20 marzo 2020 – notiziario

Scritto da in data Marzo 20, 2020

Egitto, ordinata la liberazione di 15 dissidenti politici
Mali, nessun rinvio delle elezioni. Ma ieri 30 militari sono morti in un nuovo attacco armato
Ruanda,Kagame lancia il #ChallengeCOVID19 (in foto)
Rep. dem. del Congo, 1600 membri di una setta espulsi in Burundi
Germania, al bando il gruppo di estrema destra Reichsbürger
Francia, appello per i detenuti nelle carceri
Svizzera, sindacati contro padroni: “inutile vietare di andare nei parchi se lasciate ammassare i lavoratori nei luoghi di lavoro”.
Questo e molto altro nel web notiziario di Radio Bullets, un podcast di notizie dal mondo oggi a cura di Paola Mirenda. Musiche di Walter Sguazzin.

Egitto

Ordinata la liberazione di 15 dissidenti politici, tra cui Hassan Nafaa, docente di Scienze politiche all’Università del Cairo, che era stato arrestato a settembre a seguito di una manifestazione dell’opposizione. Sarà liberato anche Hazem Abdel-Azim, ex direttore di campagna del presidente al Sisi, poi entrato in contrasto con lui. Mercoledì la polizia aveva arrestato quattro attiviste che protestavano davanti alla sede del governo per chiedere la liberazione dei prigionieri di coscienza: ieri era stata ordinata la loro libertà dietro pagamento di una cauzione ma una di loro, Laïla Soueif, resta ancora in prigione.

Mali

Nessun rinvio delle elezioni previste per il 29 marzo, “per una questione di continuità dello Stato”, ha detto ieri il primo ministro Boubou Cissé. Il secondo turno elettorale si terrà il 19 aprile. Il Mali non ha finora avuto alcun caso di coronavirus segnalato ma ha sospeso molti voli aerei e decretato la chiusura delle scuole. Ma le elezioni non si toccano, ha detto Cissé, “che ci siano o non ci siano casi”. Intanto nel Paese si continuano a registrare attacchi armati. L’ultimo è avvenuto proprio ieri, quando un gruppo di uomini armati arrivati a bordo di moto e di auto ha preso d’assalto una postazione militare a Tarkint, nella regione di Gao. Una trentina di militari maliani sono rimasti uccisi.

Malawi

Il timore di un’epidemia non ha spaventato i militanti dell’opposizione in Malawi, altro Paese che fino ad oggi non ha registrato alcun caso. In migliaia si sono ritrovati ieri alla manifestazione dove i principali partiti dell’opposizione hanno segnato la loro alleanza in vista delle nuove elezioni presidenziali che si terranno a maggio. Nella capitale Lilongwe le otto formazioni hanno concluso il patto che li porterà uniti al prossimo scrutinio presidenziale, dopo che il Tribunale ha annullato le elezioni dello scorso anno, che avevano visto la vittoria di Peter Mutharika.

#ChallengeCovid19

Ha iniziato il presidente del Ruanda Paul Kagame, invitando i suoi omologhi africani – ma anche europei – a fare altrettanto. È il #ChallengeCOVID19 , il condividere un video con le regole base per evitare la propagazione del virus. Kagame, che su twitter ha 1,6 milioni di follower, ha ottenuto plausi ma anche critiche per questo suo video. Da un lato per i presidenti che non ha chiamato al Challenge (o di quelli che ha chiamato) dall’altro per aver ignorato le condizioni di chi vive senza acqua corrente.

 

Guinea Conakry

Si vota domenica nonostante le raccomandazioni di non far svolgere il duplice appuntamento con referendum e legislative. Il Fronte nazionale per la difesa della Costituzione ha accusato il presidente Alpha Condé di tenere più al proprio potere che alla salute dei cittadini. Il referendum costituzionale, infatti, se fossero approvati i cambiamenti che introduce, darebbe a Condé la possibilità d presentarsi per un terzo mandato. Secondo il ministro dell’Informazione però non c’è nessun problema sanitario. “Abbiamo avuto solo due casi”, ha detto, “ e ci si laveranno le mani prima di entrare ai seggi”. Queste elezioni sono fortemente contestate non solo dall’opposizione ma anche dalle organizzazioni continentali e internazionali. La Cedeao, la Comunità economica degli Stati dell’Africa dell’Ovest, ha chiesto invano che venissero rimandate. In assenza di risposta, ha deciso di non inviare osservatori, e lo stesso faranno l’Unione africana e l’Organizzazione internazionale della Francofonia. Quanto ai guineiani all’estero, non potranno votare la maggior parte di quelli che si trovano in Europa, in ragione delle misure introdotte per l’epidemia.

Tunisia

La Tunisia ha annunciato il primo decesso dovuto a coronavirus. Si tratta di una donna di 72 anni, rientrata lunedì dalla Turchia e che si era messo in autoisolamento. Alla data di ieri, la Tunisia contava 39 casi registrati. In tutto il continente africano sono ora più di 600 con 16 decessi. , La Tunisia, lo ricordiamo, ha preso serie misure di contenimento: chiuse le frontiere aeree e marittime, coprifuoco tra le 18 e le sei del mattini, chiuse le moschee, bar e luoghi di ritrovo con orario ridotti.

