Libia e traffico di esseri umani, “Italia ed Europa complici”
Scritto da Alice Corte in data Novembre 5, 2020
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Il 28 ottobre è stato presentato il “Dossier Statistico immigrazione 2020”, lavoro curato del Centro studi IDOS con la collaborazione di Confronti e il sostegno dell‘Otto per mille valdese e metodista. Per il trentesimo anno il dossier racconta come cambia il fenomeno migratorio a livello nazionale e internazionale, con il contributo di numerosi ricercatori e ricercatrici che ne analizzano i vari aspetti. Abbiamo chiesto a una di loro, Nancy Porsia, giornalista specializzata sulla Libia, di raccontarci ciò che è cambiato quest’anno nel Mediterraneo centrale tra la fine della “guerra guerreggiata” nel Paese, la crisi tunisina e la pandemia da Covid-19.
Il quadro tracciato da Nancy Porsia, sia per quanto riguarda “Mare nostrum” che per il resto del mondo, non appare confortante e la politica europea e italiana, esternalizzando e “appaltando” la gestione dei propri confini a uno stato fallito come la Libia, non sono prive di “colpe”. Questo in linea con una tendenza globale: al progressivo e sostenuto aumento dei migranti si oppone una sempre più diffusa politica dei muri, dei porti chiusi e dei respingimenti a tutti i costi, compresi quelli in vite umane.
Secondo quanto riportato nel resto del dossier i numeri della migrazione internazionale, negli ultimi anni, sono particolarmente drammatici: includendo i migranti interni e internazionali, sono un miliardo le persone coinvolte. Il 40% dei migranti forzati (79,5 milioni) è costituito da bambini. Tuttavia la situazione italiana appare abbastanza stabile, andando ancora una volta a smentire le ipotesi di “invasione” ventilate da alcuni politici.
In copertina Flickr/Irish Defence Forces | L’unità navale irlandese LÉ Eithne (P31) in un’operazione di soccorso migranti nel Mediterraneo centrale nell’ambito dell’Operazione Triton.
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