Magia o maledizione?

Scritto da in data Novembre 14, 2019

Lo schermo è bianco. Freddo, quasi algido. Prende vita man mano che le mie dita battono sulla tastiera e delle piccole parole si formano davanti ai miei occhi. Ho sempre pensato che fosse magico scrivere, pensieri che fuoriescono da me e vengono imprigionati su quella luce bianca di fronte, pensieri che nel momento in cui vengono scritti pensando ad altri, non mi appartengono più. Magia? O forse una maledizione? Quante cose più utili potrei fare in questo momento, come andare a sistemare la casa, o mettermi seduta in poltrona a leggere, o aggiustare il fornello del gas che si è intasato. Potrei cercare un lavoro vero e smettere di lamentarmi, come fanno gli adulti coscienziosi. Oppure no.

Il mio obiettivo di oggi è trovare il modo di attivare un muscolo del vostro corpo, o un’emozione, o un sentimento, che senza indugi (adoro il suono di questa parola), vi spinga ad arrivare in fondo a questa lettera, perché sicuramente non è un articolo, e vi faccia andare sulla pagina Sostienici di Radio Bullets.

Abbiamo bisogno di voi

Sono sincera, abbiamo bisogno di voi, di te, che mi stai leggendo e, riga dopo riga, mi scopri, mi conosci, sorridi e ti arrabbi con me, con noi di Radio Bullets.

Ci servono 60mila euro per mandare avanti la baracca l’anno prossimo. Perché alcune di noi possano lavorare costantemente e altre continuare a contribuire. Il nostro lavoro è stato per ora per lo più volontario, con storie e reportage sostenuti da crowdfunding specifici. E potremmo anche andare avanti così, ma non è abbastanza.

In questo momento, non dico vorrei, ma dovrei essere in Palestina. Ci sarei già dovuta essere due giorni fa. Un’altra di noi potrebbe essere in Cile e un’altra in qualche paese africano a intervistare la neo presidente dell’Etiopia.

Perché? Perché abbiamo le carte in regola per farlo. Lo so che suona presuntuoso e forse un po’ aggressivo dirlo, mi scuso, dovrebbero essere altri a dire che siamo brave, ma accendo la tv, vedo dei super esperti del nulla, e le bullettine (giornaliste di Radio Bullets) mi sembrano geni della notizia. In fondo abbiamo fatto questo tutta la vita. Ma siamo, per qualche ragione, rimaste sempre ai margini del giornalismo tradizionale italiano, non perché non siamo abbastanza brave – le madame di Radio Bullets sono ottime giornaliste – ma a volte succede che siano altri a decidere per noi.

A me dicevano che ero meglio fuori da una redazione, perché sono una mina vagante, e forse è vero, ma in realtà le cose di cui mi occupavo io – guerre, crisi, catastrofi, persone povere e sconfitte – non fan vendere i giornali.

Fan vincere premi, ma non portano un euro.

Il sogno di una mina vagante

E se questo è il criterio, Radio Bullets è pura follia. Il sogno di una mina vagante. Abbiamo riunito persone semplicemente capaci e che scrivono robe che non fanno vendere. Un fallimento annunciato. Forse. E so anche che qualcuno ne godrebbe.

Poi però giro, parlo con la gente, entro nelle scuole, parlo fino a che la voce si assottiglia e il respiro si fa pesante. Fino a che sono troppo stanca per pensare, eppure non riesco a fermarmi a raccontare storie di quelle persone di cui secondo i media tradizionali nessuno interessa. E la platea resta inchiodata. Il pubblico stringe gli occhi, si commuove, piange, sorride. Annuisce. E poi ringrazia. E poi ci segue.

Racconto storie di uomini e donne che non litigano per amore in televisione, ma lottano per sopravvivere. Uomini e donne che hanno un coraggio che mi riempie di emozione al solo pensiero e che meritano di essere conosciuti. Fatti ed eventi che cambiano, modificano, intaccano la realtà che ci circonda.

Come si può non volere sapere che in questi due giorni uno Stato ha bombardato una zona piena di gente e ha ucciso dei civili? Come si può restare indifferenti davanti a migliaia di persone torturate in Libia, colpevoli solo di fuggire dalla loro casa distrutta? Come si può accettare che gli Esteri li faccia un giornale che istiga all’odio verso un’altra religione e ha i fondi per farlo?

La delusione e il contagio

Come vorrei poter contagiarvi con la mia delusione per questo giornalismo tradizionale che non riesce a parlare delle persone. Che pubblica ogni frase di un politico senza fare domande. Che non si alza e se ne va. O che se una donna viene uccisa all’estero è una barbarie, se viene uccisa da un connazionale è vittima di un ratto d’amore. Come se si potesse uccidere per amore. Vorrei contagiarvi con gli anticorpi dell’ipocrisia, con la curiosità che rende il mondo degno di essere scoperto. Vorrei condividere il mio morbo per la partenza.

