Il MES conviene oppure no?

Scritto da in data Novembre 2, 2020

In Italia continua il dibattito sul MES. Cerchiamo di capire come funziona, e se ci conviene davvero, in questa nuova puntata di Economicando.

Per un’esperienza più coinvolgente, invece di leggere ascoltate il podcast 

Il dibattito sul MES

Nello scorso mese di aprile la baronessa Ursula Von Der Leyen, presidentessa della Commissione Europea, sentì il bisogno di chiedere scusa all’Italia con le seguenti parole: «È vero che molti erano assenti quando Roma ha avuto bisogno di aiuto all’inizio di questa pandemia». Nei giorni successivi in Italia si sarebbe ripresentato all’attenzione delle forze politiche il dibattito sul famigerato MES e quelle scuse furono da molti interpretate come il tentativo, un po’ maldestro, di ingraziarsi l’opinione pubblica italiana spingendola ad accettare il tanto contestato “fondo salva stati”. Quando una nobil dama, per giunta di stirpe teutonica, mostra attenzione per i problemi di un popolo c’è sempre da diffidare.

Era già accaduto nella storia, all’inizio della Rivoluzione Francese, pare (pare, perché non è chiaro se sia storia o leggenda), che la Regina Maria Antonietta, di fronte al fragore dei tumulti popolari chiedesse per quale ragione si agitassero tanto. La risposta fu: «Il popolo ha fame e non ha il pane». La risposta della coronata testa fu: «Se non c’è pane dategli le brioches!». I francesi, che sono gente un po’ incazzosetta, non apprezzarono la risposta e optarono per la decollazione della regina. La graziosa testolina bionda di sua maestà rotolò in un proletario cesto di vimini ai piedi di una ghigliottina.

Il dibattito sul MES ha continuato a svolgersi per tutti questi mesi fino alla dichiarazione, fatta un paio di settimane fa dal nostro premier, professor Conte, il quale ha pubblicamente affermato che, almeno per ora, l’Italia non chiederà il MES. Questo rifiuto è stato argomentato con validissime ragioni economiche, ma in realtà quel che il professor Conte non ha detto e non poteva dire è che la ragione principale per la quale l’Italia non chiederà il MES non è economica ma politica. La sua maggioranza è fortemente spaccata su questo argomento. D’altronde se guardiamo l’intero quadro politico italiano il tema del MES taglia trasversalmente tutti gli schieramenti. A grandi linee a favore del MES sono il PD, Italia Viva di Renzi, Azione di Calenda, Più Europa della Bonino, Forza Italia di Berlusconi e alcuni esponenti di LEU come l’onorevole Bersani. Contrari al MES sono la Lega di Salvini, Fratelli d’Italia della Meloni, gran parte del Movimento 5 Stelle, nuovi raggruppamenti nati da scissioni nei 5 Stelle come Italexit fondata da Gianluigi Paragone, esponenti di LEU come l’onorevole Fassina che, tra l’altro, per mestiere e formazione è un economista. All’interno dei 5Stelle pare ci sia quella che, giornalisticamente, viene definita l’ala governista che, invece, sarebbe più possibilista ma è minoritaria. Come si vede quindi le posizioni sono molte variegate.

Cerchiamo di uscire dalla solita tendenza italiana a trasformare qualunque argomento in una sorta di derby calcistico con tifoserie che esultano a favore dell’una squadra o dell’altra per partito preso, e cerchiamo invece di capire qual è l’oggetto del contendere. Vediamo innanzitutto gli aspetti economici e poi vediamo alcuni punti politici.

Gli aspetti economici del MES

Il MES, Meccanismo Europeo di Stabilità, chiamato anche “fondo salva Stati”, fu messo in piedi tra il 2011 e il 2012 per affrontare la crisi greca ma allora si chiamava in un altro modo. Negli anni successivi il meccanismo è stato riformato e perfezionato e gli è stato cambiato nome, ma se non è zuppa è pan bagnato.

La prima domanda da farsi è perché l’Unione Europea ha avuto bisogno di creare un “fondo salva Stati”? La Cina, la Russia, gli Stati Uniti, il Regno Unito, l’India, il Brasile o qualunque altro paese del mondo hanno qualcosa di simile? Assolutamente no!

