Umeed Ali e le candele dei sentimenti

Scritto da in data Dicembre 25, 2020

Oggi è Natale. Un Natale diverso dagli altri. Un Natale straordinario, nel senso che non è un Natale di quelli che siamo abituati a vivere ogni anno. Un Natale con il senza – c’è chi è abituato – ma è doveroso stabilire senza cosa. Valentina Barile ne parla su Radio Bullets con Umeed Alì, poeta pakistano in Italia, e Gianmarco Aimi, giornalista per Rolling Stone.

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Bilancio interiore

Qualche giorno fa ho ricevuto due libri di poesie con una lettera di presentazione che dice così: «Sono Umeed Alì, scrivo poesie. Sono nato in Pakistan nel 1961 e vivo in Italia da oltre trent’anni. La contatto perché la mia opera artistica è stata apprezzata da migliaia di persone in Italia e altrove, chiedo di acquistare i miei libri per preservare la dignità di cultura senza confini. Infatti le mie opere sono state tradotte in diverse lingue». I libri che accompagnano la lettera sono Candele dei sentimenti e Bilancio interiore (Morlacchi Editore).

Umeed Alì è entrato nel mio cuore già prima, quando l’ho conosciuto attraverso le parole di Gianmarco Aimi che, oltre a parlarne su Rolling Stone, me lo ha raccontato una sera e, oggi, lo fa per noi su Radio Bullets: «Ho conosciuto Umeed Alì per caso, come tutte le cose belle. Mi hanno colpito le sue poesie semplici, all’apparenza scarne, potenti nella loro positività verso il mondo. Una positività che sembrava stonare con la sua storia personale, carica di tutti i problemi che si porta dietro l’immigrazione, soprattutto se non hai un euro in tasca. Umeed, da trent’anni, fa i lavori più duri che possiamo immaginare, dal facchinaggio all’ambulante sulle spiagge. Che sembra facile, ma provateci voi a stare sotto il sole quindici ore in agosto senza l’ombrellone. Eppure, quando torna a casa, non si mette davanti alla Tv a rimbambirsi, ma prima ha sfidato l’italiano, una lingua difficile per chi viene dal Pakistan – e tutto da autodidatta – e poi si è messo a scrivere nella nostra lingua trovando persino un linguaggio tutto suo: asciutto ma molto evocativo. Insomma, non è da poco. Pensate sempre a voi di trovarvi in un Paese straniero, dove non avete familiari, non avete amici, non sapete la lingua e faticate tutto il giorno per sopravvivere. Pensereste ancora alla poesia? Lui, sì. E menomale. Perché al di là che si consideri un grande o mediocre poeta, ciò che conta è che Umeed ha fatto della sua vita un grande componimento poetico, basta e avanza per arricchirci tutti noi in questo tempo così povero di magia». Un tempo così povero di magia – riprendo le parole di Aimi –, un’epoca di bilanci, più che economici – sempre sull’orlo della catastrofe – è arrivato il tempo dei bilanci interiori.

Umeed Alì – ©Viviana Corvaia

«Sto svendendo la mia vita/ in una società triste/ dove il sole non ha colore/ i fiori non hanno odore/ e la gente non ha cuore/ non ha tempo di guardare/ non ha tempo di ascoltare/ ciò che voglio domandare:/ come posso esternare il mio dolore/ in un’aria di egoismo che fa troppo rumore?» – con questa poesia da “Bilancio interiore”, “Noia”, lascio la parola a Umeed Alì su Radio Bullets: «Sulla questione della lingua italiana, non è stato molto facile per me perché, come ho scritto nel libro, la lingua italiana è come il mare: ti allontani dalla riva e diventa alta e profonda; è molto difficile trasmettere i sentimenti in una lingua straniera perciò mi manca sempre qualche parola giusta o qualche frase, e soprattutto per scrivere la poesia c’è bisogno di frasi idiomatiche perché, a volte, una parola non esiste in un’altra lingua, come il modo di dire “da morire” è bello solo in italiano. Abbiamo provato a cercarlo in inglese, ma è stata dura ed è stata tradotta più di tre volte. Anche “sto svendendo la mia vita”, che in inglese è “I’m selling off my life”, non esiste proprio. Questa è una piccola breve raccolta, però, ho dato il suono a tantissime note perché il pensiero è mio e la poesia va partorita, non scritta, non è un saggio o un racconto. Poi, il secondo problema è la grammatica. Perché il caro Dante era ubriaco o innamorato quando ha preparato questa grammatica italiana. È molto, molto difficile».

