Export cubano: i medici
Scritto da Stefania Cingia in data Novembre 17, 2018
Cominciamo dall’inizio. Correva l’anno 1963 e Cuba aveva mandato il suo primo medico fuori dall’isola. Da allora migliaia di medici hanno operato e operano tutt’ora in più di cento paesi in tutto il mondo. Questo è il paradosso sanitario di Cuba: un paese considerato in via di sviluppo, i cui cittadini guidano auto degli anni Cinquanta e hanno uno stipendio medio di 20 dollari al mese, ma che ha un sistema sanitario migliore di quello americano e che ha un’aspettative di vita da primo mondo. Come mai?
Cuba considera l’assistenza sanitaria un diritto imprescindibile sancito dalla sua Costituzione. Il paziente è al centro ed è considerato nella sua interezza come persona, non come cliente come succede invece, per esempio, negli Stati Uniti. I cittadini cubani ricevono l’assistenza sanitaria di base gratuitamente e hanno i medici di base in ogni zona che conoscono il nome dei propri pazienti e passano spesso a controllare come stanno. Sono pagati pochissimo, spesso hanno un secondo lavoro, ma la passione che dimostrano nel proprio lavoro è palpabile. I cittadini sono contenti di poter raggiungere facilmente il proprio medico, di conversare con lui, di sentirsi considerati e di seguire le loro raccomandazioni. La facilità e la mancanza di barriere economiche consentono a Cuba di attuare un sistema basato sulla prevenzione piuttosto che sulla cura.
Perché non portare l’eccellenza all’estero e farsi pagare?
Il governo cubano guadagna 8 miliardi di dollari all’anno in ricavi derivati dal lavoro all’estero di medici e infermieri, con circa 37 mila cubani in 77 paesi in tutto il mondo. Per esempio, e qui veniamo al punto. Nel 2013 Cuba ha stipulato un accordo con il ministro della Sanità brasiliano per mandare migliaia di dottori cubani nelle zone più povere del Brasile Il progetto si chiama Mais Medicos, Più Medici, e ha portato più di diecimila dottori cubani nelle favelas e nelle zone più povere del paese. Il Brasile paga circa 4 mila dollari al mese a professionista al governo di Cuba, ma i medici sul campo ricevono 400 dollari e una somma forfettaria per il tempo passato all’estero una volta tornati a casa, circa 600 dollari. Molto di più di quello che vengono pagati a Cuba.
Il presidente brasiliano Jair Bolsonaro ha dichiarato che vuole continuare il progetto di Mais Medicos cominciato dalla sua predecessora Dilma Roussef, ma cambiando alcune condizioni dell’accordo: ingaggiare direttamente i medici cubani senza l’intermediazione del governo, valutare ogni candidatura per titolo e far sì che lo stipendio rimanga per la sua interezza nelle mani del medico. Il 14 novembre, il presidente cubano Miguel Díaz-Canel, ha dichiarato in un tweet con l’hashtag #MaisMedicos che “Con dignità, profonda sensibilità, professionalità e altruismo, i collaboratori cubani hanno dato il loro valoroso servizio al popolo del Brasile. Attitudini di tale dimensione umana devono essere rispettate e difese”. E il 16 novembre ha twittato che i medici cubani stanno dignitosamente rientrando sull’isola.
Ma almeno 150 medici hanno disertato e stanno chiedendo che la giustizia locale permetta loro di restare nel paese in modo indipendente. Lo ha reso noto il quotidiano Estado de Sao Paulo, citando dichiarazioni di André de Santana Correa, che rappresenta i medici cubani, che hanno fatto causa al ministero brasiliano della Sanità, l’Organizzazione panamericana della Sanità (Opas) e il governo dell’Avana.
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