I fatti del 2020 in Russia, Bielorussia, Moldova e nel Caucaso

Scritto da in data Dicembre 31, 2020

Radio Bullets vi racconta gli eventi politici più importanti del 2020 in Russia, Bielorussia e nel Caucaso: sullo sfondo, la pandemia globale di Coronavirus. Parliamo delle modifiche nella Costituzione russa, dell’avvelenamento dell’oppositore russo Navalny con il Novichok e della sua accusa al presunto avvelenatore, nonché delle proteste in Bielorussia e della guerra in Nagorno-Karabakh.

Russia

La riforma costituzionale

Il bilancio di Radio Bullets dei fatti più importanti del 2020 nell’Est Europa e nel Caucaso si apre con la Russia, con un anno ricco di eventi politici. 

A luglio il presidente russo Vladimir Putin aveva apportato delle modifiche alla Costituzione della Federazione attraverso un referendum sulla riforma costituzionale. La precedente Costituzione, istituita da Boris Eltsin nel 1993, mirava a risolvere la crisi politica di quei tempi; la nuova Costituzione di Vladimir Putin gli potrebbe permettere a guidare il Paese fino al 2036. 

Infatti, tra i tanti emendamenti, c’è anche l’azzeramento dei mandati precedenti del capo attuale del Cremlino, una procedura in precedenza vincolata dalla Costituzione. Nella riforma troviamo anche alcuni emendamenti basati sui principi tradizionalisti così cari a Vladimir Putin: la definizione del matrimonio come unione costituita da uomo e donna e l’introduzione del concetto di “Dio” nella Costituzione russa. Tutto ciò, probabilmente, per consolidare ancora di più i propri sostenitori attorno ai valori conservatori e tradizionalisti, insieme al concetto di patriottismo, immancabile nella retorica politica del paese. 

L’avvelenamento di Navalny

Ad aggravare la sempre più allarmante situazione della pandemia per lo Stato russo è stato l’avvelenamento di Aleksei Navalny. A fine agosto l’oppositore russo, dopo essersi sentito male su un aereo domestico, viene ricoverato in un ospedale di Omsk e, dopo qualche giorno e tante vicissitudini diplomatiche, viene trasportato in coma in Germania, nella clinica Charité di Berlino. 

È dalla capitale tedesca che il mondo intero viene a sapere che Navalny è stato avvelenato con l’agente nervino Novichok. E sono in tanti a esigere risposte dal Cremlino, ovviamente invano. Mosca nega e non vede alcun motivo per indagare sull’avvelenamento; Navalny nel frattempo esce dal coma, prende la via di una lenta guarigione e accusa direttamente Vladimir Putin dell’accaduto. 

Quello che accade in seguito ha tutta l’aria di un film poliziesco a tutti gli effetti. Il Cremlino varie volte accusa Navalny di aver istituito una farsa, persino di aver bevuto lui stesso il veleno. Secondo Putin, ad appoggiare l’oppositore russo sarebbero gli Stati Uniti. 

Nello spazio pubblico il nome di Navalny non viene quasi mai pronunciato per intero: gli alti funzionari dello Stato russo si limitano a usare le definizioni de “il blogger” e mai “l’oppositore”, e “il paziente” riferendosi alla sua permanenza nella clinica tedesca. Aleksei Navalny diventa innominabile. 

La faccenda continua senza alcun cambiamento finché a dicembre il mondo intero viene a conoscenza dell’esito dell’inchiesta giornalistica dell’anno, eseguita da The Bellingcat, The Insider e CNN sull’avvelenamento del nemico politico di Putin. 

Vengono resi pubblici i nomi con le foto degli ufficiali dell’FSB (il servizio federale per la sicurezza della Federazione russa) – otto in totale – che sarebbero stati coinvolti nell’avvelenamento di Navalny. Lo stesso oppositore, accompagnato dal giornalista d’inchiesta di The Bellingcat Christo Grozev, chiama uno di questi presentandosi come collaboratore di Patrushev, segretario del Consiglio nazionale di sicurezza russo.  

“Ho chiamato il mio assassino. Lui ha confessato”, il video della chiamata con sottotitoli in inglese. 

Il presunto agente federale, che si chiama Konstantin Kudryavtzev, non riconosce la voce dell’oppositore e risponde a tutte le domande di Navalny, fornendo qualche dettaglio interessante sull’avvelenamento fallito: è così che si viene a sapere che la sostanza Novichok sarebbe stata inserita nelle mutande dell’oppositore. 

