La lotta degli ascolti: TV generalista VS streaming
Scritto da Teresa Soldani in data Dicembre 8, 2020
Come sono calcolati gli ascolti negli USA e chi vince la lotta degli ascolti tra TV generalista e servizi streaming? Dopo esserci addentrati nel “dietro le quinte” delle serie televisive è arrivato il momento di affrontare la spinosa questione degli ascolti delle serie TV negli Stati Uniti, di come siano calcolati e di come si pongano rispetto al mercato dello streaming e influenzino quello estero.
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Nielsen Media Research
Sicuramente vi sarà capitato di appassionarvi a uno show televisivo arrivato da poco nel nostro paese, per scoprire poi con sgomento che era stato cancellato “a tradimento” dopo una sola stagione. Se così fosse, sappiate che l’ente con cui dovete prendervela si chiama Nielsen.
Se avete seguito i podcast di Terevisione, avrete già sentito parlare della Nielsen Media Research, la compagnia americana che si occupa a tutt’oggi del monitoraggio dei dati di ascolto della TV generalista, sin dagli anni Cinquanta. Per non ripeterci vi sintetizziamo quindi che la Nielsen, come nel caso del nostro Auditel, rileva gli ascolti di un campione di famiglie americane − scelto in base all’età, al sesso, alla geografia e alla razza in modo che rispecchi la totalità della popolazione americana − a cui fornisce uno speciale apparecchio che monitora le abitudini di ogni membro della famiglia a cui viene affidato. Questi dati vengono poi analizzati in quattro specifiche settimane − dette sweeps − nei mesi di febbraio, maggio, luglio e novembre.
Il primo dato che si evince da questo metodo è che nel mercato dell’audio-televisivo, quindi, a contare sono solo ed esclusivamente le “famiglie Nielsen”. Le abitudini del resto della popolazione valgono più o meno quanto quelle di un utente “X” che decida di scaricare illegalmente un episodio da Internet: cioè nulla. Questa premessa, che può sembrare banale, è in realtà molto importante per sottolineare quanto inutili siano, per esempio, quelle campagne social che nascono a volte in difesa della cancellazione di una serie e che invitano gli utenti a guardare uno show in diretta e non in differita per migliorarne gli ascolti. La triste realtà è che se non si è un membro di una “famiglia Nielsen”, il dato su cosa si guardi o non si guardi live non viene semplicemente rilevato.
Se si è invece parte di quel campione, le abitudini degli ascolti hanno grande importanza per il mercato che, nello specifico, non si limita a registrare i dati di ciò che si sceglie di guardare in diretta, ma anche in differita e con specifiche distinzioni. La Nielsen monitora infatti i dati Live+same day, C+3 e Live +7.
I Live+same day sono i primi a essere rilasciati e misurano la media in minuti della visione di un programma e della pubblicità (sia esso guardato in diretta o registrato), fino alle 3 del mattino successivo alla sua messa in onda.
I C+3, in cui la “C” sta per “commercial”, cioè “pubblicità”, sono anche i più importanti e misurano quanta pubblicità all’interno di un prodotto venga guardata, in media, al minuto entro 3 giorni dalla messa in onda di un programma.
I Live +7, infine, misurano la media in minuti di visione di un programma e della sua pubblicità a 7 giorni dalla sua messa in onda, ma non hanno grande valore dal punto di vista commerciale e non interessano i pubblicitari, che basano invece le loro scelte sui primi due dati rilevati.
Ed è qui che è necessario fare la seconda precisazione: questo sistema non è un monitoraggio dei gusti degli spettatori fine a sé stesso, ma serve a stabilire quanto costa per un inserzionista inserire la pubblicità del proprio prodotto all’interno di un dato programma, con un prezzo che varierà proporzionalmente con il successo della serie. Ragione per cui il dato che davvero conta per i network non è tanto quello del numero di milioni di spettatori che seguono una serie, quanto quello indicato dalla fascia demografica di età compresa tra i 18 ed i 49 anni, cioè quella con il maggior potere di acquisto.
Rating e share
Gli ascolti in America sono infatti espressi in termini di rating e share e di milioni di ascoltatori.
Il rating è una percentuale che si ottiene dividendo il numero delle “impression” per gli “Universe”. Le impression sono le opportunità che ha uno spettatore di essere esposto a una specifica pubblicità, lo “universe” è invece il totale di un gruppo di persone che condivide alcune comuni caratteristiche.
Lo share, a differenza del rating, indica invece la percentuale di case con una televisione accesa, a prescindere dal programma che i suoi occupanti stiano guardando.
Inutile dire che questo sistema non è perfetto e soprattutto è antiquato rispetto a come il panorama della televisione sia ormai cambiato negli anni, soprattutto con l’avvento dei servizi streaming che hanno pesantemente influenzato le abitudini degli spettatori e che sono tenute in un certo senso fuori dai giochi, anche e soprattutto per loro scelta.
