La revolución ai tempi del coronavirus

Scritto da in data Marzo 21, 2020

Mentre il mondo si ingegna per trovare dispositivi e soluzioni al contagio da coronavirus, Cuba invia 53 infermieri e medici specializzati a Crema. Arriveranno oggi pomeriggio portando con sé l’interferone Apha 2B, farmaco che in Cina è già stato usato per trattare i contagiati da COVID-19. Ma non è la prima volta che Cuba esporta l’eccellenze del suo sistema sanitario all’estero. 
In questo momento 53 tra infermieri e medici specializzati sono in viaggio da Cuba verso l’Italia, verso Crema. L’assessore al Welfare Giulio Gallera l’ha dichiarato giovedì pomeriggio in conferenza stampa.

 

Il farmaco Interferone Alpha 2B

Cinquantatré specializzati perché hanno già operato in contesti pericolosi come l’Africa ai tempi dell’ebola. Dopo la Cina, Cuba viene in nostro aiuto, portando con sé un farmaco chiamato Interferone Alpha 2B che sembra sia stato usato in Cina da gennaio contro il coronavirus e che sembra abbia dato buoni risultati. E’ una proteina che non agisce sul virus, ma a livello cellulare e interferisce con la moltiplicazione del virus. Da qui il nome. L’interferone non è un antivirale, ma un farmaco che viene somministrato a pazienti che hanno già contratto il virus e che aumenta la capacità di difesa del sistema immunologico dell’organismo. Funzionerà? Il farmaco è uno dei 30 farmaci scelti dalla Commissione Nazionale Sanitaria Cinese per curare le condizioni respiratorie e, secondo le dichiarazioni sulla televisione cubana del Dr. Luis Herrera Martínez, consulente scientifico e commerciale del Presidente di BioCubaFarma, la sua selezione è dovuta all’efficacia dimostrata in precedenza contro virus con caratteristiche simili.

Vivo a Brescia e, se avete ascoltato l’ultimo podcast su Bolsonaro alla fine vi dicevo che ero a casa malata – situazione intuibile dalla voce raffreddata. Febbre alta e colpi di tosse, ma in poco tempo sono guarita. In ogni caso, sono stata a casa due settimane e continuo a restarci. Vivo in una zona normalmente tranquilla, ma il silenzio è ormai surreale. Si sente solo il cinguettio degli uccellini e le ambulanze, anche di notte, con conseguente tuffo al cuore pensando: “saranno andati dai miei?”. Insomma, una merda. Insomma, ormai ci martellano alla tv, sui social, dai balconi, dai supermercati aperti: stiamo a casa. E ascoltatevi un po’ di Radio Bullets che tra chiamate nord/sud di Barbara e Raffaella e il sesso al tempo del coronavirus di Gianna avrete modo di passarvela in nostra (bella) compagnia.

Ma andiamo avanti con il nostro El regreso de América Latina. Dicevamo, i medici cubani a Crema.

Export cubano: i medici

Cominciamo dall’inizio. Correva l’anno 1963 e Cuba aveva mandato il suo primo medico fuori dall’isola. Da allora migliaia di medici hanno operato e operano tuttora in più di cento paesi in tutto il mondo. Questo è il paradosso sanitario di Cuba: un paese considerato in via di sviluppo, i cui cittadini guidano auto degli anni Cinquanta e hanno uno stipendio medio di 20 dollari al mese, ma che ha un sistema sanitario migliore di quello americano e che ha un’aspettativa di vita da primo mondo. Come mai?