In tutti gli altri paesi del mondo esiste una Banca Centrale che svolge appieno la funzione di prestatore di ultima istanza, cioè in caso di crisi economica o finanziaria stampa moneta. Questa funzione la BCE per Statuto non può svolgerla perché i paesi dell’area Euro hanno costituito un mercato comune, una moneta comune ma non hanno mai messo in comune i relativi debiti pubblici. Ora in realtà, anche la BCE attraverso accrocchi tecnici, nei momenti critici come quello attuale interviene, di fatto sostenendo i paesi aderenti. Lo abbiamo spiegato nella puntata precedente nella quale abbiamo parlato del PEPP, il programma straordinario messo in piedi dalla signora Lagarde per affrontare la crisi di questi mesi.

Ma oggi, nel 2020, come funzionerebbe questo “fondo salva Stati”? Il MES potrebbe concedere prestiti fino a un importo del 2% del PIL di ogni Paese, quindi per l’Italia si tratterebbe di circa 36 miliardi di euro. Qualcuno dice che quel prestito è privo di qualunque condizionalità perché così hanno sostenuto autorevoli leader politici dell’Unione Europea. Noi, che siamo un po’ smaliziati e alle dichiarazioni dei politici diamo solitamente nessun credito, abbiamo cercato di documentarci in proposito.

L’unica condizionalità che è stata eliminata è quella che riguarda l’accesso, mentre prima potevano accedere ai prestiti del MES soltanto i paesi che non avevano più accesso ai mercati finanziari, quindi per dirla in termini grossolani erano talmente conciati male che nessuno gli prestava più un euro; oggi l’accesso a quei fondi è consentito a tutti i paesi purché destinino quei prestiti a spese sanitarie per affrontare la pandemia da Coronavirus.

Tutte le altre condizionalità sono rimaste intatte. Senza perderci in dettagli complicati e noiosi vediamo soltanto alcuni punti essenziali.

Secondo l’articolo 136 (3) del TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea) l’ottenimento dei prestiti del MES è soggetto a una “strict conditionality” − una rigida condizionalità − che può arrivare sino a una ristrutturazione del debito. Quindi accettare prestiti dal MES significa accettare, in prospettiva, anche un eventuale commissariamento da parte dell’Unione Europea. Cosa significa commissariamento di un Paese lo abbiamo visto con quel che è accaduto alla Grecia.

L’obiezione che viene fatta è che questa ristrutturazione del debito non è un automatismo ma una eventualità, e questo è vero, però come sempre il diavolo sta nei dettagli.

Le regole del MES

Cosa prevedono le regole del MES, quelle scritte, non quelle liberamente interpretate da qualche politicante più o meno autorevole? Dicono che nel caso in cui dovesse verificarsi uno scostamento significativo nelle previsioni macroeconomiche iniziali, cioè quelle esistenti al momento della concessione del prestito, il MES potrebbe modificare le condizioni a cui quel prestito era stato concesso, anche senza il consenso del debitore. Per comprendere bene questo passaggio proviamo a delineare uno scenario. Attualmente il rapporto debito/PIL dell’Italia dovrebbe essere, dopo le ultime manovre governative, attorno al 150%. Supponiamo che il Governo italiano chieda il MES e preveda dal 2021 di cominciare a ridurre il debito pubblico. Tra sei mesi le previsioni di oggi si rivelano sballate perché la seconda ondata della pandemia ha creato ulteriori perdite economiche, il vaccino che si pensava disponibile dai primi mesi del 2021 invece arriverà soltanto nella seconda metà dell’anno e quindi ci sarà uno “scostamento significativo” delle previsioni macroeconomiche iniziali. Nel 2021 il debito pubblico non soltanto non si ridurrà ma continuerà a crescere. A questo punto il simpatico, si fa per dire, economista tedesco che dirige il MES, Klaus Regling, potrebbe riunire il Consiglio e a maggioranza decidere, senza il nostro consenso come prevedono i trattati, di modificare le condizioni a cui quel prestito è stato concesso o di modificare le modalità di rimborso e noi, come Paese, non potremmo far altro che subire!

Ora, c’è un vecchio proverbio cinese che dice: «Non si può ragionare con una tigre quando la tua testa è nella sua bocca». La domanda sorge spontanea: per quale strategica ragione dovremmo andare a mettere la nostra testa nella bocca della tigre germanica?

