Il mistero di Evita

Scritto da in data Dicembre 18, 2020

La storia di una donna, la storia di un amore. Due vite, due persone. María Eva Duarte e Juan Domingo Perón. Il mistero di Evita (Chiarelettere), una inchiesta su una storia di cui il mondo ha sentito parlare almeno una volta. Valentina Barile ne parla su Radio Bullets con Giovanni De Plato – psichiatra, professore all’Università di Bologna e direttore di master alla sede di Buenos Aires, primario ospedaliero e direttore del Dipartimento di Salute mentale dell’Asl di Bologna Nord – e Federico Rodríguez Lemos, giornalista argentino.

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(Doppiaggio di Barbara Schiavulli e Giuliano Terenzi)

Chi è María Eva Duarte?

«Al primo respiro, venendo al mondo, ero già bollata dall’ignominia. Portavo il nome della prima donna, Eva, e il cognome di mia madre, Ibarguren. Era il destino di molte donne: usate, violentate e abbandonate. Sono nata nel 1919 in un casale di campagna. Poco distante da Los Toldos, nella provincia di Buenos Aires. Un villaggio di quattro case in mezzo ai campi, fatto di miseria e schiavitù. Sono l’ultima di cinque figli senza padre. Una covata di bestiole più che una famiglia. Mia madre era una donna bella e intelligente, ma avviata dalla miseria a un destino di serva». – Il mistero di Evita di Giovanni De Plato (Chiarelettere).

Una narrazione in soggettiva in cui i personaggi parlano passandosi il testimone attraverso l’anima dell’autore che ci spiega qualcosa in più su Radio Bullets. Giovanni de Plato: «Voglio subito precisare che “Il mistero di Evita” non è un romanzo, ma è una storia reale descritta in forma narrativa. I documenti sono andati distrutti o sono stati falsificati. Chi è Evita? Evita sicuramente non è un’eroina, non è una santa, è una donna. Una donna piena di dignità, una donna molto autorevole, molto affascinante, tanto da essere la donna del Novecento, non soltanto in America Latina e in Argentina. È una donna ammirata in tutto il mondo, e naturalmente sono state molte le produzioni artistiche sulla sua vita e sulla sua morte. Vita e morte che ancora sono un segreto. Il segreto sta anche nel fatto che Evita è stata una grande interprete del peronismo. L’ha fondato, l’ha voluto far crescere e sviluppare ma è stata anche la vittima di questo peronismo quando ha incominciato a degenerare, e la degenerazione è iniziata quando Perón, il marito presidente, le chiede di rinunciare alla vicepresidenza proposta dal sindacato, proposta dai lavoratori però non accettata da quelle che erano le oligarchie militari, cattoliche e massoniche del Paese».

Chi è Evita?

La Storia nel suo fluire lascia dei punti scoperti come una striscia bianca su una strada che corre, sminuzzando la vernice e scoprendo i minuscoli granelli di asfalto. Vi sono dei nodi troppo dolorosi da affrontare per alcuni popoli del mondo in precise epoche storiche, che tardano a ottenere una definizione. Il nome di Evita è ancora innominabile in Argentina, parte del popolo aspetta tempi migliori per pronunciarsi. Vediamo il perché con Giovanni De Plato: «Evita, in Spagna, all’aeroporto di Madrid incontra l’arcivescovo di Venezia, Monsignor Roncalli, che poi diverrà papa Giovanni XXIII, il quale l’apostrofa dicendo: “So che lei si sta battendo per gli umili… sappia che se questa lotta la fa sul serio, finirà sulla croce”. In effetti, Evita finisce sulla croce ma in sala operatoria. In una sala operatoria dove un neurochirurgo la opera per lobotomia, nonostante lei avesse un cancro, ma questa lobotomia doveva servire ad accelerare la sua fine. Fine voluta dai servizi segreti argentini e americani per quella che era stata la sua grande rivoluzione, ritenuta non sopportabile da quello che era allora il potere nazionale e internazionale, e per abbreviare la sua vita, appunto, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti invia un neurochirurgo a Buenos Aires che, di nascosto, la opera di lobotomia ed Evita Perón, dopo una settimana, muore. Ed è la sua fine come grande rivoluzionaria, come grande interprete della rivoluzione sociale che voleva il riscatto degli umili, dei lavoratori, ma tutto questo non le fu possibile».

