Africa: Coronavirus, emergenze educative e miniere sudafricane
Scritto da Alice Corte in data Luglio 21, 2020
Coronavirus ed emergenza educativa. Una zona militare in Costa d’Avorio contro i gruppi terroristici. Nel 2019 il minor numero di vittime sul lavoro nelle miniere sudafricane.
“La più grave emergenza educativa del nostro tempo”
Gli effetti della pandemia da Covid-19 si faranno sentire a lungo, nel mondo in generale e nel continente africano in particolare. Oltre alla crisi economica, secondo quanto riportato dall’analisi della ONG Save the Children, un effetto di lunga durata sarà quello che vedrà quasi 10 milioni di bambini e bambine non tornare a scuola dopo la fine dell’emergenza. La maggior parte di loro provengono da paesi africani o paesi in conflitto. In particolare, sono state identificate 12 nazioni (Niger, Mali, Chad, Liberia, Afghanistan, Guinea, Mauritania, Yemen, Nigeria, Pakistan, Senegal e Costa d’Avorio) come a estremo rischio di perdere ogni progresso fatto in merito all’educazione.
Nonostante siano state previste quasi sempre misure di didattica a distanza, determinante è soprattutto la possibilità di utilizzare internet ed energia elettrica, che nei paesi menzionati non è sempre accessibile a tutte le famiglie (in alcuni Stati, come lo Zimbawe, le lezioni vengono tenute via radio proprio per ovviare al problema dell’accesso alla rete).
Inoltre la pandemia da Covid-19 ha aumentato il livello di povertà di molte famiglie, e ragazzi e ragazze potrebbero essere obbligati a lavorare o peggio, essere reclutati da eserciti di zone di conflitto. Il già complicato quadro è inoltre più preoccupante quando si parla di bambine e giovani donne: rimanendo a casa possono essere oggetto di violenza domestica o essere obbligate ad affrontare matrimoni e gravidanze precoci. Infine, la scuola rappresenta spesso il luogo in cui accedere a prodotti igienici e informazioni sulla salute, compresi quelli che riguardano la salute riproduttiva e l’igiene intima delle ragazze. Con la chiusura delle strutture scolastiche, pertanto, si stanno presentando problemi anche sull’accesso a tali presidi sanitari.
Costa d’Avorio
In Costa d’Avorio, repubblica presidenziale dell’Africa occidentale, è stata creata una zona speciale militare nel nord del paese in seguito a un attacco di un gruppo, probabilmente collegato ad Al Qaeda, a un posto di frontiera, avvenuto l’11 giugno al confine col Burkina Faso. Nell’attacco, condotto forse dalle milizie terroristiche che operano in Sahel (fascia di territorio dell’Africa sub-sahariana, estesa tra il deserto del Sahara a nord e la savana del Sudan a sud, e tra l’Oceano Atlantico a ovest e il Mar Rosso a est), hanno perso la vita 14 persone. È la prima volta dal 2016, quando in un raid vennero uccise 19 persone in un resort sulla spiaggia, che viene attaccato un posto di frontiera in Costa d’Avorio. Secondo quanto riportato da Al Jazeera, il governo avrebbe deciso di creare una zona militare per contrastare la “persistente insicurezza ai confini tra Costa d’Avorio, Mali e Burkina Faso”, dovuta alla presenza di gruppi terroristi armati. Gli attacchi terroristici in Burkina Faso negli ultimi cinque anni hanno portato alla morte di 1.000 persone, forzandone 86 mila a lasciare le proprie case.
Per approfondire: la scheda della Costa d’Avorio di Atlante delle Guerre
Sulla presenza di gruppi terroristici in Sahel (e Nord Africa) è da segnalare una recente analisi della Fondazione ICSA (Intelligence Culture and Strategical Analysis), che ne ha indagato l’evoluzione rispetto all’attuale situazione derivata dalla pandemia globale di Sars Cov-2. Lo studio evidenzia un movimento verso l’Africa occidentale del terrorismo jihadista, nonché un inasprimento tra le formazioni filo-qaediste e i gruppi affiliati al cosiddetto Stato Islamico. Inoltre, è ipotizzabile che i governi stiano spostando risorse sul settore sanitario, togliendole alla repressione dei gruppi terroristici. Si teme peraltro che i gruppi terroristici possano utilizzare i propri sistemi di welfare per creare consenso nella popolazione, nei cui riguardi “non è poi mancata la strumentalizzazione dell’emergenza in nome di una propaganda che inneggia all’epidemia come un accadimento provvidenziale, definendo il virus soldato di Dio”. Nel rapporto si leggono anche molte informazioni sulla reazione dei paesi esaminati all’epidemia in corso, rilevando spesso l’assenza di dati certi su diffusione del virus e mortalità.
VIDEO: Costa d'Avorio, al Qaeda rivendica strage di Grand Bassam https://t.co/hNLNfroAy0
— Sky tg24 (@SkyTG24) March 14, 2016
Sudafrica
Nel 2019 sono “solo” 51 le vittime sul lavoro legate ad attività estrattive in Sudafrica. Una diminuzione significativa rispetto all’anno precedente, quando erano state 81, ed è il numero più basso dall’inizio della rilevazione un secolo fa, come riportato dall’Agenzia Nova.
L’economia sudafricana (seconda solo alla Nigeria nel continente) vede nell’estrazione di minerali un importante introito per il paese. Il Sudafrica è il secondo produttore al mondo di oro, il primo di platino, quinto di diamanti e nel sottosuolo sono presenti altre risorse quali uranio, rame, nichel e carbone. La ricchezza naturale non è però sempre ottenibile, per via dell’irregolarità nella fornitura di energia elettrica.
In copertina Florence Fissolo/Pixabay
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