Rawa: dal 1977 donne libere per un Afghanistan libero

Scritto da in data Agosto 23, 2021

Dal momento in cui i talebani hanno preso il potere in Afghanistan, anche in seguito al ritiro delle truppe statunitensi che lì risiedevano dal 2001, in molti si sono detti preoccupati per la sorte delle donne afghane e per il futuro del paese. C’è chi, però, dal 1977 combatte sul campo, con questi propositi:

Lottare contro ogni tipo di fondamentalismo e padrone straniero.

Stabilire la libertà, la democrazia, la pace e i diritti delle donne in Afghanistan.

Istituire un governo laico ed elettivo basato su valori democratici.

Unire le forze democratiche e amanti della libertà per combattere contro chi collabora con i fondamentalisti.

Lottare contro i traditori che vogliono disgregare l’Afghanistan fomentando guerre tribali e religiose.

Iniziare progetti educativi per la salute e il reddito dentro e fuori la regione.

Supportare ogni movimento che ami la libertà in tutto il mondo.

L’organizzazione Rawa (the Revolutionary Association of the Women of Afghanistan) combatte dal 1977 contro ogni tipo di dittatura e invasione del territorio afghano, già dall’invasione sovietica che portò al colpo di Stato nel 1978. Le donne di Rawa, che hanno pagato con un tristemente generoso contributo di sangue per la promozione di ideali secolari e di libertà (nel 1987 la stessa fondatrice Meena fu uccisa in Pakistan), anche in questi giorni hanno attivato le proprie reti contro l’ennesima prevaricazione, quella dei fondamentalisti talebani che hanno preso il potere. Tuttavia, in una intervista che è possibile leggere sul sito dell’organizzazione, le attiviste di Rawa denunciano errori e mancanze che durante l’occupazione statunitense e della Nato hanno condotto all’attuale situazione, compreso il fatto che il paese non fosse affatto divenuto sicuro, soprattutto per le donne. L’organizzazione di donne non ha mai smesso di resistere, né quando i sovietici sono stati sostituiti dai talebani, né quando questi sono stati “sconfitti” dall’esercito della Nato. Per questo non hanno ricevuto il sostegno di organizzazioni non governative legate alle Nazioni Unite, ma solo di associazioni più piccole territoriali (in Italia, per esempio, CISDA, Coordinamento Italiano Donne Afghane Onlus). Secondo quanto riportato dalle attiviste, l’occupazione americana

ha portato soltanto spargimento di sangue, distruzione, caos, rendendo il paese un posto più corrotto, insicuro, legato alle mafie della droga e pericoloso soprattutto per le donne. […] La ragione più importante per cui eravamo contro l’occupazione era che questa avrebbe riportato il terrorismo sotto l’etichetta graziosa di “guerra al terrore”. Dai primi giorni in cui gli sciacalli e assassini furono riportati al governo dalla Nato nel 2002, ai cosiddetti ultimi dialoghi per la pace − nel 2020/2021 gli accordi di Doha rilasciarono 5.000 terroristi dalle prigioni − era chiaro che il ritiro [dei militari] non fosse una buona idea.

Ciò che è evidente all’organizzazione Rawa è comunque che i talebani non sono cambiati, e non rispetteranno né oppositori politici (come dimostrato dalle uccisioni dei giorni scorsi) né la vita delle donne. La speranza, però, è che le donne di oggi siano diverse da quelle di 20 anni fa. Si legge ancora nell’intervista:

La mattina successiva all’ingresso dei Talebani nella capitale, un gruppo di donne giovani e coraggiose ha scritto sui muri di Kabul lo slogan: “Via i Talebani!” Le nostre donne sono ora politicamente consapevoli e non vorranno vivere facilmente sotto un Burqa come venti anni fa. Noi continueremo la nostra lotta, cercando maniere intelligenti per rimanere vive. […] Continueremo ad alzare sempre più forte la nostra voce e a continuare la nostra resistenza, a combattere per una democrazia secolare e i diritti delle donne!

L’organizzazione Rawa è sopravvissuta attraverso gli anni, resistendo agli attacchi occidentali, dei fondamentalisti locali e dei sovietici. Non possiamo che augurarci che questa sia l’ultima volta che le sue attiviste debbano opporsi a un regime.

Immagine da Pixabay.

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