Il MES potrebbe essere come la mela di Biancaneve: invitante, perché bella e colorata, ma quando la mangi ti accorgi che è avvelenata!

Recovery Fund: più rischi o più opportunità?

Crediti privilegiati

Ma c’è un altro punto importante. I crediti concessi dal MES sono “crediti privilegiati”, quindi hanno una corsia privilegiata nel rimborso. Questo spiega anche perché vengono concessi a tassi molto bassi, perché danno al creditore una garanzia in più e questo spiega anche perché è sbagliato confrontare i tassi di interesse sui prestiti del MES con i tassi di interesse sui titoli ordinari. Si tratta di due prodotti finanziari diversi. Inoltre se i titoli ordinari in questo momento vengono acquistati dalla BCE e retrocessi alla Banca d’Italia, il costo per noi è comunque pari a zero e quindi il ricorso al MES non conviene!

C’è poi un altro problema, segnalato anche dal Presidente del Consiglio Conte: il problema dello “stigma”. Indipendentemente da qualunque altra considerazione, se in questo momento l’Italia chiedesse di accedere ai prestiti del MES lancerebbe un messaggio molto equivoco ai mercati finanziari. Ora sappiamo che in economia le aspettative sono importanti, come importante è anche la reputazione. Dal momento che il MES era stato istituito per concedere prestiti a paesi che hanno difficoltà d’accesso ai mercati, se l’Italia vi facesse ricorso manderebbe ai mercati stessi un messaggio sbagliato. Qualcuno potrebbe pensare che l’Italia ricorre al MES perché ha difficoltà a farsi prestare soldi dal mercato e che quindi la situazione finanziaria del Paese sia molto più grave di quanto non lo sia in realtà e questo dubbio potrebbe scatenare un meccanismo psicologico molto pericoloso: quello della “profezia che si auto avvera”. In pratica se gli investitori dovessero interpretare la richiesta dell’Italia di accesso al MES come l’indizio di una grave crisi finanziaria per il Paese, finirebbero per crearla loro veramente una crisi finanziaria non prestando più soldi all’Italia.

La profezia che si auto avvera

In economia paradossi del genere si verificano spesso. Dal momento che le variabili in campo sono molteplici, concentrare la propria attenzione solo su piccoli dettagli − il MES costa poco, quei soldi arrivano in tempi brevi, ecc. − senza prendere in considerazione tutte le possibili conseguenze di una decisione, può risultare fatale. Lo abbiamo già visto accadere numerose volte nella storia. Pensiamo alla crisi del 2008: la decisione dell’amministrazione Bush di non intervenire attraverso un salvataggio pubblico della banca Lehman Brothers, che era in grosse difficoltà, fu motivato da due considerazioni. La prima motivazione era un po’ un piccolo calcolo di bottega, non c’è da scandalizzarsi, li fanno tutti: il fallimento della Lehman Brothers avrebbe danneggiato più investitori esteri che statunitensi. Ma la seconda motivazione più sostanziale era che non si voleva dare al sistema finanziario il messaggio che lo Stato sarebbe intervenuto, sempre e comunque, per salvare tutti. Se avete gestito male le vostre banche, affari vostri. Per cui si decise di non intervenire. Peccato che il sistema finanziario interpretò quel fallimento in maniera completamente diversa. Il dubbio che si diffuse rapidamente fu il seguente: ma se è potuta fallire una banca primaria − con 200 anni di storia e con un rating elevatissimo − come la Lehman Brothers, quante altre banche potrebbero fallire, quante altre magagne che ancora non conosciamo ci possono essere nei bilanci di qualunque banca? Il risultato fu che nelle settimane successive le banche, non fidandosi più l’una dell’altra, smisero di prestarsi soldi portando alla paralisi del sistema finanziario prima statunitense e poi mondiale, innescando una crisi devastante.