Servizi come Netflix e Amazon Prime Video, per esempio, non diffondono volentieri i loro dati di ascolto e si sa molto poco su come valutino il successo o il fallimento di una serie o di un film. Di recente Netflix ha annunciato di aver cambiato il suo sistema di monitoraggio delle visualizzazioni dei propri contenuti. Mentre prima veniva conteggiato il dato di chi aveva visto almeno il 70% di un prodotto, ora si tiene in considerazione solo quello di chi ne ha guardato almeno due minuti, compreso l’autoplay, un sistema che appare quindi molto lontano da quello adottato dalla Nielsen per la TV generalista e che mette in risalto quanto vecchio sia tutto questo procedimento, soprattutto quando si ha la necessità di valutare dati tanto diversi. Come abbiamo già specificato, per la TV generalista, quello che conta davvero è il calcolo dell’esposizione del pubblico alle pubblicità e non a una serie TV in particolare, mentre questo ragionamento non può essere assolutamente applicato a piattaforme che, per loro stessa composizione, non hanno inserzioni pubblicitarie.
Ciò detto, non si può affermare che la Nielsen non abbia in assoluto tentato approcci di valutazione più moderni con progetti come il “Nielsen Twitter TV Rating”, con cui si è creata una misurazione del successo di un programma in base al numero delle interazioni che lo riguardavano su Twitter. Ma fino a che i potenziali inserzionisti continueranno a comprare spazi pubblicitari basandosi sul vecchio sistema, qualsiasi tentativo di modernizzazione cadrà nel vuoto, soprattutto se non si troverà un modo di valutare su una base di comparazione i dati della televisione generalista e quelli dei servizi streaming.
Per dirla in termini brutali, ma anche per far capire fino a che punto il pubblico stesso si sia creato un’idea sbagliata sulla propria posizione o importanza all’interno del mercato dell’audio-televisivo, gli ascoltatori non sono affatto considerati i clienti dei network e quindi la categoria da accontentare, ma sono piuttosto la merce di scambio in base alla quale questi ultimi traggono i loro profitti. Non sorprendetevi, quindi, quando la serie che tanto amate viene cancellata senza alcun riguardo per le critiche positive, il genere di entusiasmo e fermento che crea o le conversazioni che alimenta fuori e dentro i social, perché la vostra opinione conta relativamente.
L’avvento dei servizi streaming
Come accennavamo, poi, l’avvento dei servizi streaming è giunto a rompere le uova nel paniere di un sistema ormai consolidato da anni e la situazione sta andando deteriorandosi. Netflix, per esempio, che è stata fondata nel 1997 ed è arrivata sul mercato estero nel 2010, in Canada prima e in Europa poi, nel 2012, ha cominciato a produrre l’anno dopo i primi contenuti originali con il seguitissimo House of Cards, diventando così un competitor diretto della TV generalista, come ormai lo sono anche Amazon Prime Video, Hulu e i molti altri servizi streaming spuntati come funghi nel panorama televisivo.
Nel mercato locale americano, ora che queste piattaforme non sono più meri contenitori di prodotti creati da terze parti, la TV generalista ha cominciato a correre ai ripari, creando canali streaming in cui riversare i propri contenuti ed evitando così di far, per così dire, arricchire Netflix e fratelli con il sudore della loro fronte, creando però anche una saturazione nell’offerta che potrebbe prima o poi fare implodere il mercato. Quante persone, dopotutto, possono permettersi di pagare così tanti servizi streaming insieme, soprattutto ora che piattaforme come Disney+, AppleTV+ e HBO Max hanno invaso il mercato proponendo contenuti originali di altissima qualità?
Che ci sia un problema di eccesso di offerta è piuttosto evidente e lo si è evinto anche prima che progetti come DC Universe o Quibi fallissero miseramente, la prima venendo inglobata da HBO Max e la seconda diventando uno dei più grandi flop degli ultimi anni a fronte di ingenti investimenti.
Al momento non resta quindi che attendere una stabilizzazione del mercato che, in un certo senso, passa anche attraverso un aggiornamento dei sistemi di monitoraggio degli ascolti, che riesca in qualche modo a superare una delle più grandi differenze tra TV generalista e servizi streaming, e cioè che una piattaforma che non ha spazi pubblicitari da vendere non ha bisogno della Nielsen.
Questa rivoluzione nel business dell’intrattenimento è tuttavia così recente che la confusione che regna in termini di misurazione degli ascolti non ci stupisce affatto, soprattutto perché il modo in cui viene prodotto uno show per la TV generalista e per una piattaforma streaming è così diverso da influenzare anche il metodo di monitoraggio del suo successo o fallimento, il che impone di attendere che sia il mercato stesso a decidere e fissare delle nuove regole che si basino sulla risposta del pubblico. Siamo in piena rivoluzione e, di fatto, non possiamo fare altro che vedere dove la corrente ci trascinerà, godendoci nel frattempo i molti spettacoli che ci sono messi a disposizione.
E siamo così giunti al termine anche di questa puntata di Terevisione che si prende una breve pausa e tornerà in onda martedì 5 gennaio per altre novità dal mondo della televisione, davanti e dietro le quinte. Prima di salutarvi e di augurarvi buone feste vi ricordiamo come sempre che se avete domande, idee o curiosità sulle serie TV, potete contattare Radio Bullets sui social e noi vi risponderemo.
Buon Natale, buon Anno, buona Befana e alla prossima!
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