Guerra e pandemia: “Il diritto alla salute è inalienabile”
Scritto da Radio Bullets in data Maggio 5, 2022
«Il diritto alle cure è un diritto umano fondamentale, quindi vale per tutti, altrimenti sarebbe un privilegio di pochi». Parola di Rossella Miccio, presidente di Emergency, in occasione della sua intervista al Festival dei Diritti Umani, in streaming − festivaldirittiumani.stream − e negli spazi del Circolo Arci Bellezza di Milano. Chi minaccia il diritto alla salute? Non solo la guerra, ma anche tutte le disuguaglianze: povertà, analfabetismo, discriminazioni, coercizioni. E queste sono “malattie” altrettanto nocive da curare se si vuole garantire il pieno diritto alla salute. La guerra è anche causa di cicatrici che possono durare per una vita intera. «In tutti i conflitti il ruolo del medico è quello di garantire cure a tutti quelli che ne hanno bisogno, indipendentemente dall’affiliazione religiosa, politica, dal colore della pelle», dice Miccio. «In tutti i conflitti in cui siamo presenti, siamo assolutamente neutrali nei confronti delle cure e prendiamo solo una parte: quella delle vittime, che purtroppo in tutte le guerre sono per il 90% civili, persone come noi che molto spesso non hanno nulla a che vedere con le ragioni della guerra. Sono vittime inconsapevoli di scelte altrui».
La salute e l’Afghanistan
Non sempre è facile garantire questo diritto in Afghanistan, dove le regole impongono che le donne devono stare in secondo piano. »Siamo in Afghanistan dal 1999 e da subito ci siamo impegnati per garantire lo stesso accesso alla cura a uomini e donne», spiega la presidente di Emergency. «Per questo abbiamo aperto un ospedale nella Valle del Panjshir per le donne. Tutti ci consideravano dei pazzi. Be’, quell’ospedale è diventato un luogo dove le donne nella valle del Panjshir vengono a partorire e a farsi seguire durante la gravidanza, ma è anche un luogo di formazione ed emancipazione per le donne stesse che in molte occasioni diventano dei supporti per la famiglia e per la società. Da quest’anno, nonostante il regime dei talebani, partirà una scuola di specializzazione in anestesia e, per la prima volta, in terapia intensiva nel paese: e su ventiquattro nuovi specializzandi il 20% sono donne. Abbiamo la prima dottoressa, Rashida, che inizia il percorso per specializzarsi», conclude Rossella Miccio.
“Il #diritto alla #cura è un diritto fondamentale e vale per tutti. In #Afghanistan abbiamo aperto #ospedale per le #donne ad Anabah. Quell’ospedale è diventato anche un luogo di #formazione ed #emancipazione per lo staff femminile.” @rossmiccio #FDU2022 pic.twitter.com/Rj96XXJBz3
— EMERGENCY (@emergency_ong) May 4, 2022
«La garanzia alla salute in contesti di guerra resta un sogno amaro. Si vede sempre di più come questo diritto non sia rispettato», dice Alberto Cairo, delegato della Croce Rossa Internazionale in Afghanistan, dove gestisce sette centri di riabilitazione garantendo diritto all’istruzione, allo svago e alla salute. «Occorre però ricordare alle fazioni in lotta che il diritto alla salute è un diritto irrinunciabile. Sempre. Di conseguenza dobbiamo impegnarci e compiere ogni passo necessario affinché questo diritto venga rispettato. La guerra è diversa da posto a posto, ma in ogni conflitto una larga fetta della popolazione, compresi i combattenti, perde l’accesso alle cure mediche. L’ho notato di recente con i talebani arrivati al potere in Afghanistan lo scorso agosto. Soltanto ora possono essere seguiti da noi per le protesi e ricevere la fisioterapia necessaria. Negli ultimi 15-20 anni non hanno potuto contare su terapie di nessun genere o hanno avuto un accesso limitatissimo alle cure. Occorre insistere affinché tutta la società civile faccia presente ai combattenti e alle fazioni che il diritto alla salute va sempre rispettato. Purtroppo parlare di garanzia alla salute in contesti di guerra è molto difficile», dice Cairo. «Quello che posso raccomandare agli ucraini e alla comunità internazionale è di continuare a esortare in tutti i modi il rispetto delle strutture mediche e del diritto alla salute», conclude citando il conflitto in corso in Ucraina in seguito all’invasione russa. «Perché è una cosa che non può essere rinviata o sospesa. Per questo è necessario continuare a parlarne e a insistere perché il diritto alla salute è un diritto inalienabile».
Pandemia e profitto
«Bisogna sganciare la salute dal profitto», affonda Silvio Garattini, fondatore e presidente dell’Istituto Mario Negri, in apertura della settima edizione del Festival dei Diritti Umani che quest’anno è dedicata al diritto alla salute. Garattini conosce il mondo dell’impresa farmacologica e per questo motivo va contro i brevetti: «Il brevetto pesa poco sul costo del farmaco, in compenso questa esclusività produce danni alla collettività. Se contro il Covid non possiamo vaccinare tutta la popolazione mondiale commettiamo un grave errore, perché non siamo ancora usciti da questa pandemia». La pandemia ha fatto uscire allo scoperto un atteggiamento rissosamente antiscientifico. Per Silvio Garattini questo trend ha cause diverse: «La scuola non punta sullo studio delle materie scientifiche, ma ancor di più dipende dal fatto che la salute è un mercato e non un diritto. In questo modo non si dà il giusto spazio alla prevenzione perché rischia di ridurre il mercato della medicina».
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