Burkina Faso

Un gruppo, guidato da un giovane ingegnere ha sviluppato una app mobile per aiutare a individuare i sintomi di coronavirus. Creata con l’aiuto di un medico, due ingegneri e uno studente burkinabé dell’università di Wuhan, la app – ora all’esame del ministero della Salute – consente di fare una sorta di triage preliminare, in modo tale da garantire l’isolamento delle persone potenzialmente infette nel tempo più rapido possibile. L’ingegnere, Adama Traoré, spera di lanciare la sua app – che sarà gratuita, a fine mese.

Burundi

Circa 1600 fedeli della profetessa Zebiya Ngendakumana sono stati espulsi dalla Repubblica democratica del Congo e rimandati nel loro Paese di origine, a dispetto del rischio per la loro incolumità. Le autorità li hanno caricati su camion dell’esercito e portati alla frontiera di Kavimvira. A motivo dell’espulsione il fatto che nessuno di loro ha mai presentato regolare richiesta di asilo, e questo perché non accettano di fare fotografie. Non è l’unica loro credenza: per esempio, non mangiano cibo in scatole di latta, perché ritengono che contenga microchip per controllarli. Il loro movimento religioso era, agli inizi, interno alla Chiesa cattolica, prima di trasformarsi in un gruppo indipendente per i contrasti emersi con le autorità ecclesiastiche. Guidato da Zebiya Ngendakumana, conosciuta anche come la veggente di Businde, ha visto due grosse repressioni: nel 2013, quando la polizia burundese ha sparato uccidendo trenta fedeli, e nel 2017, quando 37 di loro furono uccisi dalla polizia congolese. Il giornalista di inchiesta Gilbert Armel Bukeyeneza ha realizzato un interessante reportage che racconta la storia di questo gruppo.

Germania

Il governo federale, in ottemperanza al regolamento dell’Unione europea, ha tolto il divieto di esportazione di dispositivi di protezione medica, come tute protettive o mascherine, che per due settimane era stato in vigore. La ministra della Difesa Annegret Kramp-Karrenbauer ha confermato che ora è possibile esportare anche in altri Paesi e che il suo ministero ha già contratti per un valore di 241 milioni di euro. Già mercoledì Kramp-Karrenbauer aveva detto che licenze di esportazione verso Italia, Austria e Svizzera erano state rilasciate. Per l’Italia, si tratta di 400mila maschere protettive.

Alleanza Atlantica

Il segretario generale della Nato ha chiesto maggiori risorse per le spese militari, nonostante la crisi sanitaria e la necessità di investimenti nel settore medico. “Mi aspetto che gli alleati continuino a impegnarsi a investire di più nella nostra sicurezza”, ha detto Jens Stoltenberg, giustificando la richiesta con il fatto che i militari si impegnano anche per affrontare situazioni come questa, per esempio allestendo ospedali da campo o facendo controlli alle frontiere.

Nel rapporto annuale presentato ieri, si legge che la spesa per la Difesa dei Paesi europei e del Canada è aumentata per il quinto anno consecutivo e rispetto al 2018 l’aumento è stato del 4,6 per cento. Nel 2014, al vertice in Galles, gli Stati membri avevano concordato di portare la spesa militare al 2 per cento del Pil in dieci anni. Allo stato attuale, 9 Paesi hanno già raggiunto questo obiettivo: oltre agli Stati Uniti (3,42 per cento),troviamo Bulgaria (3,25 per cento), Gran Bretagna (2,14 per cento), Lituania (2,03 per cento) e Polonia (2,0 per cento).

Francia

Un collettivo di ricercatori, avvocati e magistrati ha presentato un appello per chiedere allo Stato di ridurre l’affollamento nelle carceri e diminuire i rischi di trasmissione dell’epidemia. Le carceri francesi sono da moltisismi anni sotto accusa per le loro condizioni di vivibilità, al punto che la Francia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti umani per “trattamento disumano e degradante”. E il tasso di suicidi tra le guardie carcerarie è di molto superiore alla media francese.

Attualmente, scrivono nell’appello ci sono “ 70.651 persone detenute (di cui 1.614 dormono su un materasso messo a terra, senza parlare degli 815 minori attualmente incarcerati) per solo 61.080 posti previsti. Nel momento in cui le regole sanitarie impongono di restare a casa e limitano drasticamente la circolazione di tutti, nel momento in cui ci viene chiesto di mantenere una distanza di almeno un metro, ci sono uomini, principalmente, ma anche donne e ragazzi che a centinaia vivono dietro i muri di una prigione, in celle di pochi metri quadri”.

Svizzera

I sindacati lanciano l’allarme: troppi datori di lavoro non rispettano le direttive del governo che dovrebbero proteggere i dipendenti. Vania Alleva, presidente del sindacato Unia, racconta le segnalazioni dei lavoratori e delle lavoratrici sul mancato rispetto delle norme, che poi sono quelle basilari: mantenere le distanze, lavarsi le mani, evitare gli assembramenti: queste prescrizioni valgono anche sul posto di lavoro. “Nei fatti, però, molti datori di lavoro le ignorano, sia nella vendita, sia sui cantieri, sia nella produzione o sugli autobus aziendali. “Chi non è in grado di rispettare le direttive federali deve “cessare immediatamente il lavoro”. Sessanta sindacalisti intanto hanno firmato un appello indirizzato al governo: “A cosa serve vietare l’accesso ai parchi pubblici se centinaia di migliaia di dipendenti devono lavorare fianco a fianco nei cantieri, nelle industrie e persino negli uffici?”

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