Afghanistan: una generazione da salvare

Scritto da in data Agosto 17, 2022

KABUL — Nel suo ufficio a Kabul abbiamo incontrato Christopher Nyamandi, direttore Save the Children Afghanistan. Alle spalle, l’immagine di alcuni bambini afghani. Sono tempi duri per i bambini, lo sono sempre stati, ma ora la situazione peggiora di giorno in giorno. Nyamandi è nel paese da sette anni, Save the Children molti di più e come ogni organizzazione umanitaria ancora presente combatte per cercare di migliorare la vita degli ultimi, dei più piccoli, cercando di proteggere quella che è la generazione futura di un paese. Ma per proteggerla bisogna anche sfamarla.

Afghanistan, un anno dopo, che cosa sta succedendo? Qual è la situazione dei minori? Cosa è cambiato da quando sono arrivati i talebani?

Voglio partire da una buona notizia, ed è che ora siamo in grado di andare in luoghi che in passato non erano raggiungibili a causa dei combattimenti. Ho viaggiato in diverse province, sono andato in comunità che da almeno cinque anni non potevamo raggiungere a causa dell’insicurezza. E quando si va da quelle parti, nelle zone più remote e lontane, si capisce quanto siano state difficili le condizioni di vita in Afghanistan, anche quando ancora la comunità internazionale era qui. Ci sono luoghi e comunità che sono rimasti esclusi e non hanno mai avuto accesso ai servizi pubblici. Ora che i combattimenti si sono fermati possiamo raggiungerli. E questa era la buona notizia. Ma ce ne sono anche di cattive e di molto cattive. Quella a cui stiamo assistendo, è la più grande crisi umanitaria al mondo. Vediamo quello che causa il collasso economico, disoccupazione, fame: le famiglie hanno fame, i bambini sono malnutriti. Milioni e milioni di bambini. Questo non è un ambiente in cui un bambino dovrebbe crescere, per loro è tutto più difficile.

Parliamo di maschi e femmine?

Di entrambi, ma per le ragazze è peggio. Le scuole secondarie sono chiuse. Ma anche le scuole primarie hanno meno studentesse, i genitori hanno paura, pensano alla loro sicurezza, e questo ha un effetto agghiacciante sull’intero sistema educativo. Vero anche che, soprattutto nel sud, molti bambini già non andavano a scuola. Prima che arrivassero i talebani, tre milioni e mezzo di bambini non frequentavano la scuola.

Quanto conta che una famiglia sia tra le famiglie conservatrici?

Le comunità conservatrici sono sempre esistite, sono stato nella provincia di Paktika qualche settimana fa e i bambini non vanno a scuola. Maschi e qualche femmina frequentano le madrasa o, peggio ancora, non ci vanno per niente. Anche perché la politica dei talebani scoraggia i genitori a mandare le figlie a scuola, e se i genitori sono preoccupati per la loro sicurezza, le terranno a casa.

Questo accadeva anche prima che ci fossero i talebani?

Certo, ma ora c’è una politica governativa che ti invita a tenerle a casa. Tra l’altro abbiamo scoperto che quando parliamo di ragazzi e ragazze, è maggiore la possibilità che queste ultime soffrano la fame e vadano a dormire affamate. I genitori sono costretti a fare scelte difficili, come scegliere chi far mangiare, chi andrà a lavorare o chi a scuola.

Spesso si parla di bambini venduti, ne siete a conoscenza?

È difficile da verificare. Oggi le famiglie chiedono ai figli di andare a mendicare, di andare a lavorare nelle fabbriche di mattoni, le bambine si sposano sempre più giovani sperando che le condizioni economiche migliorino. Non è difficile pensare che alcuni bambini possano essere usati per pagare debiti o ottenere risorse. Non sono informazioni facili da ottenere.

È aumentato il traffico di bambini?

Quello c’è sempre stato. I trafficanti sono sempre al lavoro in Afghanistan. Ogni volta che mandi un bambino a lavorare o a mendicare, può finire in balia dei trafficanti. Durante il periodo della raccolta dei pistacchi, i minori vanno nei paesi vicini per lavorare. E questo li espone, corrono un rischio maggiore di essere vittime della tratta quando non sono accompagnati.

I talebani potrebbero fare qualcosa per migliorare la situazione? Cosa dite ai donatori per farvi aiutare?

Barbara, questa è una crisi causata dall’uomo. I talebani potrebbero annunciare politiche che proteggono i minori, come consentire loro di andare a scuola, investire più risorse nell’istruzione, nella salute e altri servizi di base di cui i bambini hanno bisogno. La comunità internazionale potrebbe sbloccare i fondi dell’Afghanistan. Potrebbero. C’era già un impegno a sbloccare fondi per quattro miliardi. Ma i soldi restano congelati e a causa di questo l’economia continua a precipitare. Noi, come le organizzazioni internazionali stiamo facendo del nostro meglio, distribuiamo soldi, cibo alle famiglie per aiutarle e sostenerle. Abbiamo sessantasei cliniche in tutto il paese che forniscono sanità di base. Abbiamo oltre tremila classi per bambini, maschi e femmine. Ma non basta. E lo stesso vale per le altre organizzazioni, comprese le Nazioni Unite, dobbiamo essere onesti sul fatto che quello che facciamo non è abbastanza.

Ma non dovrebbe essere il vostro lavoro, quello sostituirvi a uno Stato.

Esatto, dovrebbero esserci servizi pubblici e privati. Ci vogliono soluzioni climatiche, visto i tre anni di siccità, ma a causa delle condizioni politiche di questo paese niente funziona.

Andrà sempre peggio?

È difficile prevedere cosa succederà. Ma quello che sappiamo per certo è che in questo momento quattro milioni di bambini sono malnutriti. Ci sono problemi nelle catene di approvvigionamento con la flotta del grano proveniente dall’Ucraina, e fertilizzanti che avrebbero dovuto arrivare da Ucraina, Kazakistan e paesi limitrofi. È difficile per noi non immaginare che nei prossimi due anni parleremo ancora dei problemi che riguardano bambini che muoiono a causa della malnutrizione, bambini che muoiono perché non hanno accesso alla sanità. Bisogna affrontare i problemi. Bisogna che l’assistenza umanitaria sia potenziata. Alle ragazze non è stato negato solo l’accesso all’istruzione. La loro vita è stata alterata per il resto della loro esistenza. Per molte di loro sarà difficile riprendersi dopo un anno chiuse in casa, e poi non dimentichiamoci che prima c’era il Covid-19 e la guerra. Il sistema educativo non era certo eccezionale neanche prima. Ora però vivono un forte sentimento di emozione e tristezza. Potrebbe essere difficile per loro diventare membri produttivi della società anche solo per quello che stanno vivendo in questo momento. È necessario affrontare le loro esigenze subito. E soprattutto bisogna pensare che metà della popolazione sta affrontando una fame estrema. Sei milioni di persone sull’orlo della carestia. Quando arriverà l’inverno, le cose peggioreranno. Abbiamo bisogno di finanziamenti immediati, in questo momento, per aiutare le persone a superarlo, soprattutto ora che possiamo raggiungerle. Il terremoto ne è stato un esempio. Se poi si aggiungono le questioni culturali profondamente radicate, la vita delle ragazze diventa sempre più difficile. Se poi vieni da una famiglia povera, da una minoranza o sei uno sfollato, sei una persona ancora più a rischio.

Ti potrebbe interessare anche:

Afghanistan: uomini che odiano le donne

E se credi in un giornalismo indipendente, serio e che racconta il mondo recandosi sul posto, puoi darci una mano cliccando su sostienici


[There are no radio stations in the database]