Perché dovreste mettere 50, 10 o cinque euro per sentire che ci sono le manifestazioni in Sudan, o è scoppiata un’altra bomba in Afghanistan, o per mandarsi a scavare nel torbido di un paese in crisi come il Venezuela?

Perché Radio Bullets e altre nuove testate online che propongono nuovi modi di raccontare il mondo sono importanti.

E perché sono importanti?

Credo che ognuno debba trovare la sua ragione.

Se lo chiedete a me, direi che è perché ho dato la vita a questo mestiere, l’ho scelto, l’ho amato, in parte forse, l’ho anche sposato, perché credo nel diritto e nel dovere dell’informazione. Credo che sia necessario per costruire una società migliore e consapevole. E perché non so fare altro.

E perché vorremmo provare che un giornalismo di qualità, diverso, a misura d’essere umano, si può fare. Dove l’indipendenza politica è un must, ma non lo è sganciarsi dalle persone, dai loro bisogni, dalle loro sofferenze. Un giornalismo al di sopra del potere, che lo guarda in cagnesco e completamente immerso nei diritti umani, in quello dei generi, delle sconfitte e nelle vittorie di chi il mondo lo cambia veramente a colpi di piccoli gesti. Come i nostri, che abbiamo creato una follia e speriamo che qualcuno ci sostenga.

60 mila euro sono tanti. 6mila persone che mettono dieci euro o 1200 che ne mettono 50. Dico “mettono”, e non “donano”, perché non state donando: questi soldi sono una presa di posizione verso l’informazione che volete. Contro le testate che non approfondiscono, contro quelle che diffondono il razzismo, l’odio in rete.

Siamo un gruppetto di giornaliste, con due colleghi maschi, una direttrice donna: praticamente siamo il contrario dell’Italia mediatica che ci circonda. E siamo la prova che si può fare. Che si può rischiare, che ci si può staccare dal tradizionale e sperimentare. E se tutto quello che abbiamo fatto in questi tre anni è stato fatto praticamente senza nulla, cosa potremmo fare, con l’aiuto di 1200 persone?

Comunità

Le idee possono diventare progetti e i sogni possono trasformarsi in realtà. Ma non da soli. Non senza di voi. Non senza qualcuno che dimostri che è possibile. Io vi garantisco ogni parola. Ogni pensiero, storia che verrà fuori dalla mia penna sarà fatta con tutto il rispetto, la competenza e la passione che possiedo. Lo faranno tutte e tutti quelle/i di Radio Bullets.

Non sono sempre ottimista, non credo sempre che ci possiamo riuscire, ma oggi sembra una buona giornata con il sole che spinge attraverso le tende e cerca di illuminare la stanza dove sto scrivendo, mentre sorseggio un tè e provo a prendervi per mano per accompagnarvi fino a quel tastino che ci permetterà di rendere Radio Bullets di diventare sostenibile.

Ma non basta, sarebbe troppo facile.

Verrei a prendervi uno per uno a casa se bastasse. Dobbiamo diffonderci. Non basta che restiamo relegate nella nostra cerchia dorata. Abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti, di un passaparola tsunamico, per entrare nella vita della gente.

Sostieni Radio Bullets”, perché scriviamo per voi. Non per la pubblicità, non per un editore, non per qualcuno che vuole far passare un’idea. Bensì per creare qualcosa di nuovo, qualcosa di lento, come dicono i nostri amici di Slownews, qualcosa di approfondito, qualcosa di vero.

Qualcuno mi ha chiamata, scherzando, “la giornalista delle lacrime” perché alcuni dei miei reportage, commuovono. Ma non sono forse le emozioni a far scendere le persone dal divano? Non è l’amore, il dolore, la rabbia a far girare il mondo, a scavalcare gli eventi, a sfidare il potere?

E questo che vorrei facessimo noi. Ma abbiamo bisogno di te. Noi ci mettiamo le parole, tu sei disposto a metterci 4 euro al mese?

Se ti ho “convinto”, incantato o ipnotizzato, o anche solo perché così ti liberi di me, basta andare su www.radiobullets.com/sostienici  e seguire le istruzioni.

E grazie infinite.

Barbara Schiavulli

 

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Opinioni dei Lettori
  1. Gian Battista Pettinelli   On   Novembre 16, 2019 at 9:37 am

    Bellissima lettera, scritta con un italiano corretto, a parte il finale “basta che tu vai….” anziché “Basta che tu vada…” patologia dell’italiano di oggi, il cui contenuto tende palese il tuo o il vostro merito professionale e personale. A mio modesto avviso, conoscendo bene quale sia il problema del giornalismo, ovvero la libertà di narrare in chiaro, di fare denuncia, almeno in Italia, credo sia alquanto difficile percorrere il cammino della verità, senza trovare interferenze potenti e ben radicate nella nostra cultura. Comunque, hai la mia stima. Vedrò cosa potrò fare. Buon lavoro e buona giornata.

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