Cosa è la poesia?

Quando chiedo a Umeed cosa è per lui la poesia, non fa altro che rispondermi costruendo metafore alla stregua del freestyle e risponde così: «Poeta si nasce, non si diventa. La poesia, per me, è molto importante. Per esempio, le mie poesie sia che sono belle o meno belle, per me sono come le mie creature, quasi come miei figli, sia quelle in lingua pakistana sia quelle in lingua italiana. La poesia mette in tasca il mare, un lungo discorso lo devi dire in poche parole: questa è la poesia. La filosofia, la metafora, la metrica, la rima… quello che non puoi dire in parole semplici, lo dici utilizzando questo strumento con licenza poetica. Tutti i santi, quando volevano raccontare la voce del cuore, hanno usato la poesia».

La terra di Umeed Alì è il Punjab, la regione più popolosa del Pakistan ai confini con l’India. Una terra povera, che vede l’agricoltura come unica forma di economica prevalente. Umeed parte a ventinove anni per lasciare la sua città – Khushab – alla volta dell’Italia, paese in cui si è stabilito. La poesia è la strada che aveva già camminato nella sua terra e che gli ha indicato la direzione da sempre. Umeed, che porta con il significato del suo nome la speranza, è il poeta viandante in cerca dell’Amore universale. Ai nostri microfoni, racconta la sua metrica esperienziale: «È molto difficile dirlo in poche parole, perché da noi la ricchezza c’è, ma divisa in pochissime persone, mani, diciamo. Io volevo sistemare il mio futuro, volevo studiare tante cose, quindi, per essere ricco. Non ci sono poveri, ma c’è la povertà che calpesta la dignità umana. Il povero non è visto bene: quando sei povero, anche i tuoi pregi sono come un difetto, e quando sei benestante anche i tuoi difetti sono come un pregio. L’ho provata diverse volte, questa sensazione. Capita anche a me. Purtroppo, ho dovuto vendere la mia carissima, carissima dignità davanti alla povertà».

Umeed Alì – ©Viviana Corvaia

Natale…

Oggi, è Natale. Un Natale diverso dagli altri. Un Natale straordinario, nel senso che non è un Natale di quelli che siamo abituati a vivere ogni anno. Siamo… noi… noi chi? Un Natale con il senza, c’è chi ne è abituato. E chi lo vive per la prima volta. L’etimologia della parola natale è da ricondursi all’aggettivo latino natalis, nel senso di “qualcosa che riguarda la nascita”, che a sua volta deriva da altro, e poi da altro ancora. Qualcosa, quindi, che possiamo relazionare all’origine, e con un bel po’ di sensibilità e immaginazione, al nostro senso di essere umani. Umeed ha sempre vissuto in una condizione di indigenza, anche qui in Italia, e nonostante il successo dei suoi libri – con “Bilancio interiore” ha venduto diecimila copie, un dato straordinario per la poesia sul mercato italiano – non ha mai smesso di seguire la sua direzione, di sicuro non vincente, come tutti quelli che vivono di scrittura. Lo salutiamo augurandogli buona vita, come conclude sempre nei suoi messaggi: «Per scrivere in italiano, soprattutto in poesia, è stata molto dura per me. Ho fatto un viaggio scalzo sulla neve, quindi chiedo ai carissimi italiani – non ho alcun dubbio sulla vostra simpatia ed empatia, è un Paese molto, molto solidale, e non è un’adulazione, è una realtà – di condividere i sentimenti: per solidarietà vi chiedo di acquistare o prendere, per preservare la dignità della cultura senza confini, i miei libri Bilancio interiore e Candele dei sentimenti».

«Essere altruisti/ Come alberi/ Che soffrono sotto il sole/ E fanno ombra sugli altri». – vi auguro Buon Natale con questi versi di Umeed Alì, da “Bilancio interiore”. Per chiedere un’intervista a Umeed Alì, per avere contatti con lui o per acquistare i suoi libri, i seguenti contatti: 3480040503 – umeedpoeta@libro.ittecnico@morlacchilibri.com

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