Guerra in Ucraina, qual è il ruolo della Bielorussia

Scritto da in data Febbraio 25, 2022

La guerra in Ucraina, dopo l’invasione della Russia, va avanti da quasi 48 ore anche se, in realtà, è la punta dell’iceberg di un conflitto che va avanti dal 2014 che fino a ora si era concentrato nelle repubbliche autoproclamatesi separatiste del Donbass. Oggi Mosca si dice pronta a inviare una delegazione a Minsk per colloqui con Kiev. L’avanzata non sta andando nella maniera “lampo” sperata dal presidente della Federazione russa Vladimir Putin? O fa parte del disegno paventato da Mosca per destituire il governo guidato da Volodymyr Zelensky? E perché proprio Minsk, la capitale bielorussa? Lo stato, governato da 28 anni da quello che viene definito l’ultimo dittatore d’Europa, Aleksandr Lukashenko, viene visto dalla comunità internazionale come “satellite” della Russia. E Lukashenko oggi, ormai come un leader fantoccio nelle mani dell’ultimo zar, Putin. «Gli occhi di tutti sono puntati sull’Ucraina, ma in Bielorussia si sta realizzando un’annessione strisciante», dice a Radio Bullets Olga Surinova. In Italia dal 2002, Olga è bielorussa e anche cittadina italiana. Guarda con angoscia a quello che sta accadendo in queste ore.

Olga, qual è la situazione in Bielorussia oggi?

Ci sono 30.000 soldati russi che dovevano andare via entro il 20 febbraio, per la fine prevista e annunciata delle esercitazioni congiunte con la Russia. Così non è stato, quei soldati sono ancora lì fino a data da destinarsi. Putin è rimasto l’unico ad appoggiare ancora Lukashenko, che dipende da lui nonostante le sue dichiarazioni sul mantenimento dell’indipendenza da parte della Bielorussia. Putin è colui che lo tiene ancora (politicamente) in vita.

Qual è il coinvolgimento delle truppe bielorusse? Lukashenko ha smentito la presenza di suoi soldati in territorio ucraino.

Non ci risulta che siano entrate truppe bielorusse in Ucraina, no. Ma i bombardamenti su Kiev sono arrivati dalla Bielorussia. Abbiamo lasciato campo libero alla Russia e ai suoi mezzi. Ora la sensazione tra la gente è quella di un dolore comune con la popolazione ucraina. Stavamo male noi e stanno male loro. Le diaspore si stanno organizzando per accogliere le persone che fuggono dall’Ucraina: stiamo mettendo in contatto le associazioni e lottando insieme. Non c’è nessuna distinzione. Anche in Russia le persone sono scese in piazza. Il nostro appello è questo: sentiamo la responsabilità di essere coinvolti territorialmente nel conflitto e speriamo che anche i russi capiranno meglio che questa non è una guerra che li riguarda. Sono stati coinvolti da Putin senza il loro consenso. I ragazzi russi oggi vanno a sparare ai loro vicini storici. Per le strade di Kiev ci sono civili che stanno difendendo la città, e credo che ci sarà un movimento di resistenza forte.

Putin ridurrà l’Ucraina a stato “vassallo” come la Bielorussia?

Forse è quella l’intenzione di Putin, ma tutta la faccenda è assurda e non riesco, sinceramente, a capire. Lavoro in una scuola russa con colleghe ucraine e russe. Abbiamo pianto insieme, ieri, a una manifestazione qui a Roma contro la guerra. Non so se Putin si fermerà all’Ucraina o se ha ancora altre mire. Nessuno può sentirsi al sicuro oggi.

Cosa è rimasto delle manifestazioni contro Lukashenko dopo la sua rielezione contestata dalla comunità internazionale, in quelle che sono state definite “elezioni truccate”?

Le manifestazioni di massa risalgono al 2020. Ora vige uno stato di terrore, i bielorussi e le bielorusse non escono più di casa. Ci sono tante persone in prigione. E la gente in carcere continua ad aumentare: le autorità in questo periodo stanno rivedendo i video delle manifestazioni del 2020, mettendo dentro altre persone. Uno degli ultimi casi è quello di una signora in pensione condannata a due anni e mezzo per un commento su Telegram. Si dice che ci siano 1.100 prigionieri politici, ma il dato non è certamente esaustivo. Il movimento non è morto, c’è una rete di aiuti alle famiglie dei prigionieri politici che rimangono in Bielorussia o a coloro che devono lasciare il paese. Sono tante, infatti, le persone che vanno via, con organizzazioni che si occupano di evacuare le persone grazie anche agli aiuti finanziari delle diaspore.

Dalla Lituania, dove si è rifugiata dopo le elezioni che avrebbe vinto (risultato rifiutato da Lukashenko), Svetlana Tikhanovskaya continua a richiamare l’attenzione della comunità internazionale sulla situazione in Bielorussia. E ieri ha dichiarato: «Ho annunciato che, sulla base del potere conferitomi dai bielorussi nelle elezioni presidenziali del 2020, mi assumo la responsabilità di rappresentare la Repubblica di Bielorussia e il suo popolo, di difendere l’indipendenza e gli interessi nazionali del mio paese». Cosa sta succedendo?

Tikhanovskaya non si era mai dichiarata presidente. Ieri invece ha detto che si assume la responsabilità di difendere l’indipendenza della Bielorussia. Ha annunciato la creazione di un gabinetto di transizione come organo di potere nazionale. Nel frattempo domani nel mio paese si terrà un referendum per modificare la costituzione attuale. In particolare quei passaggi che rendono la Bielorussia “neutrale” e libera dalle armi nucleari. Serve il voto di più della metà degli aventi diritto perché il referendum sia valido. Ma Lukashenko non avrà problemi a portare a casa il risultato: falsificherà anche questo.

In copertina Wikimedia Commons | Lukashenko e Putin nel 2021

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