L’agenzia federale russa prende le distanze e difinisce il video come falso; e Putin, dopo l’uscita dell’inchiesta, commenta in questo modo: «Ma chi si interessa di lui. Se volessero (avvelenarlo, ndr), avrebbero potuto portare tutto a termine». Il pubblico russo comincia a domandarsi se lo Stato, alla fine, prenda seriamente in considerazione dei metodi del genere per trattare gli oppositori.

L’anno 2020 per Aleksei Navalny, che si trova ancora in Germania, si chiude con nuove accuse di frode in patria. 

Per la Russia questo è stato anche un anno di inchieste giornalistiche importanti: una delle inchieste di IStories è incentrata sulla famiglia di Vladimir Putin, ovvero sul suo presunto genero Kirill Shamalov che avrebbe fatto una fortuna acquistando una quota del 3,8% della più grande compagnia petrolchimica russa, la Sibur, a soli 100 dollari. 

Ricordiamo in questo focus anche le proteste numerose a Khabarovsk dopo l’arresto del governatore della regione Sergei Furgal, che non si placano ormai da sei mesi.

Bielorussia

Un paese che protesta da agosto

Gli eventi che scuotono la Bielorussia dall’agosto di quest’anno fanno ancora parlare di sé. Il 9 agosto, dopo le controverse elezioni presidenziali, Aleksandr Lukashenko ha annunciato di aver vinto con l’80% dei voti, battendo così la sua oppositrice, Svetlana Tikhanovskaya, balzata alle cronache della politica bielorussa dopo l’arresto del marito, il blogger Sergei Tikhanovskiy, del quale ha preso il posto. Dopo l’annuncio della vittoria di Lukashenko, che guida il paese oramai da 26 anni, a Minsk e nelle altre città sono scoppiate numerose proteste. In questi ultimi mesi il mondo ha assistito alle atrocità della polizia bielorussa e ad azioni senza precedenti, tra morti, torture, umiliazioni, arresti dell’opposizione e violenze mai viste. Solo nei primi giorni di proteste quasi seimila persone sono state arrestate, e le testimonianze sulle torture in prigione si sono diffuse in tutto il mondo. La Bielorussia sprofonda nel caos, numerosi sono gli scioperi delle varie industrie chiave del paese.

Le donne bielorusse svolgono un ruolo fondamentale nella mobilitazione, a partire dal trio femminile leader delle proteste – Svetlana Tikhanovskaya, Maria Kolesnikova (ora detenuta) e Veronica Tzepkalo – fino a numerose ragazze e donne bielorusse scese in piazza. Non da meno è la posizione degli studenti e delle studentesse, nonostante molti di loro siano stati espulsi dalle università, colpevoli di aver manifestato.

Sulla scena politica internazionale ad appoggiare Lukashenko è Vladimir Putin, almeno apparentemente; l’Unione Europea, invece, risponde con un sistema di sanzioni.

Azerbaijan e Armenia

Il conflitto del Nagorno-Karabakh 

Il conflitto del Nagorno-Karabakh oramai dura da decenni. In breve, la regione è abitata prevalentemente dagli armeni etnici, però durante l’epoca sovietica faceva parte dell’Azerbaijan. Alla fine degli anni Ottanta il Nagorno-Karabakh passa alle forze filo-armene locali, sempre con l’appoggio di Yerevan, e da lì rimane un territorio non riconosciuto. Ovvero, il Nagorno-Karabakh è riconosciuto a livello internazionale come una parte dell’Azerbaigian. 

Il conflitto, mai sopito, si è riacceso spesso in passato; nel 2020 i combattimenti al confine tra Armenia e Azerbaijan sono iniziati il ​​27 settembre. Dopo scontri violenti, l’escalation si è conclusa con un accordo di cessate il fuoco il 10 novembre scorso, siglato dai capi dei due stati e dalla Russia. L’Azerbaijan ha portato a casa una parte dei territori della regione, tra cui Shusha, una città strategicamente molto importante. 

Moldavia

La prima donna presidente  

Maia Sandu, 48 anni, è la prima donna presidente della Moldavia. La leader del Partito filo europeo Azione e Solidarietà, ha vinto le elezioni con un vantaggio notevole sul suo avversario, il filo-russo Igor Dodon. Agli elettori Maia Sandu promette di porre fine alla corruzione e un corso politico filo-europeo, e sostiene che le truppe russe devono lasciare la Transnistria. 

https://twitter.com/VaskeleviciusK/status/1342079896269561856?s=20

Sono state apprortate modifiche e chiarimenti sullo stato legale di Nagorno-Karabakh.

Foto in evidenza: Alexei Navalny: Creative Commons

Vladimir Putin: Creative Commons

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