I talebani in Cina

Scritto da in data Agosto 4, 2021

Una settimana dopo (23 luglio) che la vicesegretario di Stato americano Wendy Sherman ha lasciato Tianjin dopo tesi colloqui con i funzionari cinesi, una delegazione talebana è arrivata nello stesso hotel dall’Afghanistan.
Il messaggio anche solo così è chiaro: Pechino ha lanciato la propria strategia politica con il paese vicino, dopo aver sottolineato il fallimento della politica americana in Afghanistan. Pechino invitando i talebani in Cina ha in qualche modo certificato il sostegno al gruppo militante e il suo ruolo nella sicurezza e nella ricostruzione dell’Afghanistan.
«I talebani in Afghanistan sono una forza militare e politica fondamentale nel paese, ed è probabile che svolgeranno un ruolo importante nel processo di riconciliazione e ricostruzione in Afghanistan», ha detto il ministro degli Esteri cinese Wang Yi durante i colloqui con la delegazione guidata per i talebani da co-fondatore Mullah Abdul Ghani Baradar.
I colloqui si sono tenuti nello stesso hotel di Tianjin dove Sherman ha incontrato Wang e altri funzionari del ministero degli Esteri. Sherman ha invitato Pechino a cooperare con gli Stati Uniti su questioni regionali, tra cui Afghanistan e Iran.
«Il ritiro delle truppe statunitensi e della NATO è fondamentalmente una rappresentazione del fallimento delle politiche statunitensi nei confronti dell’Afghanistan», ha affermato Wang.

I talebani in Cina

La posizione ufficiale della Cina sulla questione dell’Afghanistan è quella di sostenere i principi di “sovranità afghana” e “guida afghana” e opporsi alle interferenze delle forze straniere. Probabilmente la Cina è ancora lontana dal riconoscere il gruppo come governo legittimo, ma si sta preparando alla possibilità che subentri in caso di fallimento dei negoziati intra-afghani (talebani-governo afghano).
Pechino sente il bisogno di includere i talebani nei suoi sforzi antiterrorismo e di espansione economica nella regione. Pechino pensa che i talebani possano limitare la minaccia alla sicurezza cinese posta dal Movimento Islamico del Turkestan orientale (ETIM), che Pechino ritiene responsabile di violenti e brutali attacchi nello Xinjang.
Wang ha fatto pressione su Baradar, il capo delegazione dei talebani, per avere la garanzia che avrebbero rotto i legami con il gruppo. Il portavoce dei talebani Mohammad Naeem ha detto, dopo l’incontro, che Baradar ha promesso che il suolo afghano non sarebbe stato utilizzato per rappresentare una minaccia alla sicurezza della Cina.

Gli interessi della Belt Road

Raggiungere la riconciliazione nazionale è significativo per Pechino, la cui road map attraversa l’Asia centrale. Il rischio di disordini che coinvolgano anche altri paesi − il Tajikistan ha rafforzato la presenza militare sul confine, e la Russia si manifesta molto preoccupata − rappresenta una grande minaccia per la visione cinese.

Il piano per la Belt Road e le infrastrutture stradali coinvolge sei principali corridoi economici, che comprendono zone economiche speciali e infrastrutture energetiche e di trasporto. Due di loro attraversano l’Asia centrale: il corridoio economico Cina-Asia centrale-Asia occidentale e il corridoio economico Cina-Pakistan (CPEC). Il primo collega la Cina con la penisola arabica, passando per cinque paesi dell’Asia centrale – Kazakistan, Kirghizistan, Tajikistan, Uzbekistan e Turkmenistan – e 17 paesi dell’Asia occidentale. Quest’ultimo si estende da Kashgar, in Cina, allo Xinjiang  verso il Pakistan nella regione del porto di Gwadar, portando strade, condutture e cavi ottici.

Il CPEC offre alla Cina una rotta alternativa per il petrolio e il gas dal Medio Oriente e Pechino ha chiesto una “sostanziale espansione” della rotta per includere l’Afghanistan. L’impegno della Cina con i talebani serve gli interessi di entrambe le parti. La Cina ha compreso che non può esserci pace sostenibile in Afghanistan senza un ruolo politico dei talebani. Di fatto 20 anni, trilioni di dollari e un enorme esercito non hanno potuto eliminare i talebani.

Per i talebani, invece, l’impegno e il riconoscimento da parte della Cina sono stati una spinta alla sua legittimità. Nonostante questo la Cina continua a sperare non in un governo talebano, ma in una riconciliazione nazionale, un po’ come ormai fanno tutti. Sanno che i talebani, per quanto possano essere cambiati, hanno mantenuto legami di vecchia data con le forze estremiste in Asia Centrale, e la possibilità che, qualora conquistassero tutto instaurino una teocrazia come fecero negli anni Novanta, non può essere del tutto esclusa e non può piacere alla Cina, anche se non si può neanche escludere che la Cina non accetti qualsiasi cosa soddisfi i suoi interessi, ovvero la stabilità nello Xinjang e l’estrazione delle risorse naturali in Afghanistan, come ormai fanno da anni.

La Cina in Afghanistan

La Cina vuole il controllo delle risorse naturali sotto le montagne dell’Afghanistan che, secondo un rapporto del 2014, sono stimate in un valore di quasi un trilione di dollari. L’Afghanistan, tuttavia, diventerà accessibile alla Cina solo se prima sarà stabile.
Il portavoce dei talebani Suhail Shaheen all’inizio del mese scorso ha definito la Cina un “amica benvenuta” e ha promesso di proteggere gli investitori e i lavoratori cinesi in Afghanistan, affermando che non avrebbe permesso ai combattenti separatisti uiguri cinesi di utilizzare l’Afghanistan come porto sicuro.

Una precedente delegazione talebana a Pechino nel 2019 incontrò Deng Xijun, l’allora rappresentante speciale per l’Afghanistan. Le due parti hanno anche tenuto diversi incontri di basso profilo nel corso degli anni, che sono stati riportati dai media al di fuori della Cina, ma raramente confermati da Pechino.

La Cina, insieme agli Stati Uniti, aiutava i talebani a combattere l’ex Unione Sovietica negli anni Novanta e da allora ha mantenuto relazioni relativamente strette con il gruppo. Coinvolgere i talebani può anche aiutare la Cina a rafforzare la sua influenza nel mondo musulmano, dove gli Stati Uniti hanno pochi amici.

Foto di copertina: fmprc.gov.cn

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