Cuba considera l’assistenza sanitaria un diritto imprescindibile sancito dalla sua Costituzione. Il paziente è al centro ed è considerato nella sua interezza come persona, non come cliente come succede invece, per esempio, negli Stati Uniti. I cittadini cubani ricevono l’assistenza sanitaria di base gratuitamente e hanno i medici di base in ogni zona che conoscono il nome dei propri pazienti e passano spesso a controllare come stanno. Sono pagati pochissimo, spesso hanno un secondo lavoro, ma la passione che dimostrano nel proprio lavoro è palpabile. I cittadini sono contenti di poter raggiungere facilmente il proprio medico, di conversare con lui, di sentirsi considerati e di seguire le loro raccomandazioni. La facilità e la mancanza di barriere economiche consentono a Cuba di attuare un sistema basato sulla prevenzione piuttosto che sulla cura.

Come si comporta Cuba in mezzo all’emergenza coronavirus, con 21 casi confermati e 726 sospetti?

Certo chiude le frontiere, informa i cittadini delle precauzioni da tenere e di rimanere a casa, il presidente Miguel Diaz-Canel twitta Fidel citando la frase “Rivoluzione è aiutarsi gli uni con gli altri, rivoluzione è aiutarci tutti, rivoluzione è comprendersi, rivoluzione è capire sempre meglio quali sono i nostri obblighi verso gli altri e verso la patria” con gli hashtag #SomosCuba #SomosContinuidad. 

Focalizziamoci sugli obblighi verso gli altri, in questo caso a livello sanitario.

Questa è la Cuba che dal 29 marzo 1990 ha curato per più di 20 anni, in maniera gratuita, ad oltre 10.000 bambini colpiti dall’incidente nucleare di Chernobyl, nell’allora Unione Sovietica.

Bisogna ricordare l’invio della prima brigata medica in Cile, colpita da un forte terremoto, in maggio del 1960, dove è ritornata la cooperazione 50 anni dopo, per aiutare questo paese dopo un altro sisma devastante in marzo del 2010.

Così, la solidarietà cubana è arrivata anche in Pakistan, colpita nel 2005 da un forte sisma; e nel 1998 ha aiutato Haiti, dove inoltre è stata fondamentale durante il terremoto che ha devastato questa nazione nel 2010.

Ricordiamo che in Africa è arrivata la collaborazione cubana che è stata indispensabile nella lotta contro l’epidemia di Ebola in Sierra Leone e Guinea nel 2014.

Cuba ha perfino offerto una brigata integrata da professionisti della salute al governo degli Stati Uniti per assistere il loro popolo dopo i danni causati dall’uragano Katrina nella città di New Orleans, alla fine di agosto del 2005.

Nonostante il rifiuto a riceverla da parte di Washington, l’iniziativa ha propiziato la creazione del Contingente Internazionale di Medici Specializzati nella Lotta contro Disastri e Gravi Epidemie “Henry Reeve”, presente in situazioni di emergenza in più di 23 paesi.

In mezzo all’emergenza odierna, il governo cubano ha accettato l’entrata al porto di Mariel, nella provincia occidentale di Artemisa, della nave da crociera britannica MS Braemar, con cinque malati a bordo, d’accordo con le misure sanitarie stabilite dall’Organizzazione Mondiale della Salute.

Il paese conta con le risorse, mezzi e conoscenze necessarie per la realizzazione dell’attracco della nave ed il trasferimento dei passeggeri della nave da crociera: così è stato il 19 marzo, quando la nave da crociera è attraccata con più di mille persone a bordo e cinque casi di coronavirus confermati.

Insieme con le autorità del Regno Unito, si è organizzato il ritorno sicuro ed immediato dei passeggeri via aerea.

Come ha segnalato una dichiarazione del Ministero di Relazioni Estere, davanti all’urgenza della situazione ed il rischio per la vita delle persone malate, il Governo di Cuba ha deciso di permettere l’attracco dell’imbarcazione britannica MS Braemar.

E in questo momento di pandemia, oltre a prendersi cura del proprio paese, Cuba invia una brigata di medici e infermieri in Venezuela per aiutare il paese contro il coronavirus. Un’altra brigata è in viaggio verso l’Italia. Anche questa è Cuba ai tempi della pandemia e mi sento di chiudere il podcast semplicemente con #GraciasCuba.

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