Giovanni De Plato, Studio di Evita in Buenos Aires

Federico Rodríguez Lemos, da Buenos Aires, disegna il profilo di Evita, come era affettuosamente chiamata dal suo popolo: «Eva significa lotta. Eva significa ribellione. Di quelle donne incontestabili al potere. Sebbene vi fossero, nella politica nazionale, donne prima di lei, come Alicia Moreau de Justo, molto importanti nella lotta femminista, ciò che fece Eva fu dar corpo alle intenzioni che avevano le prime femministe e riuscì a ottenere con il governo peronista il suffragio femminile nel 1951. Sebbene fu una conquista femminile, il governo Perón la realizzò. Questo fu Eva. Fu la ribelle, la “negrita” per alcuni luoghi e persone. Fu una persona che, quando arrivò il momento della malattia che la portò alla morte a una tenera età, dovette sopportare di vedere sui cartelli e per le strade di Buenos Aires “Viva il cancro!”. Questo esempio di lotta arriva fino a oggi con Eva Perón. Credo che le donne prendano questo riferimento per contestare le forme e i metodi maschilisti del potere e, giustamente, per portare la donna a un posto fondamentale nella società, al pari dell’uomo, come deve essere in tutti gli ambiti. Credo che questo voglia dire Eva: affrontare le diversità, cui lei stessa dovette far fronte nella sua vita, nascendo in un contesto povero ma non dimenticandosi delle sue origini e lottando per gli ultimi». Giovanni De Plato conclude su Radio Bullets: «Spero che questo libro possa essere tradotto in spagnolo e venduto in Argentina perché è un invito agli argentini a riflettere sull’esperienza del peronismo e sul suo declino fino alla fase attuale. Credo però che gli argentini non siano pronti per aprire questa riflessione su quello che è stato un periodo nobile, ma anche tragico fino a oggi, e parlare del male del peronismo. In realtà, c’è un mistero che riguarda anche noi italiani perché bisogna sapere che Evita, nel ’57, fu portata in Italia e fu sepolta nel cimitero monumentale di Milano sotto il nome di Maria Magi De Magistris. Per diciassette anni, fino al 1971 quando i peronisti ritornano in Italia, recuperano la salma di Evita e la portano a Madrid, dove si era rifugiato il colonnello Perón. Perché l’Italia in questa trama internazionale e perché ospita in uno dei suoi cimiteri della città di Milano la salma di Evita? Perché? Quali interessi? E quali relazioni? È un periodo buio, anche quello, nell’Italia degli anni Cinquanta-Sessanta, che il caso di Evita ci riproporrebbe di chiarire».

Arriveranno le risposte?

La Storia ha il tempo dalla sua parte, il continuo fluire apre di tanto in tanto delle crepe nello spazio che permettono l’analisi, la riflessione. E dal passato si apprende per ripartire con una identità più solida. Concludiamo questo appuntamento letterario con l’ultimo struggente messaggio di María Eva Duarte al popolo argentino: «Ho solo un’ambizione personale: che il giorno in cui si scriverà il capitolo meraviglioso della storia di Perón, di me si dica questo: c’era, al fianco di Perón, una donna che si era dedicata a trasmettergli le speranze del popolo. Di questa donna si sa soltanto che il popolo la chiamava con amore: Evita».

Il consigli letterari della settimana

L’atlante delle donne, Joni Seager (Add Editore)
Mar De Plata, Claudio Fava (Add Editore)
Buenos Aires, ritratto di città, Nick Caistor (Odoya)

Libreria On the road
di Martina Castagnoli
Via Vittorio Emanuele, 32
piazza Giorgini
50134 Firenze

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