Tutte queste obiezioni secondo alcuni potrebbero anche essere fondate ma sono ipotesi irrealistiche: l’Italia non è la Grecia, i tedeschi hanno bisogno di noi e quindi non avrebbero alcun interesse a mettere in difficoltà l’Italia. Purtroppo sappiamo che la memoria corta è uno dei vizi atavici del nostro Paese. Come fu utilizzato il MES nel caso greco lo abbiamo visto qualche puntata fa; cosa ha combinato il Governo Monti per “salvarci” molti se lo ricordano ancora, soprattutto gli esodati, chi ha perso il lavoro, chi ha dovuto chiudere la sua azienda, chi si è visto aumentare le tasse, chi si è visto allungare i tempi per andare in pensione. Ma c’è anche un altro fulgido esempio del modo in cui la nostra, sempre amatissima Europa si comporta. Qualche anno fa − governo di Enrico Letta − fu introdotto il cosiddetto bail in, un curioso meccanismo secondo il quale, in caso di crisi di una banca non interviene più lo Stato a salvarla. Negli anni precedenti anche molti paesi europei, a cominciare dalla Germania, erano dovuti intervenire con parecchi soldi pubblici, quindi dei contribuenti, per salvare il sistema bancario. Come sappiamo la scusa che fu trovata all’epoca fu che le banche erano too big to fail, troppo grandi per fallire ma, superata la buriana, si decise di non far pagare più l’eventuale crisi di una banca ai contribuenti ma soltanto ai suoi azionisti, obbligazionisti e correntisti. Ora, la norma è curiosa perché avrebbe un senso addebitare la mala gestio di una banca a manager e azionisti: in fondo le banche sono delle aziende e dovrebbe valere anche per loro il vecchio criterio per cui chi rompe paga e i cocci sono suoi. Ma cosa c’entrano gli obbligazionisti che sono il più delle volte piccoli risparmiatori che hanno acquistato obbligazioni di quella banca e, ancor peggio, cosa c’entrano i correntisti? Se io deposito i miei soldi in una banca per quale motivo dovrei essere corresponsabile della cattiva gestione di quella banca? Come dicono in Veneto: xé peso el tacòn del buso, è peggio la pezza del buco − e mi scuso con i Veneti se la pronuncia non è quella giusta. Comunque così fu deciso a livello di Unione Europea e quella grande novità fu chiamata bail in. Diversi economisti espressero perplessità su quel meccanismo ma i soliti “espertoni” ci spiegarono che quella norma era fatta per evitare che pagasse sempre Pantalone, quindi il contribuente, e che comunque si trattava di un’ipotesi teorica che non si sarebbe mai verificata: d’altronde lo dicevano anche autorevoli opinionisti sui principali quotidiani.

Quando qualche anno dopo, a seguito della crisi di diverse banche locali − Banca Etruria, Banca Veneta, Popolare di Vicenza e altre − l’Unione Europea costrinse il Governo Renzi ad applicare il bail in e quindi azzerare il valore delle azioni e delle obbligazioni di quelle banche in mano a centinaia di migliaia di piccoli risparmiatori italiani, l’ipotesi teorica divenne una drammatica realtà. Famiglie sul lastrico, alcuni suicidi e poi, come sempre accade nel paese di Pulcinella: chi ha avuto, ha avuto, chi ha dato ha dato…

In sintesi: cos’è il MES?

In sostanza, per sintetizzare molto, il MES è un fondo concepito per prestare soldi ai paesi che hanno perso l’accesso ai mercati e quindi hanno difficoltà a piazzare i propri titoli, e proprio perché si tratta di un fondo concepito per aiutare paesi in difficoltà economica sono previste delle forti condizionalità con meccanismi di sorveglianza rafforzata e con potestà d’intervento da parte del fondo stesso per disciplinare le condotte del debitore.

Ma non è questo il caso attuale né dell’Italia né di nessun altro Paese dell’area Euro, in quanto l’intervento della BCE con il programma straordinario PEPP copre le esigenze di finanziamento degli Stati, tanto è vero che le casse dello Stato italiano in questo momento, novembre 2020, sono piene di soldi.

Ma come dicevamo all’inizio la partita del MES non è soltanto una questione economica. Abbiamo visto che dal punto di vista economico in questo momento non ci sono vantaggi particolari, e infatti non è un caso che nessun paese sinora ha richiesto quei prestiti. Poi c’è sempre chi è convinto di essere il “genio della lampada” e di aver scoperto quello che tutti gli altri ancora non hanno scoperto. Ma se nessuno vi fa ricorso la ragione più probabile è che non vi sia questa tanto decantata convenienza.

Il MES, però, è innanzitutto una partita politica. Ma di questo argomento parleremo più diffusamente nella prossima puntata.

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