Limonov, punk addio

Scritto da in data Marzo 18, 2020

Sarebbe potuto morire di coronavirus e compiere così l’ultima azione punk, dare in questo modo uno smacco a quel potere che ancora oggi sta negando l’emergenza in Patria del virus alieno. “Il primo morto in Russia da coronavirus è un vip ed è Eduard Limonov”.

Invece è morto sotto i ferri, durante un’operazione chirurgica programmata da tempo per una grave malattia alla gola. Un’infiammazione improvvisa e inattesa l’ha portato via. Il ragazzo-poeta-teppista, il ribelle, il nazional-bolscevico, il cacciatore di dote e il dissidente sovietico, lo scrittore underground che non riusciva proprio ad inquadrarsi in alcun clichè, il visionario che sognava improbabili rivoluzioni e sconvolgimenti globali, se n’è andato proprio nel bel mezzo della grande emergenza planetaria.

L’Ucraina, terra di origine

Era ucraino, Eduard Limonov, vero nome Eduard Venjaminovic Savenko, nato a Kharkov in una famiglia economicamente modesta. Nell’Urss era un dissidente ma al contrario degli accademici come Sakharov, Solzhenitsyn, Brodskij, dopo essere fuggito negli Usa quei salotti liberal degli intellettuali americani gli vennero immediatamente a noia. Fece il cameriere, il sarto (era bravissimo a confezionare i jeans), visse in strada come un homeless, ebbe molte relazioni sentimentali e provò l’esperienza del sesso omosessuale con i giovani afro-americani. Tutto alla luce del sole, raccontato nei suoi libri e riportato nel capolavoro “Limonov” di Emmanuel Carrère, una delle rare biografie su un artista ancora in vita. Genio delle contraddizioni, quasi le ricercasse con protervia, ce l’aveva coi musulmani ma nel suo partito nazional-boscevico di musulmani ce n’erano eccome. Russi diventati musulmani. Ma tutto sommato li ammirava, così come ammirava qualsiasi immagine di forza cruda. A casa sua a Mosca, vicino la centralissima metro Majakovskaja, l’avevamo incontrato qualche anno fa….

Nazional-bolscevico e amico di Karadzich

Nella sua casa popolare ci aveva raccontato dell’incontro con uno dei ragazzi che faceva parte del gruppo Partigiani del Primorje, una banda armata di giovanissimi che nella lontana Vladivostok uccidevano narco-trafficanti e poliziotti corrotti. Uno di loro, poco più che ragazzino, si fece quasi 10mila chilometri insieme alla cuginetta di 12 anni in direzione Mosca per arruolarsi con i nazional-bolscevichi di Limonov…Amico del criminale di guerra serbo, Radovan Karadzhic con cui si ritrovò a fianco a combattere durante la guerra in Jugoslavia, fuggì un giorno sulle montagne dell’Altaj insieme a un gruppo di disperati con cui, come un’armata Brancaleone voleva conquistare Mosca, si ritrovò spesso in carcere da dove, da dentro la fortezza di Lefortovo, scrisse il bellissimo “Libro dell’acqua” in cui parlò anche del suo soggiorno a Roma. Il suo primo lavoro invece si intitolava semplicemente “Ja, Edichka”, tradotto più o meno “Io, Eduarduccio”: in Italia e in Francia venne pubblicato inspiegabilmente col titolo “Il poeta russo preferisce i grandi negri”. “Lasciare la prigione è stato bello. Nonostante avessi 60 anni, potevo di nuovo ricominciare da capo. L’uomo è fatto così: levagli il pane, ma lasciagli la possibilità di rifarsi una vita”, aveva detto. Limonov era stato il compagno di Natalja Medvedeva, la modella russa tra le più note negli anni ’80: è lei, ad esempio, la donna sulla copertina del primo, fortunato disco del gruppo new wave The Cars.

Perdente per scelta

Era un perdente quasi per scelta, Limonov: era andato nel Donbass insieme a quasi 2000 militanti nazional-boscevichi, in appoggio ai separatisti. Anche lì però qualcuno lo trovò indigesto e gli chiusero la sede del loro quartier generale. Partecipò dieci anni fa alle proteste dell’opposizione anti-Putin persino a fianco di quell’ultra liberale che è Garry Kasparov, il campione di scacchi. Durò poco. Durò poco anche l’alleanza con l’ideologo fascistoide, Aleksandr Dughin con cui fondò il partito nazional-boscevico. Dopo un po’ Dughin prese altre strade. Si ritrovò invece piuttosto in sintonia con l’altro fondatore del partito, Egor Letov, il cantante punk metallaro dei Grazhdanskaja Oborona che però morì troppo presto. Lo scorso anno Limonov incontrò il regista Mimmo Calopresti, con cui chiacchierò in un bar del Pigneto, di se stesso, dei nazional-boscevichi e di Pasolini sulla cui tomba andò a recitare una poesia a braccio. Calopresti ne ricavò un cortometraggio, intitolato “Cani sciolti”. “L’uomo è fatto così: levagli il pane, ma lasciagli la possibilità di rifarsi una vita”. E lui se l’è rifatta parecchie volte, continuando a scrivere libri perché “non risparmio nessuno, è il mio modo di fare. Non mi vergogno di dire cose brutte di nessuno”. L’ultimo suo lavoro l’aveva concluso da poco, uscirà postumo e si intitola “Il vecchio viaggia”.

photo credit: ©Giancarlo Castelli

Potrebbe anche interessarti:

E se credete in un giornalismo indipendente, serio e che racconta dai posti, potete sostenerci andando su Sostienici

Tagged as

[There are no radio stations in the database]