorso si può decidere di fermarsi nelle città che catturano la curiosità del viandante, di andare, di cambiare anche direzione se si ha tempo e voglia. Di prendere tanti treni facendo molte soste o di prenderne pochissimi per tempi immensi.
Quando ho deciso, grazie al suggerimento di un’amica, di fare questo viaggio, ho anche capito che il mio desiderio era restare il più possibile su quel treno, facendo pochi sali e scendi. Ho deciso di voler acquistare i biglietti sul posto, anche a rischio di perdere treni o di trovarli tutti pieni, pur di non legarmi a un percorso troppo rigido. Da Mosca sono andata senza soste fino a Irkutsk, impiegando tre giorni e quattro notti, spostandomi senza fretta, subendo il fuso orario senza risentirne, senza quasi rendermene conto di minuto in minuto. Poi ho fatto percorsi più brevi, di una sola notte o al limite di un giorno e una notte, fino alla Cina, osservando lineamenti e cibo cambiare con gradualità, amalgamandosi.
Questo viaggio, in realtà, è probabilmente nato senza saperlo molti anni prima, quando ancora frequentavo le scuole medie e un professore di italiano decise di leggere in classe a puntate e ad alta voce Michele Strogoff, di Jules Verne. Ne ero innamorata e ascoltavo con ammirazione avventure che ormai ho dimenticato, tranne quel nome: Irkutsk. Volevo andare lì, mi dicevo senza crederci troppo.
E invece, alla fine, in un giorno di agosto del 2016 sono scesa proprio alla stazione di Irkutsk.
In copertina, foto di Eleonora Viganò
I Viaggi di Eleonora:
Tutte le tappe del viaggio in Russia.
Tutte le tappe del viaggio in Tanzania
Tutte le tappe del viaggio in Etiopia.
Potete ascoltare il nostro notiziario quotidiano, a cura di Barbara Schiavulli, Paola Mirenda e Cecilia Ferrara con i Balkan Bullets.
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